LA TERAPIA AD HOC
La pillola, con i suoi ormoni, è la cura ideale, ma come sottolineano gli esperti anglosassoni, occorre orientarsi su un contraccettivo orale specifico.
«Quello ideale ha un ciclo di assunzione che prevede un breve intervallo senza ormoni (per esempio 24 o 26 giorni di confetti con principi attivi, e 4 o 2 con placebo), perché numerosi studi scientifici dimostrano che questo schema riduce al minimo le oscillazioni di estrogeni e progesterone che interferiscono con l’attività della serotonina», spiega la professoressa Graziottin.
«Attenzione anche ai principi attivi: la pillola doc per la sindrome premestruale è quella che contiene ormoni che hanno una riconosciuta azione sui suoi sintomi.
Sul mercato italiano ce ne sono due con questi requisiti: la prima contiene drospirenone (un progestinico che migliora l’umore) e in America è stata approvata anche per la cura della “sindrome disforica della fase luteale tardiva”, la forma più grave della Pms, che coinvolge solo il 4-7% di quel 40% di donne che soffrono ogni mese per le oscillazioni ormonali del ciclo».
L’altra pillola consigliata contiene estradiolo valerato, estrogeno naturale che interagisce in modo più fisiologico con l’organismo femminile, impedendo le brusche fluttuazioni degli ormoni sessuali nella fase premestruale», spiega la professoressa Nappi.
«È indicata soprattutto per le donne tra i 40 e i 50 anni, perché agisce anche sui sintomi della premenopausa, che possono peggiorare ulteriormente la Pms.
I “regolatori della ricaptazione della serotonina” (SSRI), antidepressivi come la paroxetina, vanno invece riservati ai casi più gravi, utilizzandoli però con dosaggi diversi da quelli per la depressione, oppure solo nei 10-12 giorni precedenti l’arrivo del flusso», conclude la professoressa Nappi.