Prostatite, i sintomi (insospettabili) e la diagnosi

Non solo febbre alta, bruciore e dolore al basso ventre. Alcuni sintomi dell’infiammazione della prostata sono insospettabili. Ecco quali sono e come funziona la diagnosi. Le analisi del sangue? Inutili senza la visita



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Febbre alta, bruciore e dolore al basso ventre: sono i sintomi della prostatite, l’infiammazione della prostata, la ghiandola maschile per antonomasia. È spesso così che gli uomini più giovani scoprono per la prima volta di avere quest’organo: nei Paesi più industrializzati, infatti, si calcola che almeno il 60% di loro prima o poi incorrerà in questo tipo di infiammazione.

“Così la prossima vota impari a usare il preservativo”, tuona l’amico più esperto riferendosi ai batteri che possono provocare il problema se si hanno rapporti sessuali non protetti. «E ha ragione, anche se per la stragrande maggioranza delle prostatiti i germi non c’entrano nulla», commenta Riccardo Galli, urologo e andrologo a Bergamo. «E danno sintomi che nulla hanno a che fare con la febbre e il dolore tipici delle infezioni. Certi davvero insospettabili, anche perché l’esame delle urine e il tampone uretrale risulteranno negativi, dato che i batteri non sono presenti a livello patologico».


Prostatite, sbagliano diagnosi anche i medici

Infatti, se un leggero bruciore alla punta del pene, magari subito dopo la pipì, e la voglia di andare in bagno più spesso del normale possono ancora far pensare alla ghiandola a forma di castagna e più spesso alla sua vicina, la vescica, un eccessivo sgocciolamento dopo la minzione (anche se si rimane lì ad aspettare che non ci siano più “perdite”, poi ci si ritrova con gli slip umidi) di certo non portano a rivolgersi all’urologo per una vista della prostata, soprattutto se si è giovani.

Men che meno sintomi come l’eiaculazione precoce o ritardata, ma anche la difficoltà a mantenere l’erezione a 30-40 anni possono confondere persino un medico non specialista. «Invece sono tutti sintomi della prostatite, ma lo si sa “da poco” fuori dalla specialità: non a caso la cura dell’infiammazione abatterica è entrata a far parte delle linee guida internazionali solo da pochi anni», precisa Galli.

«E non si tratta con gli antibiotici o con dei farmaci, ma mettendo mano allo stile di vita. Fra le sue cause più diffuse ci sono infatti l’alimentazione scorretta, la stipsi, il sovrappeso e la sedentarietà».


Tumore alla prostata: mai fidarsi solo del Psa

Dopo aver imparato che cos’è la prostata e che sintomi dà se si infiamma, un maschio adulto impara a conoscere una sigla: il Psa, cioè l’enzima prodotto dalla ghiandola che può essere misurato con una semplice analisi del sangue, e che accompagnerà la sua cartella clinica periodicamente e negli anni a venire. Se è meno di 4 nanogrammi per ml tutto ok, se è più alto potrebbe esserci una ipertrofia prostatica (benigna ma fastidiosa) o un tumore.

«Questo in teoria, perché se il Psa rimane un fattore di misurazione insostituibile (si sono cercati altri marker del sangue ma non risultano altrettanto significativi) non è detto che se non c’è il famoso asterisco che nelle analisi segnala un’anomalia tutto vada bene», spiega il nostro esperto.

Facciamo un esempio classico: prendiamo un paziente che per molti anni ha sempre un Psa a 1. Poi, di colpo, passa a 3. Nessun asterisco dal laboratorio: siamo ancora sotto il fatidico 4. «Ma la salute della prostata si legge anche nella sua evoluzione storica», sottolinea Galli. «Un incremento di questo tipo, nonostante il risultato nel sangue, può indicare un ingrossamento anomalo della prostata. Il Psa va quindi valutato con il suo andamento nel tempo. E confrontato con parametri come i fattori di rischio personali e la familiarità: il 18% dei tumori si ha con un Psa a valori normali».

E anche qui la confusione si mischia col terrore della malattia. Calma: familiarità in questo campo significa papà o fratelli che hanno avuto il problema, già il nonno non è significativo. Che fare allora per avere una diagnosi sicura? «Bisogna unire le analisi e i dati personali alla visita urologica, con l’esplorazione manuale della prostata. È così che si decide anche il prossimo controllo, che può essere a un anno, ma anche a cinque e, di solito, prima dei 45 anni non si richiede la misurazione del Psa».


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