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Come attaccare bottone e vincere la timidezza

Rompere il ghiaccio con gli sconosciuti può sembrare difficile, ma bastano poche semplici mosse. Scopri come fare




Quando superi la tua diffidenza verso gli estranei e rivolgi loro la parola, crei un diversivo che alleggerisce la routine. Non solo: da queste connessioni inattese e fugaci, puoi ricavare spunti di riflessione, illuminazioni, nuovi contatti. Infatti non è raro che gli incontri casuali si dimostrino eventi che aiutano a cambiare vita. Non ci credi? Seguici in questo viaggio nell’arte di attaccare bottone.


Come funziona

“Salve”, “Come va?”, “Finalmente un po’ di fresco!”. Ogni giorno ti servi di formule simili per rivolgerti a sconosciuti: lo fai salendo sull’ascensore, arrivando alla cassa del fast food, entrando in una sala d’aspetto...

«In genere, soprattutto se le usi in modo automatico, per educazione o abitudine, queste frasi non servono a rompere il ghiaccio, ma semplicemente a comunicare al prossimo che lo vedi, che riconosci la sua presenza», spiega Chiara Borgonovo, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo transculturale.

«Per dare il via a una relazione, seppure momentanea, devi avere la volontà di andare oltre i convenevoli, essere disponibile a metterti in gioco e pronta ad ascoltare».


Perché è così difficile

Non ti viene spontaneo? Forse sei timida e hai paura di essere rifiutata, oppure sei introversa e preferisci stare per conto tuo. Magari, invece, ti lasci influenzare dalle notizie di cronaca nera e sei atterrita all’idea di avvicinare un estraneo.

«Ma anche se non rientri in queste categorie puoi avere difficoltà nell’approccio con l’altro», puntualizza l’esperta. «Succede, per esempio, se la preoccupazione di fare buona impressione ti distoglie dall’attenzione verso il prossimo e dalla volontà di conoscerlo, con il rischio di strafare e di apparire eccessiva e perfino invadente.

Anche la paura di non dire la cosa giusta al momento giusto rischia di bloccarti. Peccato: la maggior parte della gente non è così giudicante come temi e, soprattutto, ha il tuo stesso desiderio di connessione, accompagnato dagli stessi dubbi. E poi, siccome dopo questo tipo di incontri ognuno va per la sua strada, vale comunque la pena buttarsi. Non piaci? Pace, sarà per la prossima. Ma intanto hai tentato».


In pratica: il primo passo...

«Poiché il nucleo delle interazioni umane sta negli occhi, il primo step per rompere il ghiaccio è stabilire un contatto visivo», rivela Kio Stark, ricercatrice americana autrice del saggio When Strangers Meet: How People You Don’t Know Can Transform You (Quando gli sconosciuti si incontrano: come chi non conosci può trasformarti, Ted Talks, circa 14 € su Amazon).

«Quando sei in un contesto affollato, per esempio a una conferenza o su un mezzo di trasporto pubblico, guardati intorno: incrociando lo sguardo di un’altra persona hai l’occasione di mostrare la tua disponibilità a interagire.

Secondo alcuni studi di psicologia sociale, per avere più chance dovresti puntare su qualcuno che, come te, è parte di una minoranza, per esempio un’altra donna in un meeting a maggioranza maschile o un’altra mamma con bambino sul treno degli universitari. Il motivo è che condividere qualcosa aiuta a entrare in relazione».


...e il secondo

Una volta avuto il via libera (il tuo sguardo è stato sostenuto e il sorriso ricambiato), anziché presentarti cerca un pretesto di conversazione: «Il più semplice è un’osservazione sulla situazione che in quel momento vi accomuna (“Non pensavo che questa conferenza avrebbe attratto così tanti giovani!”)», nota la dottoressa Borgonovo.

«Potresti chiedere anche un aiuto o un’informazione (“Sai quali degli argomenti trattati oggi saranno nell’esame?”). Quando vivi una situazione un po’ noiosa, come la fila a uno sportello o l’attesa di un mezzo in ritardo, puoi affidarti all’autoironia.

Idem quando inciampi o compi movimenti goffi: scherzandoci su, sarai percepita come persona capace di mettersi in gioco. Di conseguenza, gli altri si sentiranno più a loro agio con te». «In alternativa, se osservi una particolarità nell’abbigliamento del tuo potenziale interlocutore, sfruttala per fargli un complimento», propone Kio Stark.

«In genere, le persone gioiscono nel sapere che i loro gusti sono apprezzati, quindi sono più disposte a chiacchierare. In vacanza ti può capitare di non sapere da che parte andare. Anziché tuffarti nello smartphone per seguire il navigatore, chiedi indicazioni: interpella il primo passante che ti guarda con aria amichevole. Ovviamente questa tattica funziona anche al contrario, cioè se sei tu a offrire aiuto a un passante in difficoltà».

«Qualsiasi escamotage tu scelga, mantieni un tono leggero nella conversazione che ne seguirà», avverte Borgonovo. «Poiché non conosci né il punto di vista dell’interlocutore né la sua storia, astieniti dal dare giudizi in merito a temi delicati come la politica, la religione e l’educazione dei figli».


I possibili sviluppi

Può finire tutto lì, alla condivisione di una constatazione, lo scambio di un’informazione, il ringraziamento per un complimento, ma c’è il caso che il tuo impegno produca risultati più profondi. «Paradossalmente, le brevi interazioni con persone mai viste prima possono creare quella che i sociologi chiamano “fleeting intimacy”, cioè intimità effimera», spiega Kio Stark.

«Si tratta di una sensazione momentanea di connessione che emerge quando parli di te stessa più onestamente di quanto non faresti in presenza di famigliari, partner, amici, e hai la soddisfazione di sentirti capita come non mai. Perché succede? Primo, perché l’incontro è breve e non prevede strascichi futuri, quindi ti incoraggia a mostrarti come sei.

Secondo, perché non ti aspetti che l’altro ti comprenda al volo (come ti aspetti dalle persone a te più vicine), perciò cerchi di spiegarti al meglio, di raccontare non solo i fatti ma anche le tue emozioni. E per riuscirci, sei obbligata a fare chiarezza nella tua mente e nel tuo cuore.

Così puoi confessare alla persona seduta accanto a te in aereo che il tuo matrimonio è arrivato alla frutta, che vorresti cambiare lavoro ma non ne hai il coraggio, che non te la senti di assistere i tuoi genitori anziani. Sentirti accolta dall’ascoltatore è uno sprone ad attivarti per stare meglio.

Questo tipo di intimità non è alternativa a quella che instauri con i componenti della tua cerchia ristretta, ma complementare: possono coesistere.


Per non vanificare gli sforzi

Se vuoi che l’approccio con uno sconosciuto abbia un seguito, non porre domande chiuse cui si può rispondere solo sì o no, ma falle aperte per sollecitare una replica articolata. È il consiglio di Celeste Headlee, celebre giornalista radiofonica e intervistatrice americana, dal prossimo settembre in libreria con il manuale We Need to Talk: How to Have Conversations That Matter (Dobbiamo parlare: come dialogare in modo significativo, Harper Wave, circa 25 € in pre-order su Amazon).

«D’altro canto, anche le domande complesse sono rischiose: possono mandare in confusione l’interlocutore, che finisce per rispondere in modo super-sintetico», puntualizza. «La soluzione? Immagina di intervistare il tuo interlocutore e formula le domande secondo le regole del giornalismo anglosassone, cioè chiedendo chi, cosa, quando, dove, perché, come.

Chiaramente, non bisogna arrivare a un interrogatorio, ma usare le domande per tenere vivo un dialogo attraverso il quale la persona abbia l’opportunità di svelarsi come e quanto desidera».


Impara ad ascoltare

Lo sapevi che chi ascolta le tue confidenze è portato a ricambiare con le sue? Sei preparata a questa eventualità? Come spiegato dallo psicologo canadese Sidney Jourard già nel 1971, le rivelazioni intime innescano un meccanismo di reciprocità che, invece, non si verifica quando condividi semplici informazioni fattuali.

In pratica, se racconti a un estraneo come è fatta la tua casa, difficilmente lui vorrà parlarti della sua. Ma se gli dici che stai soffrendo per la perdita del tuo cane, è probabile che lui finisca per confessarti di aver provato un dolore simile.

Dunque, qual è il modo migliore per gestire la reciprocità delle rivelazioni? «Semplice: ascolta con l’intento di capire, non con l’intento di rispondere», dice Chiara Borgonovo. «Ne ricaverai una maggior conoscenza dell’animo umano e, magari, anche uno spunto per cambiare qualcosa in te.

A proposito: a volte le persone più timide o introverse sono quelle che beneficiano maggiormente delle relazioni “mordi e fuggi, proprio perché sono più portate ad ascoltare».


Alla larga da questi tipi

Ci sono individui con i quali non conviene attaccare bottone. Sono i manipolatori affettivi, persone che mirano a intessere relazioni per avere qualcuno su cui sfogare le proprie frustrazioni. Sanno sfruttare le debolezze altrui, perciò cadere nella loro trappola è fin troppo facile. 

Come riconoscerli? Cinzia Mammoliti, criminologa, consulente e formatrice, ne descrive alcune tipologie nel libro Il manipolatore affettivo e le sue maschere. L’identikit dei dieci manipolatori relazionali più pericolosi e come neutralizzarli (Sonda, 12,50 €). Noi ti proponiamo i 4 più diffusi. Se ti accorgi di avere di fronte uno di loro, non temere di apparire sgarbata, chiudi subito la conversazione e... scappa.



1 Il bugiardo patologico  -Racconta poco di sé e sembra avere dei segreti. Quando ti parla non riesce a guardarti a lungo negli occhi. Cambia umore di frequente e non tollera critiche.


2 La presunta vittima - È pessimista, logorroico e autoreferenziale: ha una forte tendenza al catastrofismo e parla in continuazione del suo passato sfortunato. In genere non ti ascolta e, quando lo fa, sminuisce i tuoi problemi. In compenso si sente incompreso e si lamenta di tutto e di tutti.


3 Il buon padre di famiglia - Separato o divorziato con prole, parla male della precedente relazione e si dichiara vittima. Però si vanta di un’autentica vocazione alla genitorialità e non fa altro che raccontare dei figli. Logorroico, ti sommerge di problemi fino a sfinirti.


4 Il salvatore - Autorevole e carismatico, si finge sensibile, empatico e generoso; in realtà è cinico e riesce a rimanere indifferente alla sofferenza altrui. Può rivelarsi molto violento a livello psicologico e verbale.


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Articolo pubblicato sul n. 30 di Starbene in edicola dall'11/7/2017

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