P2X3. Il nome fa pensare a un robot umanoide, in perfetto stile Star Wars, e invece si tratta di una proteina coinvolta negli attacchi di tosse.
Lungo le vie aeree, nei polmoni e sulle fibre nervose, sono presenti particolari molecole (i recettori P2X3 appunto) che trasmettono un segnale al sistema nervoso centrale quando è necessario attivare la muscolatura di laringe e trachea per espellere violentemente l’aria.
Entro fine 2020, entreranno in commercio dei farmaci innovativi per bloccare quei recettori, che talvolta possono andare fuori controllo.
«In alcune persone, basta un odore sgradevole, uno spiffero d’aria, uno sforzo fisico o una risata per scatenare un attacco: in questi casi si parla di sindrome da ipersensibilità dei recettori della tosse, definita dagli autori anglosassoni come Cough Hypersensitivity Syndrome (Chs), i cui episodi possono essere molto fastidiosi e difficili da contrastare», spiega il dottor Alessandro Zanasi, presidente dell’Associazione italiana per lo studio della tosse, specialista in pneumologia e malattie respiratorie a Bologna.
Recettori iperattivi
Nella Chs esiste dunque una predisposizione individuale a reagire in modo esagerato agli stimoli irritanti di qualsiasi natura: infettiva, ambientale o chimica.
«Si tratta di una tosse cronica, secca, stizzosa, associata a prurito in gola, incessante e soprattutto impossibile da sedare. Assolutamente inefficaci sono i comuni farmaci antitussivi da banco, ma anche medicinali più specifici non hanno mostrato miglioramenti di rilievo», ammette Zanasi.
Fino a oggi, la sindrome da ipersensibilità dei recettori della tosse è stata trattata con cortisonici per via orale e più recentemente con neuromodulatori come amitriptilina, gabapentin e pregabalin.
«Questi ultimi sono medicinali che vanno ad agire direttamente sul sistema nervoso centrale, inibendo l’attività di alcuni impulsi nervosi, fra cui quelli coinvolti nel riflesso della tosse. Ma vanno usati con cautela, non sempre danno i risultati sperati e spesso sono associati a numerosi effetti collaterali, come mal di testa, nausea, agitazione, insonnia, nervosismo, sonnolenza, secchezza delle fauci, costipazione».
Le novità all’orizzonte
I nuovi farmaci invece (che al momento sono indicati solo negli adulti) rappresentano una grande novità sulla scena terapeutica: è quasi pronta la prima molecola (gefapixant), ma nei prossimi mesi ne saranno messe a punto anche altre, sempre con il medesimo meccanismo d’azione.
Qui l’efficacia sembra comprovata dagli studi clinici, che hanno dimostrato anche un eccellente profilo di sicurezza e tollerabilità, ma vanno ancora definiti con precisione i dosaggi che possano garantire un buon controllo della tosse senza scatenare troppi eventi avversi.
«I recettori P2X3, infatti, sono presenti anche in altri distretti del corpo, come le papille gustative: dunque, le nuove terapie potrebbero determinare disturbi del gusto», ammette l’esperto.
Ma come si diagnostica con precisione una tosse da ipersensibilità recettoriale? Per prima cosa, è indispensabile escludere cause organiche alla base del disturbo attraverso una scrupolosa indagine dello specialista, che può orientarsi sulla base di esami radiologici (radiografia, Tac), strumentali (spirometria, broncoscopia, gastroscopia, pH-metria, test alla metacolina) o chimico-clinici (esami del sangue o dell’espettorato). Solo a quel punto si può ricorrere al test alla capsaicina, la sostanza irritante estratta dal peperoncino rosso: la sua inalazione è in grado di stimolare la tosse in tutti, ma lo fa a concentrazioni molto più basse nei pazienti con questa ipersensibilità rispetto ai soggetti sani.
Non è nervosa
Si parla di tosse cronica quando persiste oltre le otto settimane. Dietro possono nascondersi oltre 100 patologie, ma le più frequenti sono il reflusso gastro-esofageo, il gocciolamento retro nasale (presenza eccessiva di muco), l’asma bronchiale e la sindrome da ipersensibilità dei recettori della tosse.
Quest’ultima, per lungo tempo, è stata etichettata come “tosse nervosa”, mentre l’origine psicologica del disturbo è molto rara nell’adulto ed è presente solo nel 5-8% dei bambini.
Nei bambini
«In età pediatrica esiste una particolare condizione in cui la tosse si ripete a ogni banale raffreddore e si presenta secca, stizzosa, insistente. Anche in questo caso di tratta di un’ipersensibilità che non risponde ad alcun tipo di trattamento farmacologico. È però una forma acuta, chiamata Sirt, che dura solo da 2 a 5 giorni e tende a non presentarsi più con la crescita», spiega il dottor Zanasi.
Nella maggior parte dei casi, però, l’ipersensibilità agli stimoli irritativi persiste come fattore costituzionale», osserva Zanasi. «Succede soprattutto alle donne, più soggette alla tosse rispetto agli uomini, forse a causa di fattori ormonali».
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Articolo pubblicato sul n. 7 di Starbene in edicola dal 28 gennaio 2020