Peopling: quando le coppie stanno sempre con gli amici

Si chiama peopling la sindrome delle coppie che non riescono a stare mai da sole. L’esatto contrario dello stashing, cioè la tendenza a isolarsi dal mondo. Due approcci che, alla lunga, fanno esplodere le relazioni. Come prevenire ed evitare il peggio



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Esiste un nuovo vocabolario della coppia, ed è in inglese. Termini come ghosting (sparisco), lovebombing (ti bombardo di ti amo) e friendzoning (sei solo un amico) sono ormai conosciuti da tutti, e non si riferiscono certo a rapporti idilliaci. L’ultimo nato è il peopling: descrive una coppia che non riesce mai (o quasi) a rimanere da sola, e deve fare tutto in compagnia. Noi due più parenti o amici, quasi mai io e te e basta.

L’altra faccia della medaglia è lo stashing: stiamo sempre insieme, solo noi due, non frequentiamo più nessuno. Qual è il problema? Quante coppie “supersociali” o molto “fidanzatini incollati” conosciamo… Sembrano essere felici in queste modalità, tanto che i primi sfoggiano il loro stare insieme in pubblico, mentre i secondi si vogliono così tanto da non avere spazio per altri.

È l’amore no? No, non è l’amore, dicono gli esperti. Perché peopling e stashing possono nascondere un problema di relazione che è destinato, se non affrontato per tempo e nelle modalità corrette, a mandare tutto a gambe per aria.


Peopling, decide uno solo

A guardar bene questi comportamenti, infatti, si scopre che la “decisione” di stare sempre con gli amici o, al contrario, da soli l’ha presa solo uno dei partner. Magari in modo graduale, non dichiarato, lui o lei hanno prima impostato il trend sociale per tutti e due. Per poi farlo diventare, nel silenzio più o meno accondiscendente dell’altro, una routine consolidata.

La trappola sta nel fatto che, alle prime osservazioni della serie “ma non possiamo stare un po’ per conto nostro?” o, di converso, “non possiamo vedere della gente, uscire?”, la risposta è spesso: “lo faremo, ma l’importante è stare insieme”. Sembra rassicurante e comprensibile: peccato che da comportamento occasionale si sia trasformato in conditio sine qua non; si è passati dalle serate con gli amici a pianificare persino le vacanze con i genitori. Oppure, non si vedono neanche i parenti perché è più bello stare da soli.


Paura di guardarsi dentro

«Le persone che impostano la coppia peopling hanno in genere il timore di esplorare troppo il “sé”», spiega la dottoressa Maria Giovanna Gatti Luini, medico psicoterapeuta a Milano.

«Questa forma di controllo per evitare l’introspezione, aumenta quando si sta col partner perché è uno spazio intimo che ci può far scendere più in profondità anche con noi stessi. Invece, stare con gli amici mantiene il nostro comunicare a un livello più superficiale e leggero». Non a caso questi tipi di partner soffrono di disturbi del sonno.

«Dormono male o hanno un riposo leggero perché non possono perdere il controllo, non vogliono immergersi nell’inconscio. E poi non amano gli spazi di silenzio, quelli di solitudine. O far nulla, neanche in coppia, quindi sono spesso iperattivi. È come se scappassero da loro stessi. E, prima o poi, dal partner».


Allarme no sex

Ma quando i conflitti di personalità di uno dei partner iniziano a travolgere la coppia? «Il primo campanello d’allarme sta, appunto, nel non fare più nulla che non sia in gruppo», spiega Gatti Luini. «Persino le ferie saranno appaltate all’esterno, spesso presentando il tutto già prenotato e come fatto compiuto al partner».

L’altro campanello d’allarme è l’intimità. «Esistono comunque degli spazi nei quali non è possibile frequentare gli altri, momenti a due dove il sesso dovrebbe accendersi spontaneamente», aggiunge l’esperta. «Se invece lui o lei sono sempre troppo stanchi, e il tutto viene rimandato al weekend dove, però, ci sono gli amici e l’intimità è difficile, gatta ci cova. Il problema, da personale è diventato duplice, soprattutto se ogni occasione è buona per procrastinare».


Come reagire al peopling

Cosa deve fare il partner che si accorge di subire il peopling? «Sono per un approccio iniziale soft, cioè non accusatorio e litigioso», spiega Gatti Luini.

«Occorre innanzitutto smettere di cedere alla sottovalutazione o alla negazione della nuova realtà di coppia (“ma non è vero che non stiamo mai da soli!”), e dire chiaramente “guarda che a me questa assenza di intimità, questa eccessiva condivisione non va bene, facciamo qualcosa”. Tale qualcosa, se la situazione non migliora dopo l’outing di uno dei partner è, più che una terapia di coppia, una sorta di coaching per due, anche di poche sedute, che riporti a un confronto ripulito delle resistenze individuali. Funziona perché il terapeuta riesce ad avviare tra le due parti un dialogo, ma anche a far esplodere delle eventuali sacche di rabbia sopite o nascoste, contenendole. In questa sede si capirà anche se prevale un problema di controllo eccessivo del sé, e allora la terapia potrà diventare individuale. Ma bisogna agire presto, prima che la coppia naufraghi per eccesso di socialità».


IL finto amore vero

Lo stashing, invece, assomiglia, almeno all’inizio, all’amore perfetto. Quali innamorati, soprattutto i primi mesi di relazione, non hanno la sensazione di bastare a se stessi, e che il mondo che li circonda sia solo un contorno? Anche qui, però, il troppo stroppia. Gli psicoterapeuti da tempo mettono in guardia dalla coppia monade, quella che fa tutto e sempre insieme, che ha persino il profilo social con la foto a due e relega alla comunità le briciole del suo tempo. Una liason, dicono gli esperti, alla lunga a rischio perché priva di quel mistero che alimenta l’eros, ancora una volta motore sano e spontaneo dei rapporti più longevi.

«Ma stashing significa innanzitutto tener fuori il proprio partner dalla socialità, non presentarlo agli altri, non importa se amici o parenti, con la scusa che ci bastiamo noi», spiega l’esperta. «La verità è che ci sono delle persone, soprattutto nelle coppie appena formate, che hanno scelto il partner perché ci sono alcune caratteristiche che piacciono, altre no. Ci sono casi in cui si sceglie lui perché è bellissimo, ma non è dello stesso entourage sociale e quindi abbiamo timore di fare brutta figura nel presentarlo. Della serie mi piacciono delle cose di te, però mi vergogno di altre e così ti nascondo al pubblico. Sono verità difficili da ammettere per chi le pensa, siano esse di origine estetica sia sociale. E anche i genitori, suoceri in prima linea, hanno spesso un ruolo pesante nel giudizio. E allora scatta lo stashing».


La crocerossina

Chi fa stashing, di solito, ha una personalità chiusa, tendente all’isolamento, che estende alla coppia. «Gli psicoterapeuti che usano l’Enneagramma, che studia le personalità e le confronta, ci insegnano come quella chiusa fa coppia con la crocerossina», dice l’esperta. «Sono persone che accettano l’isolamento in coppia per tentare di salvare l’altro, aiutarlo, stanarlo dal suo mondo: so come sei fatto o fatta e in qualche modo spero di aiutarti ad aprirti, innanzitutto con me».

Missione impossibile? Quasi. Queste “alleanze” non hanno una vita lunghissima, a meno che chi fa da crocerossa si immoli a vivere in un ospedale sentimentale perenne. «Si resta in una bolla arrivando ad assumere delle abitudini che diventano rigidissime, inamovibili, anche patologiche. La monade è una fortezza, però tutte le fortezze hanno una crepa da qualche parte», afferma la dottoressa Gatti Luini.


Uscire dal confino

Ma che cosa deve fare chi si accorge dello stashing? «In realtà non bisognerebbe accettarlo dall’inizio: non si deve dire “per questa volta è così, la prossima volta invece...”, perché la prossima volta sarà uguale. Al contrario del caso peopling qui bisogna osare e reagire subito, “imporsi” per esempio di uscire di casa una volta alla settimana, inventarsi un hobby, una passione, ma che non coinvolga l’altro da subito», spiega l’esperta.

«Lo faremo da soli, per noi stessi, e per dare un esempio e monito di ribellione alla chiusura, alla quale rispondiamo con la nostra apertura. Un vero test: vediamo la sua reazione. Se c’è interesse e lo stashing è solo frutto di una fragilità e non di concetti aprioristici la fase B sarà proporre al partner un graduale rientro nella comunità, prima da soli (cena romantica) e poi organizzando noi delle serate con amici».

Sfruttiamo anche un alleato prezioso, la sessualità, che a differenza del peopleing in queste coppie è accesa: una volta capito che intimità non è esclusione, anzi si nutre anche dei momenti sociali, aiuterà. «È una fase in cui o si costruisce veramente la relazione d’amore oppure ci si lascia. E qui la psicoterapia di coppia è d’obbligo, anche per capire le vere cause profonde dello stashing e reagire al meglio».


L'amore che vive online

Parlami d’amore, le parole e i silenzi per dirlo (Vanda Edizioni), è l’ultima opera di Maria Giovanna Gatti Luini. Fra i vari temi anche le coppie che non sanno stare da sole. «Nel capitolo dedicato all’amore online, un fenomeno di questi tempi, parlo di una delle situazioni estreme del peopling», spiega l’autrice.

«Succede quando, anche nei brevi spazi non condivisi con gli altri, chi attua questo comportamento riesce a far entrare in casa, dal telefonino, gli altri. E così, invece di dedicarsi al partner, commenta i follower ad alta voce, condivide emozioni e persino i piatti della cena online: è davvero un segnale di crisi della coppia, se diventa routine e si aggiunge al peopling reale».


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