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Balbuzie: che cos’è, quali sono le cause e cosa fare

Spesso sottovalutata, la balbuzie è una fatica che condiziona almeno un milione di italiani e può presentarsi in forme diverse. Ma il disturbo si può risolvere anche in tempi rapidi. Leggi qui

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Chi ha visto Il discorso del re, un film del 2010 diretto da Tom Hooper, ricorderà lo straordinario Colin Firth nei panni del principe Albert, duca di York e secondogenito di re Giorgio V, afflitto sin dall’infanzia da una grave forma di balbuzie che gli nega la considerazione del padre, il favore della corte e l’affetto del popolo inglese. Nei suoi occhi pieni di imbarazzo e frustrazione possiamo scorgere tutto il disagio che accomuna i balbuzienti, un esercito formato da circa un milione di italiani (circa l’1,5% della popolazione), fra cui spiccano 150 mila giovani sotto i 18 anni, alle prese con una fatica che condiziona la loro vita in ogni istante. Alla consapevolezza della balbuzie è dedicata una giornata internazionale, che si celebra il 22 ottobre in tutto il mondo e consente di approfondire questa caratteristica verbale non così conosciuta e spesso oggetto di falsi luoghi comuni.


Cos’è la balbuzie

Per balbuzie si intende un fenomeno cognitivo complesso, che presenta un’alta variabilità sia interindividuale (cioè fra le varie persone che ne sono afflitte) sia all’interno della persona stessa: «Classicamente, si pensa che il balbuziente sia caratterizzato dalla ripetizione sistematica di suoni, stile pa-pa-pa o ta-ta-ta, che si presenta in tutte le situazioni e gli ambiti di vita. Per intenderci, un po’ come vediamo in alcuni personaggi tratteggiati nei film», racconta la dottoressa Valentina Letorio, neuropsicologa e responsabile dell’Area Clinica Balbuzie del Centro Medico Vivavoce di Milano. «In realtà, nella maggior parte dei casi, la balbuzie è situazionale, periodica o intermittente: ciò significa che alcune persone balbettano solamente in certe occasioni o in precisi contesti, altre hanno maggiore difficoltà in alcune giornate, altre ancora alternano settimane o mesi di assoluta “normalità” linguistica».


Quali forme di balbuzie esistono

Spesso, i balbuzienti adottano alcune strategie, come l’utilizzo di sinonimi o circonlocuzioni (giri di parole) al posto dei vocaboli che li mettono più in difficoltà: «Infatti, una caratteristica distintiva della balbuzie è che la persona, ancora prima di parlare e quindi nel momento in cui sta pensando a ciò che vuole esprimere, sente già che si incepperà e quindi ha il tempo di cambiare parole, suoni o lettere. Altri invece adottano dei “trucchetti” comportamentali, schiarendosi la voce o fingendo per esempio di aver perso il filo del discorso, in modo da avere il tempo di superare il blocco», illustra l’esperta. Ecco perché la balbuzie non è solamente quella che tutti pensiamo di conoscere, fatta di suoni prolungati, esitazioni, pause o blocchi, ma può presentarsi in tante altre forme, attraverso l’utilizzo di intercalari, frasi brevi e spezzettate, sinonimi, giri di parole, cambi nel ritmo del discorso, silenzi, rinuncia a fare o comunicare.


A che età inizia la balbuzie

In genere, l’età di esordio della balbuzie è quella prescolare, intorno ai 2-3 anni, ma ci sono casi in cui si manifesta verso i 6-7 anni. «Molti bambini e ragazzi presentano una balbuzie situazionale, che si affaccia soprattutto a scuola, nel momento di maggiore pressione comunicativa, quando un insegnante li interroga e deve dare un giudizio, mentre il resto della classe li ascolta. In quelle circostanze sociali, i balbuzienti avvertono una fatica maggiore e spesso rinunciano a dire quello che hanno in mente, utilizzando un lessico diverso e talvolta non idoneo», avverta la dottoressa Letorio. Purtroppo, spesso e volentieri, questo viene confuso per un’eccessiva timidezza, per una mancanza di preparazione o per una povertà linguistica, incidendo sul rendimento scolastico.


Quanto conta l’ansia

È piuttosto comune associare alla balbuzie lo stereotipo di un individuo ansiogeno, la cui introversione genera il problema. Al contrario, da qualche anno, si è capito che avviene esattamente il contrario: non è l’ansia a provocare la balbuzie, ma è la balbuzie – perché chi ne è afflitto conosce già la situazione o le parole su cui si bloccherà – a causare ansia, stress e imbarazzo, che a loro volta possono aumentare la frequenza e l’intensità della balbuzie. «Insomma, si tratta di un circolo vizioso che può trasformare situazioni in apparenza banali in veri e propri ostacoli: presentarsi a qualcuno, chiamare un ristorante per prenotare una pizza, ordinare un caffè al bar, chiedere un’informazione per strada. Non deve essere per forza un comizio o la dissertazione della tesi di laurea a mandare in crisi», assicura la dottoressa Letorio.


Quali sono le cause della balbuzie

Ma allora da cosa dipende la balbuzie? Negli ultimi 10-20 anni sono aumentati gli studi e le evidenze scientifiche sul tema, che hanno mostrato una componente di familiarità. «Pur non potendola definire ereditaria, la balbuzie è una caratteristica che si riscontra in più persone dello stesso nucleo famigliare, anche se non nella totalità dei casi. È stato anche identificato un gene che potrebbe essere coinvolto, ma che spiega solo una piccola parte delle manifestazioni legate alla balbuzie». Inoltre, si è rilevata una non piena integrazione tra le aree motorie, pre-motorie e sensoriali deputate alla produzione del linguaggio: «Un recente filone di ricerca punta addirittura il dito contro un’eccessiva produzione di dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nell’apprendimento dei movimenti automatizzati, come camminare ma anche parlare», riferisce l’esperta.


Compare anche da adulti?

Difficilmente la balbuzie esordisce in età adulta: di solito, questi rarissimi casi sono dovuti a traumi cranici, che hanno compromesso l’area cerebrale da cui dipende la produzione del linguaggio. «Non vanno confusi per balbuzie, invece, tutti quegli “inceppamenti” linguistici che possiamo avere tutti, soprattutto in circostanze sociali dove ci sentiamo sotto particolare pressione. Può accadere a tutti, si tratta di blocchi emotivi, ma non hanno nulla a che fare con la balbuzie».


Che cosa fare per risolvere la balbuzie

In età prescolare, è piuttosto comune assistere a una remissione spontanea della balbuzie: entro i 6-7 anni, l’88% dei bambini risolve il suo disagio senza necessità di ricorrere ad alcun trattamento. «In quella delicata finestra evolutiva, non si ha ancora una piena automatizzazione dei meccanismi di produzione del linguaggio, sia dal punto di vista fonetico che morfologico e sintattico, per cui un’instabilità della parola a uno o più di questi livelli può portare a fasi intermittenti di balbuzie transitoria».

In tutti gli altri casi, invece, è necessario affidarsi a un’équipe multidisciplinare, composta da psicologo, logopedista, neurologo, fisioterapista e psicoterapeuta, che possa prendere in carico la persona a 360 gradi. «È importante intervenire, perché la balbuzie può influenzare le scelte di vita: ci sono ragazzi che interrompono gli studi o che rinunciano ad alcune opportunità in campo accademico o professionale», ammette la dottoressa Letorio. «Per non parlare del bullismo e della discriminazione che possono subire, soprattutto a scuola, oppure della necessità di affidarsi a famigliari o amici per affrontare le normali sfide quotidiane, come fare una semplice telefonata».


Come si può risolvere

Con un programma di riabilitazione specifico e personalizzato, la balbuzie si può risolvere e già nell’arco di poche settimane è possibile raccogliere i primi risultati: «Si va a lavorare non soltanto sugli aspetti verbali e logopedici, ma anche sulla gestione dell’ansia e sul corretto controllo motorio di tutte le parti legate alla fonazione, come lingua, labbra e diaframma, lavorando sulle aree principalmente coinvolte nel problema», conclude l’esperta.

«Una volta ripresa la padronanza dei propri movimenti, il paziente viene guidato per affrontare prove di vita quotidiana, da quelle più semplici alle più stressanti, fino a ritrovare sicurezza e padronanza nel linguaggio e nelle proprie potenzialità».


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