Molte relazioni, troppe, sono ospizi, cimiteri. «Ma questa travolgente epidemia di insoddisfazioni, di speranze vane, di solitudini silenziose non può negare la verità che l’amore, se parte col piede giusto, è senza fine», dice lo psichiatra Antonino Tamburello, autore del libro L’amore nasce eterno (Mondadori).
«Nessuna donna o nessun uomo che prova quel sentimento “perfetto” di appagamento, passione, felicità pensa che abbia una durata a termine o con limiti spaziali. E quando stiamo bene insieme per un giorno, in potenza lo possiamo essere per tutta la vita. Anche perché il cervello elabora qualsiasi realtà presente o in arrivo e ci lancia un feedback interno. A tale meccanismo automatico di protezione, devono subentrare spinte successive di mantenimento, e queste chiedono da come reagiamo, leggiamo e proteggiamo per sempre il primo input».
Mai come ora, però, fatichiamo tanto nell’esperienza amorosa...
Sì, oggi siamo immersi in una sovrabbondanza di contenuti, di angolazioni, di prospettive sentimentali che non ha precedenti nel passato, con effetti deflagranti. Da una parte, tutto ciò ci distrae: ci aspettiamo sempre di incontrare un qualcuno, un qualcosa di più bello di quello che abbiamo già. Dall'altra, ci frena perché, spesso, siamo soffocati dai dubbi: “È la persona giusta per me?”; “a cosa vado incontro?”; “ho sbagliato tutto?”.
Qual è l’errore di fondo che facciamo?
Delusioni, relazioni disfunzionali, rotture sono dovute essenzialmente al fatto che non sappiamo cosa sia davvero l’essere in relazione d'amore. E riempiamo questa mancanza di conoscenza con sovrastrutture tossiche che la civiltà ci ha cucito addosso. L’insofferenza e il malcontento generalizzati non nascono tanto dalle differenze di genere tra uomo e donna quanto da un’idea sbagliata ma universale della coppia.
Cosa significa?
L’amore è un dono che arriva e che nasce dall’incontro tra due perfezioni. Peccato che spesso non sappiamo riconoscere la nostra perfezione, e allora strumentalizziamo il sentimento. Nel momento in cui si struttura la relazione, siamo spinti dall’interesse prepotente di agire sull’altro nella speranza, vana, di stare meglio, sentirci bene, finalmente capiti, compresi. Questa brama di riconoscimento, però, massacra i legami poiché se il partner non ci ama come noi vorremmo, ci sentiamo sminuiti.
Le conseguenze quali sono?
Dopo un tot di tempo, lui/lei diventa estraneo, difettoso, nemico ai nostri occhi. Un’altra persona rispetto a quando è scoccata la scintilla. Ma questa è una deformazione della realtà, che non vuole dire che ci siamo illusi o che abbiamo sbagliato partner. Per due motivi: innanzitutto, nessun individuo ha il potere di soddisfare richieste così impegnative: pace, benessere, gioia sono endogene, nascono solo dentro di noi. Sono le nostre smanie che ci spingono a osare una versione alternativa del partner: ciò che pensiamo, crediamo, riteniamo giusto e sbagliato, brutto e bello, vero e falso diventa solo una proiezione sulla realtà dei nostri costruiti mentali.
Vogliamo credere che l’altro debba sempre pensarla come noi...
Eccome, il mito dell’anima gemella a vita risuona in noi ancor’oggi! A parte il fatto che nessuno è la metà di niente e da soli non siamo privi di nulla, l’armonia, quella comunanza di analogie, somiglianze, paralleli, che ci ha così tanto attratto all’inizio, non deve essere un criterio di giudizio insindacabile. Altrimenti, s’aprirà un divario incolmabile tra il prima e il dopo. L’affinità di spirito, infatti, non è una condizione immutabile (può succedere che l’altro a un certo punto ce la neghi perché non si sente riconosciuto) e nemmeno sinonimo di amore ineccepibile. Questo si nutre di una persona al nostro fianco che arriva a capirci e conoscerci senza barriere, di un’intesa speciale ma non totale. Altrimenti ci si atrofizza e ci richiude in una simbiosi asfittica, in cui l’uno diventa esteta dell’altro. Senza evoluzione.
Ci si aspetta anche che la vita a due sia sempre spettacolare?
C’è chi mi dice: «Lui mi deve stupire, sorprendere, emozionare». Ma questa è un’indicazione inquinante e produce un rischio di danneggiamento che può essere irreversibile. Il compagno/a non è un fornitore di intrattenimento, però la mentalità consumistica ha colonizzato la nostra mente tanto da incoraggiarci a vagliare il valore del partner in termini di caratteristiche vincenti e performance qualitative.
E non si accettano neanche i momenti piatti...
Siamo mossi dalla dittatura dell’eccitazione: tutto nell’esistenza odierna deve essere in costante accelerazione e tenere al massimo. Solo che l’amore è un fruscio, non un tuono, e per preservarlo ci si deve smarcare dagli eccessi. Anche solo pensare che il sesso sia sempre roboante o che non si facciano abbastanza cose insieme, fa salire le aspettative e l’ansia che il rapporto non sia mai così meritevole. In amore, invece, bisogna lavorare per sottrazioni. Perché ci permette di cogliere le vibrazioni, anche piccole, che l’altro ci manda.
E il lieto fine quale dovrebbe essere?
Sapere coniugare ragione e sentimento. L’amore perfetto è un calore quieto che non divora. Che conosce le insidie delle emozioni troppo violente e sa che non ne ha bisogno. È una sfida (senza garanzie) che fa vincere, nei momenti no, la sosta, la riflessione, l'assenza di giudizio categorico, la speranza nel futuro. Non servono piani d’attacco ma solo la capacità di sentire e dare valore a quel sentimento puro, l’incontro di due perfezioni. L’abbiamo provato? Vuole dire che porta con sé una verità autentica. Ed eterna, perché se una volta ci ha fatto toccare il cielo con un dito, lo può fare ancora.