Durante il lockdown, le donne si sono sobbarcate la maggior parte delle incombenze familiari: dal lavoro in smartworking all’organizzazione della Dad dei figli fino alla gestione della routine quotidiana: spesa, preparazione di pranzi e cene, pulizia della casa, quando non c’erano parenti da assistere. È arrivato il momento di riprendere fiato. E, a detta degli esperti, non c’è niente di meglio di un breve viaggio per ricaricare le batterie e ripartire con il piede giusto. Ecco perché concederselo.
La condivisione dello spazio
Non neghiamolo: la reclusione domestica è stata per ogni famiglia una prova durissima. «Durante il confinamento in casa, ognuno ha dovuto cercare e reinventarsi un proprio spazio», afferma Bruno Intreccialagli, psichiatra e responsabile Sictt, Società italiana di terapia cognitiva e comportamentale a Roma.
«I figli, se hanno avuto la fortuna di possedere una propria stanza, si sono rintanati nelle loro camere. In caso contrario, soggiorno e spazi comuni sono stati invasi da lezioni virtuali e compiti digitali a ogni ora del giorno. Mentre per quello che riguarda la coppia, la condivisione dell’ambiente domestico ha innescato nuove dinamiche».
Presenze ingombranti
Gli uomini tendono a invadere tutto lo spazio possibile. E non a caso.
«È una specifica funzione evolutiva: l’antropologo Robert Ardrey, che ha studiato a lungo il comportamento dei mammiferi, ci spiega che gli esemplari maschi marcano estesamente il territorio non tanto a scopi riproduttivi (come si è pensato a lungo) quanto per affermazione del rango. È in sostanza un fatto di status. In una situazione normale, quando il partner esce e va al lavoro, usa l’ambiente circostante per esprimere e affermare la propria identità. Ma se appunto quello spazio viene a mancare e ci si ritrova rinchiusi da mane a sera in uno stesso luogo, il maschio diventerà territoriale dentro casa, assumendo uno stato “gassoso”. Tenderà cioè a stare dappertutto (con grande disappunto della compagna, che vedrà via via erodersi il proprio spazio vitale). In pratica, succede quello che raccontano le mie pazienti quando il marito va in pensione. Se prima gli spazi abituali del partner erano circoscritti (in studio davanti al pc, in sala davanti alla tv e via dicendo), ora ci si ritrova uno chef in cucina, un gourmet a tavola, un critico cinematografico in soggiorno, un idraulico in bagno e un professional organizer in camera da letto», continua l’esperto. «E in questo modo gli equilibri saltano».
La modalità femminile
Le donne, quindi, farebbero meno fatica a gestire gli spazi comuni? «Non esattamente. Non intendo rappresentarle come angeli del focolare, tutte casa e chiesa. È piuttosto un’attitudine comportamentale: le femmine culturalmente abitano lo spazio come luogo della relazione e dell’incontro con l’altro. Pensiamo per esempio alle famiglie allargate che esistevano fino a poco tempo fa: la presenza dei figli ha sempre esposto maggiormente il genere femminile alla condivisione, all’apertura, alla comunità. Lo spazio per una donna è, infatti, il luogo della cooperazione, sul lavoro e in famiglia. Ma questa attitudine collaborativa rischia di venire meno se non si riesce a mantenere una funzionale divisione dei ruoli. Esattamente come per l’uomo, se la presenza dell’altro diventa pervasiva, invadente, soffocante, viene a mancare quello spazio vitale che non ci permette di mantenere dinamica la relazione. Il partner allora si trasforma in una minaccia non solo alla propria libertà, ma anche alla propria individualità», continua l’esperto.
Urge cambiare gli schemi
Una pausa, come un breve viaggio, può essere un vero e proprio toccasana per ristabilire gli equilibri di coppia. «Per le donne soprattutto, perché sono raramente abituate a concedersi tempo per sé», continua lo psichiatra. «E anche se è vero che in genere sono molto brave a ricavarsi i propri spazi in contesti affollati, la solitudine può diventare una vera medicina per recuperare risorse ed energia. E la distanza può trasformarsi in uno strumento utile per “riaffermare il proprio territorio”, soprattutto se è una decisione condivisa con il partner, perché questo permette di accantonare i sensi di colpa», prosegue l’esperto.
«Il primo passo per mettersi in viaggio non è preparare le valigie, ma riconoscere l’importanza del desiderio. È ancora difficile per le donne, così abituate a mettersi in fondo alla fila, riuscire a sintonizzarsi sui propri bisogni, focalizzando l’attenzione su di sé, ma è un passaggio fondamentale per evitare l’effetto rebound. Reprimere un’esigenza profonda significa trasformarla in urgenza, una voglia di fuga insopprimibile che, se diventa pulsione, può evolvere in una rottura definitiva. Meglio correre ai ripari prima, tanto più che a volte è più facile di quanto si creda», prosegue Bruno Intreccialagli.
E al rientro è più facile
«La lontananza è in grado di produrre effetti sorprendenti. È un’ottima occasione di crescita per tutti: i figli acquisiscono autonomia e sicurezza, il partner nella solitudine ha l’opportunità di ritrovare una visione più equilibrata della relazione e, dovendosi occupare dei figli, si sente maggiormente validato nel suo ruolo di accudimento in quanto “padre di famiglia”», conclude l’esperto.
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Articolo pubblicato sul n° 7 di Starbene in edicola e digitale dal 15 giugno 2021