Un orto sul tetto dell’ospedale. Non è l’idea bizzarra di un architetto del verde, stanco di progettare boschi verticali. Ma il sogno nel cassetto di Vincenzo Lionetti, professore associato di anestesia all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, sempre più convinto che molti alimenti contengano sostanze capaci di interagire biochimicamente con il nostro patrimonio genetico aiutandoci a prevenire e curare molte malattie. 45 anni, pugliese, il professor Lionetti ha appena pubblicato con Mondadori il libro Ristoceutica: «Un neologismo che ho coniato facendo gli esperimenti», ci tiene a precisare.
Come mai ha scelto proprio questo termine?
«Perché mi è sembrato il più adatto per identificare un filone innovativo di ricerca nel campo della nutrizione e della genomica, che mira a scoprire come associare, cucinare e conservare gli alimenti per ottenere benefici per la nostra salute. Ristoceutica nasce dall’unione di ristorazione (intesa come preparazione dei pasti) e nutraceutica (lo studio dei principi attivi presenti in ogni singolo alimento). Semplificando, la ristoceutica è la scienza che punta alla scoperta di piatti “funzionali”, composti da più ingredienti di uso comune capaci di diventare dei superfood nel nostro corpo. Mentre il ristoceuta è il ricercatore che, forte dell’esperienza sperimentale, sa dialogare con i medici, i biologi, i farmacologi, i nutrizionisti, i tecnologi alimentari, i produttori agricoli e anche con gli chef allo scopo di creare una sorta di “task force”capace di favorire, attraverso i menu quotidiani, una nuova cultura della prevenzione».
Che cosa ha spinto un medico anestesista a interessarsi di cibo?
«È una storia lunga, nata per caso 15 anni fa, quando collaborai a un progetto del professor Carlo Ventura, medico cardiologo dell’Università di Bologna, che prevedeva l’iniezione (nel cuore infartuato di cavie e suini) di cellule staminali potenziate con un particolare composto, l’HBR, a base di acido ialuronico, butirrico e retinico. I risultati furono sorprendenti. Ma, vista la difficoltà di trovare finanziamenti per la ricerca sulle staminali, iniziai a chiedermi se non fosse possibile ottenere gli stessi benefici iniettando direttamente l’HBR. La risposta, positiva, venne dagli esperimenti condotti (ancora una volta su cavie e suini) presso il Cnr di Pisa. Si presentò però un nuovo problema: le scorte di HBR erano agli sgoccioli. Come potevamo procurarci questo composto miracoloso? Cominciai a riflettere e la risposta mi sorprese per la sua semplicità. Visto che i tre componenti dell’HBR sono presenti nei cibi, perché non procurarseli naturalmente? L’acido butirrico, per esempio, è contenuto nel grasso del latte; l’acido retinoico negli ortaggi di colore giallo-arancio (carote, zucche, peperoni) e nelle verdure a foglia verde (spinaci e broccoli); l’acido ialuronico, infine, viene sintetizzato dal nostro corpo dopo l’ingestione di cibi ricchi di magnesio (patate, mandorle), zinco (frutti di mare, carne rossa), isoflavonoidi (legumi, finocchi) e vitamina C (melograno, cedro, limone, arancia, bergamotto). Quindi il mio obiettivo diventò andare a rintracciare in natura i composti commestibili capaci di esercitare un effetto cardioprotettivo».
Quali altri “farmaci da mangiare” ha testato?
«Tra i tanti l’orzo, che contiene una fibra (il betaglucano) amica del cuore. Poi l’olio extravergine d’oliva, le bacche di Goji, il pomodoro nero, che sono una miniera di polifenoli dall’azione antiossidante. Ancora, le bacche dell’uva Sangiovese, alcuni grani antichi, un’alga bruna dei mari del Nord, i cavoli. Il campo di ricerca è infinito».
Nella “mission” del ristoceuta, come scrive nel suo libro, c’è anche l’analisi degli effetti delle tecniche di conservazione e cottura
«Sì, certo. È in questo che la ristoceutica rappresenta un passo avanti rispetto alla semplice individuazione dei principi farmacologici presenti nei singoli cibi. Faccio qualche esempio per spiegarmi meglio. I cavoli sono fonti eccezionali di glucosinolati, che il nostro corpo trasforma in sulforafani capaci di contrastare lo sviluppo delle cellule tumorali e di proteggere la salute del cuore e delle arterie. Ma attenzione a come li prepariamo. La bollitura e la fermentazione riducono parecchio la concentrazione di queste sostanze preziose. Meglio quindi cuocere broccoli e verze al vapore o al microonde e stare alla larga dai crauti. Al contrario, la disponibilità di glucosinolati è potenziata se i cavoli sono consumati insieme alla carne o alla pasta integrale, perché il grasso della prima e le fibre della seconda ne agevolano l’assorbimento».
E il suo progetto di un ospedale agrosanitario?
«È da anni che cerco qualcuno che voglia seriamente investire in questo sogno. Finora ho incassato solo tanti “No grazie” e “Magari risentiamoci”. Ma da quando ho saputo che negli Usa, in Michigan, hanno iniziato a lavorare alla mia stessa idea, mi sento più fiducioso. Chissà...».
COMBINAZIONI VINCENTI PER LA TUA SALUTE
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 11 di Starbene in edicola dal 25 febbraio 2020