I numeri di Eurostat diffusi all’inizio dell’anno lo hanno certificato: la “cataratta” è l’intervento chirurgico più praticato in Europa. Ne vengono eseguiti quasi 5 milioni l’anno, 600mila dei quali in Italia.
Secondo l’Istat, il problema colpisce almeno il 10% della popolazione tra i 70 e gli 80 anni, ma la tendenza è di anticipare sempre di più il momento dell’operazione.
«Trent’anni fa il paziente tipico aveva tra 80 e 90 anni, oggi tra 60 e 70», afferma il dottor Antonio Scialdone, direttore del reparto di oftalmologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e chirurgo presso la clinica Blue Eye. Eppure non mancano le criticità attorno alla cura della cataratta.
Da un lato ci sono timori o false credenze, che talvolta circolano anche in rete, come ad esempio la possibilità di curarla semplicemente con i farmaci o che si debba aspettare che la malattia “maturi” prima di operarsi. Dall’altro lato c’è un problema di accessibilità alle cure.
Oggi, infatti, sta prendendo sempre più piede l’utilizzo del laser, al posto del bisturi, che riduce i rischi e migliora alcune fasi dell’operazione. Ma questa tecnologia si trova quasi soltanto nei centri privati ed è costosa. Inoltre, con il Sistema sanitario nazionale, si va incontro a tempi di attesa anche di un anno.
Come regolarsi, allora? Abbiamo fatto il punto con l’aiuto del nostro esperto.
È possibile prevenire la cataratta?
«Non c’è nulla che garantisca di evitarla, ma è sicuramente utile uno stile di vita sano», spiega il dottor Scialdone. Il fumo è il principale fattore di rischio, perché molte ricerche hanno dimostrato il suo effetto negativo sul cristallino.
Secondo una ricerca dell’Università di Harvard, ripresa di recente durante un seminario dell’Airc, i fumatori abituali hanno il 60% di probabilità in più di contrarre la cataratta rispetto ai non fumatori e la percentuale sale ancora di più tra chi fuma più di 15 sigarette al giorno.
Conviene rimandare il più possibile l’operazione?
Non esiste un’età minima per sottoporsi all’intervento: «Ciò che determina la scelta è la qualità di vita del paziente. Quando la vista è così compromessa da rendere difficili le attività quotidiane come lavorare, guidare e leggere, è meglio procedere», suggerisce il dottor Scialdone. Inoltre, lasciar passare molti anni rischia di fare indurire troppo il cristallino. Ecco perché, sempre più spesso, si ricorre all’operazione anche intorno ai 50 anni.
Perché negli ospedali pubblici è più utilizzata la chirurgia tradizionale?
«L’intervento di cataratta rientra tra i livelli assistenziali minimi che lo Stato deve garantire. Ma non c’è alcuna indicazione sul tipo di tecnologia da utilizzare. Il fatto che negli ospedali pubblici si usi solo il bisturi è una scelta legata ai costi», chiarisce Antonio Scialdone.
Come emerso durante l’ultimo congresso annuale della Società italiana di oftalmologia, il Servizio sanitario nazionale rimborsa agli ospedali circa 800 € per intervento, cifra che non riesce a coprire il valore di un’operazione con il laser.
Fra i pochi esempi di ospedali pubblici in cui il laser è presente vanno però citati il Policlinico universitario di Modena, il reparto di oculistica dell’ospedale di Camposampiero (Padova) e l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi a Firenze.
Il laser di ultima generazione si può utilizzare in tutti i casi?
Ci sono alcune condizioni che ne sconsigliano l’impiego: «Per esempio, se il paziente non ha la pupilla ben dilatabile oppure presenta un accentuato stato di opacità della cornea. In questi casi non è assicurato che il laser arrivi perfettamente sulle parti da trattare, quindi va preferito l’intervento manuale», puntualizza l’esperto.
Dopo l'intervento non servono più gli occhiali?
Alla cataratta si accompagna quasi sempre un difetto visivo, come l’astigmatismo o la presbiopia. L’uso degli occhiali in seguito all’operazione dipende da quale tipo di lente artificiale si usa per sostituire il cristallino naturale.
Il modello “base” sono le lenti monofocali, che hanno un solo “fuoco” e, di solito, migliorano soltanto la visione da lontano, lasciando però priva di correzione quella da vicino e intermedia (fra 0,5 e 4 m). Si tratta delle lenti proposte nel pubblico, nella maggior parte dei casi.
«Sono di ottima qualità ma esistono anche delle alternative, benché più costose», fa notare il dottor Scialdone. Tra queste le lenti “toriche”, ideali per correggere l’astigmatismo, e le trifocali, che permettono di mettere a fuoco a tutte le distanze: «Queste soluzioni liberano il paziente dalla necessità degli occhiali», specifica l’esperto.
Quanto costa sottoporsi all'intervento?
Con il Servizio sanitario nazionale l’operazione è gratis per chi gode dell’esenzione del ticket. Altrimenti occorre pagare una cifra che può variare a livello regionale, ma si attesta intorno ai 45 €.
«In un centro privato, invece, il prezzo medio è fra 2.000 e 4.000 €», precisa Antonio Scialdone. A influire sul prezzo, però, non è soltanto il costo dell’intervento ma anche il tipo di lente artificiale impiegato, dal momento che quelle monofocali possono costare poco più di 100 €, mentre una trifocale di ultima generazione arriva anche a 1.000 €.
Una scelta ancora poco diffusa, poiché per la Società oftalmologica italiana appena l’1% delle cataratte praticate in Italia viene risolta con lenti multifocali.
Bisturi e laser a confronto
Il “disturbo di cataratta” ha origine quando il cristallino, si opacizza in seguito all’accumulo di proteine al suo interno. «Con l’intervento si incide la cornea, si raggiunge la membrana che avvolge il cristallino (sacco capsulare), lo si frammenta mediante ultrasuoni. Quindi, si asporta tutto, cioè capsula e residui del vecchio cristallino e si posiziona una nuova lente artificiale che ristabilisce la vista», spiega l’oculista Antonio Scialdone.
Con la tecnica tradizionale, l’incisione della cornea e l’asportazione della capsula sono eseguite manualmente dal chirurgo; usando il laser, invece, vengono regolate dalla macchina, che permette di monitorare ogni passaggio su uno schermo 3D.
«In questo modo è il computer a calibrare l’estensione e la profondità del taglio corneale, mentre l’apertura della capsula risulta perfettamente circolare», continua l’esperto.
Il laser ha anche il vantaggio di ridurre il tempo di utilizzo degli ultrasuoni per la frammentazione del cristallino, una fase che può presentare effetti collaterali come l’infiammazione delle parti dell’occhio circostanti.
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Articolo pubblicato nel n° 12 di Starbene in edicola dal 5 marzo 2019