Colpisce circa il 10-20% della popolazione, in maggioranza donne giovani, e spesso ha una componente ereditaria. «La sindrome del colon irritabile è la patologia gastrointestinale più diffusa nel mondo e in Italia il tasso d’incidenza è fra i più elevati: si stima che ne siano affetti circa nove milioni di persone.
I sintomi con cui si manifesta sono diversi e a volte così fastidiosi da interferire con le normali attività quotidiane: forti dolori addominali, diarrea oppure stipsi, gonfiore, gas intestinali.
Ma, trattandosi di un disturbo funzionale, che non provoca danni visibili alle pareti intestinali, non esistono esami specifici per individuarla e identificarne la causa: «Buona parte dell’iter diagnostico consiste nell’escludere la presenza di altre malattie, per esempio la celiachia», spiega Cinzia Cuneo, autrice del libro La dieta Fodmap: i cibi “pancia piatta” per dire addio a gonfiore, crampi, intestino irritabile, Sperling & Kupfer, 17,90 € (vedi qui di seguito).
IL LIBRO PER SAPERNE DI PIÙ
Scritto da Cinzia Cuneo con l’équipe di nutrizionisti di SosCuisine.it, propone 3 diete settimanali senza Fodmap. E idee sfiziose per ogni pasto della giornata.
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UN PROBLEMA DI NERVI
Le cause sono ancora sconosciute, ma è ormai dimostrato che il sistema nervoso enterico delle persone che soffrono di colite non funziona in modo ottimale.
«In pratica, il reticolo di nervi che circonda gli organi della digestione è ipersensibile e ogni minimo cambiamento nell’attività intestinale invia segnali di dolore al cervello.
Fra i fattori che possono concorrere allo sviluppo della sindrome del colon irritabile ci sono le infezioni gastrointestinali, le intossicazioni alimentari, l’assunzione di antibiotici e farmaci in genere, il disequilibrio ormonale o quello della flooccorre ra batterica, nonché lo stress», spiega l’esperta.
Il cibo gioca un ruolo fondamentale: la maggior parte dei pazienti descrive alcuni alimenti come scintille che accendono la sintomatologia.
COME CALMARE GLI SPASMI
«Non esiste una soluzione magica valida per tutti. In alcuni casi, modificare il proprio stile di vita può essere d’aiuto: fare regolare esercizio fisico per riattivare la motilità del colon, ridurre lo stress anche mediante discipline come lo yoga e la meditazione, riposare a sufficienza sono senz’altro buone strategie», chiarisce Cinzia Cuneo.
Ma è l’alimentazione il fattore-chiave: «Imparare a masticare lentamente, fare pasti non troppo abbondanti o ricchi di grassi, evitare di bere molti liquidi a tavola, diminuire l’assunzione di alcol, caffè e bibite gassate, rinunciare al consumo di chewing gum, ricorrere a integratori di probiotici sono scelte sagge.
Da qualche tempo si sta anche studiando con successo la “dieta Fodmap”, l’unica strategia in grado di risolvere il problema nel giro di poche settimane»
ATTENTA AGLI ZUCCHERI FERMENTABILI
«L’acronimo Fodmap è formato dai termini inglesi Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides And Polyols (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili): si tratta di alcuni zuccheri semplici e di molecole simili a essi che arrivano non digeriti nel colon, dove vengono fermentati dai batteri intestinali, producendo molti gas, e attirano acqua, provocando nelle persone sensibili degli attacchi di diarrea», dice l’esperta.
MENO FODMAP, MENO DISTURBI
Ogni persona ha una capacità diversa di digerire e assimilare i Fodmap: c’è chi non presenta alcun tipo di problema, chi assimila con grande lentezza il fruttosio e i polioli, chi il lattosio perché ha un deficit dell’enzima lattasi, preposto alla sua digestione.
Altri ancora accusano disturbi se consumano fruttani e galatto-oligosaccaridi. «L’approccio Fodmap offre due benefici. Durante la prima fase, permette di ridurre rapidamente i sintomi della colite; nella seconda, consente di identificare esattamente quali sono gli alimenti problematici, cioè i soli che devono essere esclusi o limitati, e quindi di reintrodurre tutti gli altri nella dieta», illustra Cinzia Cuneo.
FASE 1: L’ELIMINAZIONE DEI “NEMICI”
Dura da due a sei settimane a seconda della rigidità con cui si segue la dieta (vedi il menu qui a fianco) e della risposta individuale: «Più si è rigorosi e si evitano sgarri, prima si ottengono risultati. È bene non prolungare questa fase oltre il necessario, perché recenti studi hanno dimostrato che, sul lungo periodo, una dieta del tutto priva di Fodmap può ridurre le colonie di alcuni batteri intestinali benefici.
Come regola generale, è corretto seguire la prima fase per almeno quattro settimane, senza avere fretta di passare alla seconda: è necessario, infatti, ritrovare un benessere intestinale duraturo prima dello step successivo», raccomanda l’esperta.
In questo periodo vanno eliminati tutti gli alimenti ad alto contenuto di Fodmap e limitati quelli a contenuto medio. «In generale, è preferibile utilizzare ingredienti semplici ed evitare i cibi confezionati, che potrebbero più facilmente essere fonte di Fodmap, come i sughi pronti, che spesso contengono aglio e cipolla. È opportuno anche rinunciare a pranzi e cene al ristorante, perché difficilmente si riesce a conoscere tutti gli ingredienti dei piatti. A ogni pasto o spuntino si può consumare la frutta a basso contenuto di Fodmap, per esempio un mandarino, un kiwi o una banana, ma limitandosi a una sola porzione e facendo trascorrere due o tre ore tra ogni assunzione».
FASE 2: LA REINTRODUZIONE
L’effetto dei Fodmap è cumulativo: ciò significa che, solitamente, una piccola dose crea pochi problemi o addirittura nessuno. È dunque importante determinare il proprio grado di sensibilità e questo è possibile nella fase 2, dedicata ai test di reintroduzione.
È essenziale inserire i Fodmap nel menu uno alla volta e non più di uno a settimana, per identificare con precisione quello, o quelli, che causano disturbi, così come la quantità tollerata», spiega l’esperta.
COME FARE I TEST DI CONTROLLO
Nella fase di reintroduzione è bene scegliere un alimento che presenti un unico tipo di Fodmap (per esempio non sono indicati i fagioli, che hanno sia fruttani sia galatto-oligosaccaridi, mentre è ok la pesca gialla, che contiene solo polioli), consumare la quantità corrispondente a quella abituale, fare il test tra i pasti, dopo due ore di digiuno e due ore prima di consumare qualcos’altro, e ripeterlo durante la settimana, con un intervallo di almeno 48 ore.
«Per avere conferme definitive sono necessarie due prove per ciascuno dei cinque gruppi di Fodmap. Se si manifestano sintomi, si può aspettare fino alla loro scomparsa; poi, nella stessa settimana, va ripetuto il test diminuendo la quantità della metà, oppure va provato un altro alimento dello stesso gruppo per avere una conferma.
Anche in presenza di disturbi, vale la pena testare di nuovo lo stesso alimento, poiché nel caso dei Fodmap la quantità è fondamentale ed è importante scoprire il personale livello di tolleranza», precisa Cinzia Cuneo. Una volta individuati i Fodmap che danno problemi e le loro relative “dosi”, ognuno è in grado di individuare l’alimentazione più corretta.
SE LA DIETA NON FUNZIONA
Questo approccio è efficace nel 75% dei casi. «Per il restante 25% i risultati sono modesti o nulli. Talora perché la dieta non viene osservata correttamente, ma è anche possibile che a scatenare i sintomi siano alimenti diversi dai Fodmap.
In questo caso tenere un diario può servire a individuare i veri responsabili, così da fornire allo specialista indicazioni utili alla corretta diagnosi. Per esempio, potrebbe trattarsi di celiachia, che richiede un’attenzione molto più rigorosa nell’eliminazione di tutti i prodotti contenenti il glutine», conclude l’esperta.
TI SGONFIA LA PANCIA
La dieta a basso contenuto di Fodmap ti permette di conquistare la “pancia piatta” (perché evita la formazione di gas intestinali), ma non di dimagrire. Non è infatti un regime ipocalorico per perdere peso, ma un metodo per curare la colite.
QUALI SONO I FODMAP
LATTOSIO
Nell’intestino viene scomposto dall’enzima lattasi in due zuccheri semplici digeribili, il glucosio e il galattosio.
→ C’è in ogni tipo di latte di origine animale (mucca, capra, pecora) e quindi negli yogurt. Quantità decisamente inferiori si trovano nei formaggi molli, tipo ricotta, e nel formaggio cremoso, come la robiola.
GALATTO OLIGOSACCARIDI
Chiamati anche Gos, sono costituiti da una sequenza di molecole di galattosio legate da una molecola di fruttosio e da una di glucosio.
→ Presenti nei legumi, più in quelli secchi che in quelli in scatola, sono solubili in acqua e passano in parte nel liquido di conservazione.
POLIOLI
I principali sono il sorbitolo, il mannitolo e lo xilitolo, utilizzati anche come dolcificanti.
→ Si trovano in molte varietà di frutta (albicocca, avocado, ciliegie, mele, more, pere, prugne anche secche), di ortaggi (cavolfiore, funghi, taccole, un po’ meno in patata dolce e sedano).
FRUTTANI
Sono costituiti da una catena di molecole di fruttosio, che termina con una di glucosio.
→ Sono presenti in diversi cereali (orzo, grano, segale), negli ortaggi (ne hanno tanti l’aglio, la cipolla, il porro, lo scalogno, l’asparago e il carciofo), in alcuni tipi di frutta (molti nell’anguria, nel caco, nella pesca bianca e nella pesca noce nettarina), nei legumi (tutti i fagioli, inclusi quelli di soia, nelle fave e nei piselli secchi), nei pistacchi e negli anacardi.
FRUTTOSIO
Per essere ben assimilato dall’intestino, deve accompagnarsi a un’analoga quantità di glucosio: quando in un alimento prevale il fruttosio, la metabolizzazione è lenta e incompleta.
→ C’è in abbondanza nella frutta (ciliegie, fichi, mango, mele, pere), in alcuni ortaggi (asparago, carciofo) e nei dolcificanti (melassa, miele, sciroppo d’agave).
IL MENU OK NELLA FASE 1
↘ A colazione
• Latte di mandorla
• Cereali senza glutine
• Arancia o banana
↘ A metà mattina
• 2 quadretti di cioccolato amaro
• 1 tazza di tè verde
• Yogurt senza lattosio con lamponi oppure mirtilli freschi
↘ A pranzo
• Penne al gorgonzola + quinoa
• Panino con tacchino affettato e carote grattugiate +
1 kiwi
• Insalata di riso alle erbe aromatiche + insalata di pomodori e feta
• Insalata di verdure e sgombro + sorbetto ai frutti di bosco (more escluse)
• Braciole di maiale con purea di patate + peperoni arrostiti
• Crema di carote allo zenzero + tofu al forno e miglio al vapore
• Uova in camicia e prosciutto
+ insalata primaverile + 1 fetta di pane senza glutine↘
A merenda
• Popcorn casalingo
• 1 galletta di riso con 25 g di parmigiano
• 1 kiwi
• 250 ml di latte delattosato
• Frullato di fragole e banane
• 1 mandarino
• 25 g di groviera
• 1 carota e 2 ravanelli
↘ A cena
• Salmone con insalata di patate e rucola + 1 fetta di pane senza glutine + uva • Pollo + carote al burro + miglio al vapore
• Merluzzo alla provenzale (con pomodori, patate e olive nere) + 1 fetta di pane senza glutine + 1 arancia
• Filetto di pesce con zucchine + 1 galletta di riso + insalata di cetrioli
AL RISTORANTE
Terminata la Fase 1, nella quale è preferibile evitare di mangiare fuori casa, puoi seguire senza problemi la dieta Fodmap anche se vai al ristorante. «Nei locali italiani ordina pasta senza glutine alla carbonara o al pesto senz’aglio, pizza senza glutine con salsa al pomodoro, carne o pesce alla griglia con verdure bollite, bresaola con la rucola», consiglia Cinzia Cuneo.
Anche nei locali etnici hai la possibilità di scegliere: «Al ristorante cinese vanno bene il riso o gli spaghetti di riso, purché il condimento non contenga cipolla o aglio; al giapponese ciascusono ok sushi e sashimi, a condizione però che non ci sia l’avocado; all’indiano puoi ordinare i piatti tandoori con il riso bianco e al messicano chips, nachos e tortillas di mais o tacos con manzo o pollo».
SE SEI VEGETARIANA
Seguire l’approccio Fodmap evitando al contempo la carne è piuttosto complicato, poiché i legumi, che sono alla base dell’alimentazione vegetariana, contengono Gos e fruttani, quindi occorre eliminarli o limitarne la quantità.
«Per soddisfare il fabbisogno proteico si possono consumare senza problemi circa un quarto di tazza di lenticchie o di ceci in scatola, ben risciacquati, tofu e tempeh, quinoa, uova, frutta secca (tranne i pistacchi e gli anacardi) e semi (come quelli di girasole), ma in quantità limitata, formaggi stagionati tipo Parmigiano e latte senza lattosio», chiarisce Cinzia Cuneo. «I vegani che vogliano provare la dieta Fodmap, invece, devono affidarsi a un nutrizionista, perché il rischio di avere carenze è altissimo».
Articolo pubblicato sul n. 13 di Starbene in edicola dal 14/03/2017