Tubercolosi: cos’è, sintomi, cause, cure
Tornano ad aumentare i casi di tubercolosi in tutto il mondo. È fondamentale una diagnosi precoce per avviare quanto prima una terapia efficace, da proseguire in maniera scrupolosa per tutto il periodo indicato dal medico
Per decenni, la tubercolosi è sembrata un capitolo chiuso della storia della medicina, associata a immagini di sanatori ottocenteschi, povertà estrema e assenza di cure efficaci. Oggi la realtà è ben diversa: i casi tornano a crescere, anche nei paesi più sviluppati.
Secondo il rapporto 2025 del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dell’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2023 sono stati segnalati 39 mila nuovi casi nei Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, circa mille in più rispetto al 2022.
Particolarmente allarmante è l’aumento tra i più giovani: i contagi registrati tra bambini e ragazzi sotto i 15 anni sono stati 1.689, pari al 4,3% del totale. Un dato che segna un incremento del 25% in un solo anno. Perché questa inversione di rotta?
Che cos’è la tubercolosi
La tubercolosi è una malattia infettiva causata dal Mycobacterium tuberculosis, o bacillo di Koch, un batterio molto resistente che può sopravvivere nell’organismo anche per anni in forma latente. Colpisce soprattutto i polmoni, distruggendo progressivamente gli alveoli (microscopiche “sacche” situate all’estremità dei bronchioli dove avvengono gli scambi tra ossigeno e anidride carbonica), ma può coinvolgere anche altri distretti del corpo, come reni, ossa, cervello e linfonodi.
«Attualmente si tratta della prima causa infettiva di morte nei soggetti adulti, superata numericamente solo dal Covid durante gli anni più drammatici della pandemia», commenta il dottor Pietro Spreafico, pneumologo e primario di medicina generale all’Ospedale di Erba.
L’aumento dei casi segnalato dall’OMS può essere dovuto a molteplici fattori. «Innanzitutto, fra il 2020 e il 2021, si è registrata una netta diminuzione delle diagnosi di tubercolosi a causa del Covid», ricorda l’esperto. «Molte persone evitavano di recarsi in ospedale e, di conseguenza, numerosi casi sono rimasti non identificati. Non sorprende quindi che, negli anni successivi, i dati abbiano evidenziato un incremento».
Inoltre, può aver pesato il peggioramento delle condizioni sociali: «La tubercolosi colpisce prevalentemente le fasce più svantaggiate della popolazione, che spesso hanno un accesso limitato alle cure mediche, alla prevenzione e ai test di screening», sottolinea l’esperto. «In questo senso, l’aumento dei flussi migratori osservato negli ultimi anni potrebbe aver avuto un ruolo. La vera soluzione risiederebbe nell’implementazione di efficaci programmi di prevenzione e cura a livello globale. Purtroppo, invece, in molte nazioni si continuano a ridurre i finanziamenti destinati a questo scopo».
Come si trasmette la tubercolosi
La tubercolosi si trasmette principalmente per via aerea, attraverso minuscole goccioline di saliva che vengono rilasciate nell’ambiente da una persona infetta mentre tossisce, parla, ride o starnutisce. Queste particelle, invisibili a occhio nudo, possono rimanere sospese nell’aria per un tempo variabile, soprattutto in ambienti chiusi, affollati e scarsamente ventilati, aumentando così il rischio di contagio. È sufficiente inalarne una piccola quantità per esporsi all’infezione, ma la trasmissione non avviene facilmente con un contatto occasionale.
«Non basta incrociare per strada una persona con tubercolosi attiva», spiega il dottor Spreafico. «Perché ci sia un pericolo reale, è necessario un contatto stretto e prolungato, ad esempio condividendo lo stesso spazio per almeno 15-20 minuti, senza mascherina». Proprio per questo motivo, i contesti a maggiore rischio sono le abitazioni, i mezzi pubblici affollati o le strutture sanitarie, dove la vicinanza prolungata favorisce la diffusione del batterio.
Quali sono i sintomi della tubercolosi
La sintomatologia della tubercolosi è spesso aspecifica e può facilmente essere confusa con quella di una comune infezione respiratoria, soprattutto nelle fasi iniziali.
«Febbricola, tosse e stanchezza possono protrarsi per settimane o anche mesi, senza un netto peggioramento, ed è proprio questa loro natura lenta e poco evidente che può ritardare la diagnosi», ammette il dottor Spreafico. «Un sintomo più caratteristico è la presenza di sangue nell’espettorato, che deve subito condurre dal medico per un approfondimento».
Le persone più a rischio sono quelle con un sistema immunitario indebolito, come i soggetti anziani oppure i pazienti con HIV, oncologici, diabetici, trapiantati, con insufficienza renale cronica o in terapia immunosoppressiva.
Come si diagnostica la tubercolosi
La diagnosi della tubercolosi in fase attiva si basa su una combinazione di valutazione clinica, esami strumentali e test di laboratorio, con l’obiettivo di identificare la presenza del Mycobacterium tuberculosis e valutare lo stato di attivazione della malattia.
«Spesso può essere sufficiente una radiografia del torace per un primo orientamento diagnostico, soprattutto nei pazienti con sintomi respiratori persistenti, ma una successiva TC consente di visualizzare meglio il parenchima polmonare, ossia la struttura interna dei polmoni», specifica l’esperto. «La diagnosi definitiva, però, richiede sempre dei test microbiologici per isolare il bacillo di Koch nell’espettorato, raccolto dal paziente oppure prelevato durante una broncoscopia».
Come si cura la tubercolosi
Il trattamento si basa su una combinazione di antibiotici (generalmente quattro) da assumere quotidianamente per un periodo prolungato, generalmente da sei a nove mesi.
«Il problema è che, anche per la tubercolosi, stanno aumentando i ceppi di Mycobacterium tuberculosis resistenti ad alcuni di questi farmaci. Se ne stanno studiando dei nuovi, ma serve tempo prima che si arrivi al loro utilizzo nella pratica clinica», conclude il dottor Spreafico. «Anche per questo motivo è fondamentale una diagnosi precoce, in modo da avviare quanto prima una terapia efficace, da proseguire in maniera scrupolosa fino al termine del periodo indicato dal medico».
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