I ricercatori dell’Università di Bologna hanno scoperto che chi si ammala di diabete di tipo 2, la versione della malattia che si sviluppa in età adulta e che consegue spesso all’aumento di peso, alla sedentarietà e ad altri errori nello stile di vita, sviluppa nel 17% dei casi anche la depressione, raddoppiando così il rischio di complicanze e addirittura triplicando quello relativo alla mortalità.
Lo studio, condotto su più di 30mila nuovi casi di diabete diagnosticati in Emilia Romagna e pubblicato sulla rivista scientifica Acta Diabetologica, dimostra che sono ben 700mila gli italiani che oggi hanno disturbi depressivi conseguenti all’esordio della malattia.
Paura e sensi di colpa i fattori scatenanti
«Spesso tutto nasce dalla paura: al momento della diagnosi il paziente pensa “oddio adesso ho il diabete” e così innesca il circuito dell’ansia (alimentata dai frequenti nuovi controlli medici e l’introduzione dei farmaci nella vita quotidiana), che è spesso la porta d’ingresso della depressione», spiega il professor Giorgio Sesti, diabetologo e presidente della Società Italiana di Medicina Interna.
«A quest’ansia si può aggiungere un senso di colpa, indotto anche da chi ci sta intorno. La classica frase è “hai il diabete perché non sei stato attento, hai mangiato troppi dolci, sei in sovrappeso, non fai mai attività fisica”. Un atteggiamento da evitare perché, anche se è vero che lo stile di vita è molto importante in questi casi, è anche vero che il diabete di tipo 2 ha come fattori dominanti l’età che avanza e la genetica: se hai papà o mamma col diabete l’ereditarietà pesa molto sulla probabilità di sviluppare la malattia. Quindi il primo messaggio è per la famiglia, gli amici e anche i colleghi: non far vivere alla persona la sua condizione come una colpa, ma sforzarsi di creare un ambiente accogliente, comprensivo e motivante, per evitare di creare un circolo vizioso diabete-disturbi dell’umore».
Come prevenire la depressione dovuta al diabete
Vista la facilità con la quale i nuovi malati sviluppano il male oscuro è fondamentale la prevenzione. «Chi vive o si prende cura del paziente deve spiegare al medico curante anche l’atteggiamento che la persona ha assunto dal momento della diagnosi», sottolinea il professor Sesti. «Quindi non sono solo importanti i sintomi e la storia sanitaria della famiglia, ma anche sapere, per esempio, se è insorta un’insonnia (tipica dell’ansia eccessiva) e tuti quegli atteggiamenti che attengono al cambiamento di umore, riportandoli a ogni controllo. Allora il medico valuterà se suggerire anche una visita psichiatrica per prevenire o prendere ai suoi esordi la depressione».
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