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Carne bianca, come sceglierla e quanta mangiarne

Pollo, tacchino e coniglio sono molto digeribili (se preparati senza abusare dei condimenti) e alleati del nostro benessere (se consumati nelle quantità giuste). Ecco la guida completa per portare in tavola prodotti freschi e salutari

credits: iStock



La carne bianca piace sempre di più. Secondo i dati di UnaItalia, l’associazione che rappresenta la quasi totalità delle aziende del settore, a dominare sulle nostre tavole è il pollo (ne mangiamo in media quasi 15,5 kg all’anno), seguito a distanza dal tacchino (circa 4,5 kg) e dal coniglio (1 kg).

Mentre l’interesse gastronomico per quest’ultimo animale è andato diminuendo progressivamente (di pari passo con la sua affermazione come pet), quello per i volatili è cresciuto di addirittura il 24% in un lustro. A certificarlo è un’indagine Ipsos, dalla quale è anche emerso che per il 54% degli italiani pollo e tacchino sono diventati la principale fonte di proteine.


Il perché del colore

Ma la carne bianca è davvero più sana di quella rossa, oppure piace di più solo perché costa meno?

«Pollo, tacchino e coniglio vantano un contenuto inferiore di mioglobina, la proteina presente nei muscoli degli animali che garantisce il trasporto di ossigeno e che è responsabile del colore rosso. È proprio la carenza di questa sostanza (unita alla bassa presenza di grassi saturi) a rendere la carne bianca più indicata per una dieta salutare», spiega la dottoressa Diana Scatozza, medico specialista in Scienza dell’alimentazione. Ma vediamo tutti i vantaggi uno per uno.


Non favorisce i tumori

«A differenza della carne rossa, quella bianca non è mai stata accusata di aumentare il rischio di ammalarsi di cancro», puntualizza ancora l'esperta.

L’Istituto europeo di oncologia di Milano fondato da Umberto Veronesi (che in vita ha sempre sostenuto i vantaggi per la salute di una dieta a base di pesce e vegetali) dà il via libera al suo consumo un paio di volte alla settimana, mentre parlando di quella di bovino dice chiaramente di limitarla ancora di più.


Non fa male al cuore e alle arterie

«Pollo e tacchino, inseriti nel menu in alternativa ad altre fonti proteiche come formaggi, uova e carni rosse, possono contribuire a tenere sotto controllo il rischio coronarico», spiega la dottoressa Diana Scatozza.

Il motivo? «Il basso tenore di sodio, che può favorire l’ipertensione, e la ricchezza di grassi polinsaturi, che a differenza di quelli saturi non intasano i vasi sanguigni».


Aiuta a dimagrire

«Se vuoi perdere peso, pollo e tacchino sono il tuo principale alleato: sono light e hanno pochi grassi, concentrati soprattutto nella pelle, quindi semplici da eliminare», afferma la dietologa.

«Devi solo fare attenzione a non aggiungere troppi condimenti. Consumali ai ferri, insaporiti con un pizzico di sale alle erbe e limone. Oppure lessati e tagliati a dadini, in un’insalata di verdure crude miste, con l’aggiunta di un cucchiaino di olio extravergine d’oliva».


È molto digeribile

La carne bianca è costituita da fibre di piccolo calibro e con poco collagene, per questo è molto facile da digerire. Attenzione comunque a non abusarne, perché l’assunzione di troppe proteine (di cui è fonte) comporta un sovraccarico per il lavoro dei reni e del fegato.

«A tavola è fondamentale rispettare le corrette proporzioni dei nutrienti», afferma il dottor Domenicantonio Galatà, biologo nutrizionista. «Le calorie giornaliere dovrebbero provenire per il 60% dai carboidrati, per il 25-30% dai grassi e per il 10-15% dalle proteine».

Ma qual è allora la dose giusta? La Società italiana di nutrizione umana consiglia di portare in tavola 3-4 porzioni di carne (da 100 g l’una) alla settimana. «L’ideale sarebbe inserire nel menu 3 volte la carne bianca di pollo e tacchino e 1 volta quella rossa, di bovino o maiale», consiglia la dottoressa Scatozza.


Dove acquistarla

Se cerchi il massimo del gusto non andare al supermarket, ma compra la carne in fattoria: avrai la certezza che l’animale è stato cresciuto in modo non intensivo.

«Quando arriva sulle nostre tavole, un pollo industriale (chiamato "broiler") ha circa 40 giorni, pochi perché risulti bello saporito. Ma sul piano nutrizionale il tipo di allevamento non comporta differenze sostanziali», chiarisce il tecnologo alimentare Giorgio Donegani.

«Questo vale anche per i prodotti biologici, che adesso è facile trovare in quasi tutti i supermercati: gli animali sono alimentati con mangimi senza Ogm, sottoposti a più controlli e allevati con una maggiore sensibilità al loro benessere. Possono avere carni dal sapore migliore, più sicure dal punto di vista dei residui di farmaci, ma non per questo più ricche di sostanze benefiche per la salute dell'organismo».


Per la sicurezza alimentare

«Oggi le condizioni di allevamento, trasformazione e distribuzione ci garantiscono un prodotto di qualità», prosegue il tecnologo alimentare.

«Sta però a noi scegliere la carne migliore e, dopo averla acquistata, mantenerne e valorizzarne le caratteristiche, conservandola nel modo giusto. Per riconoscere se un pollo o un tacchino sono davvero freschi bisogna prestare attenzione innanzitutto alla pelle (se presente) e alla carne. Il colore della prima può variare in base alla razza e al tipo di alimentazione, ma non deve mai apparire asciutta o ispessita. Quanto alla seconda, deve essere morbida, rosata, lucida e umida. Se poi la annusi, l’odore deve risultare molto leggero, senza sentori sgradevoli».

Attenzione poi al trasporto: se passa troppo tempo tra quando fai la spesa e il rientro a casa, devi evitare che la carne si surriscaldi. «Anche in inverno, se la lasci a lungo nel bagagliaio in una giornata di sole la catena del freddo non può essere mantenuta. Meglio allora utilizzare sempre una borsa termica per il trasporto», raccomanda il dottor Donegani.

«Altro errore da evitare per la sicurezza igienica è quello di mettere nello stesso sacchetto il pacchetto con la carne cruda e quello con altri prodotti freschi non confezionati, come la frutta e la verdura, per esempio: il rischio di contaminazioni crociate, tra un alimento e l’altro, è sempre in agguato. E non solo all’interno delle borse della spesa ma anche nel frigorifero di casa. È allora importante disporre ogni cosa al posto giusto: gli alimenti crudi e deperibili, come la carne, nella zona più fredda; i vegetali nei cassetti e così via, secondo le indicazioni riportate nello stesso elettrodomestico. Inoltre, meglio non fare troppe scorte: se il frigorifero è pieno, l’aria non circola bene e gli alimenti non si raffreddano a sufficienza. Infine, è bene separare i prodotti crudi da quelli cotti: eventuali avanzi vanno tenuti sempre coperti o racchiusi nei contenitori».


Come cuocerla

«Il modo migliore, anche se poco conosciuto e utilizzato, per cuocere la carne è in olio cottura a bassa temperatura», assicura il dottor Galatà. «Questo metodo (descritto nel boxino giallo qui a lato, ndr) permette di ridurre le reazioni chimiche di ossidazione che portano alla formazione di sostanze tossiche e di evitare il contatto con l’acqua (come avviene invece con la lessatura) e la conseguente dispersione delle preziosissime vitamine B3 e B12».

Qualunque tecnica di cottura tu scelga di utilizzare, è infine importante che la carne non rimanga mai un po’ cruda. «Gran parte delle allerte per il pollame riguarda casi di salmonellosi: circa un centinaio all’anno nel nostro Paese, secondo i dati dell’associazione Movimento Difesa del Cittadino di Roma. Ma per difendersi da questa tossinfezione è sufficiente cuocere sempre bene la carne bianca», conclude il dottor Giorgio Donegani.



Il vitello è bianco o rosso?

«Occorre fare una distinzione. Dal punto di vista gastronomico sono considerate bianche le carni che alla vista si presentano molto chiare, come il vitello, appunto. Ma anche come il capretto e l'agnello», spiega il tecnologo alimentare Giorgio Donegani.

«Dal punto di vista nutrizionale, invece, sarebbe più corretto considerare in questa categoria solo le carni che si mantengono bianche nell’animale adulto. Il vitello, in realtà, è un bovino giovane, di età inferiore a 8 mesi, che ha una muscolatura poco attiva, carente di mioglobina (il pigmento al quale si deve il colore rosso), ricca di acqua e con poco tessuto duro connettivo. È per tutte queste caratteristiche, che la carne di vitello, molto tenera e digeribile, viene in genere definita bianca sia sul fronte gastronomico sia su quello nutrizionale».


Cosa guardare in etichetta

«La prima cosa da leggere sull'etichetta è la data di preparazione e/o scadenza», afferma Giorgio Donegani. «Occhio poi alla provenienza, che deve essere indicata per le carni fresche e congelate anche sui cartellini dei banchi delle macellerie. Dal 2015 è diventato obbligatorio pure per le carni avicole segnalare il Paese dove l'animale è stato allevato e macellato.

Peraltro i produttori italiani di carni avicole lo facevano volontariamente già dal 2005, per garantire ai consumatori il massimo della trasparenza sulla provenienza dopo il diffondersi dell'influenza aviaria nel Sud-est asiatico. Se trovi scritto “origine italiana” significa che il pollo è anche nato in Italia. Sull'etichetta vanno infine indicati nome dell’azienda e lotto di produzione per favorire la rintracciabilità delle carni nell'eventualità di un’emergenza sanitaria».


Niente ormoni  né antibiotici

Se pensi che la carne di pollo, tacchino o coniglio possa contenere tracce di ormoni, sbagli. «L’uso di queste sostanze non solo è vietato dal 2006 in tutta l'Unione Europea, ma è talmente poco vantaggioso, sul piano economico, da scoraggiare anche i produttori senza scrupoli», rassicura il dottor Giorgio Donegani.

«Quanto agli antibiotici, che possono essere utilizzati solo a scopo curativo, non certo per favorire la crescita degli animali, vengono impiegati sempre meno e, in ogni caso, non possono essere presenti, nemmeno in piccolissime quantità, nelle carni messe in vendita, perché i controlli sono numerosi e molto accurati nel nostro Paese», garantisce l'esperto. «Se però non ti fidi, al super cerca i prodotti completi di certificazioni attestanti la provenienza da filiere che non impiegano antibiotici».




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Articolo pubblicato nel n° 6 di Starbene in edicola dal 22 gennaio 2019