Articolo pubblicato sul n.5 di Starbene in edicola dal 17/01/2017
I tumori in cui i test genetici svolgono realmente un ruolo salvavita? I carcinomi alla mammella e alle ovaie. E la bella novità è che gli esami di questo tipo stanno diventando sempre più approfonditi (vedi qui di seguito).
Il 5-10% dei tumori al seno e il 20% di quelli alle ovaie sono infatti di origine genetica. Vengono definiti BRCA1-BRCA2 associati, dal nome dei geni oncosoppressori (cioèin grado di eliminare le cellule neoplastiche sul nascere) coinvolti nella neoplasia.
Se la mutazione di uno di questi geni viene ereditata dal proprio ceppo familiare, si va incontro a una probabilità di ammalarsi di gran lunga superiore a quella delle altre donne, pari al 60% per il tumore alseno e all’ovaio in caso di mutazione BRCA1, e al 20% per l’ovaio in caso di mutazione BRCA2.
UN PROBLEMA SOMMERSO
«È importantissimo identificare precocemente le donne a rischio, perché questi tumori non solo colpiscono in prevalenza le giovani (tra i 30 e i 50 anni, o prima) ma sono anche particolarmente ggressivi», esordisce Alberta Ferrari, chirurga senologa al Policlinico San Matteo di Pavia.
La dottoressa, un anno fa, insieme a Ornella Campanella (infermiera di Palermo che ha sviluppato un tumore al seno BRCA-associato) e ad altre socie fondatrici, ha dato vita all’onlus chiamata aBRCAdaBRA che si prefigge di diffondere una cultura della consapevolezza e della prevenzione, nonché di sostenere tutte e donne affette da queste anomalie genetiche.
«Il messaggio dev’essere chiaro: per salvare tante vite, servono linee-guida nazionali e l’applicazione di corrette politiche sanitarie, mentre attualmente l’unica Regione che dal 2013 ha promosso una campagna di “intercettazione” delle donne ad alto rischio è stata l’Emilia Romagna», prosegue la dottoressa Alberti.
«Altrimenti, tutto è lasciato al caso o alle singole iniziative di centri d’eccellenza, che magari offrono ottime consulenze oncogenetiche, con test BRCA1-2, ma poi lasciano la donna sola ad affrontare il difficile percorso che devono affrontare, una volta scoperto di essere risultate positive.
Troppo spesso, poi, accade che la presenza di geni “difettosi” venga riscontrata soltanto dopo, quando la donna ha già contratto il tumore. Bisognerebbe invece diagnosticarla prima».
LE CANDIDATE AL TEST BRCA1-2
Eppure, per identificare le portatrici di mutazioni genetiche basta un semplice prelievo di sangue, oggi eseguito nei centri di counselling onco-genetici delle senologie ospedaliere.
La domanda- chiave è: chi deve fare il test? «Non tutte le donne indistintamente, ma solo quelle che hanno un’alta probabilità di avere una pesante eredità familiare», risponde la dottoressa Alberta Ferrari.
«I criteri di selezione delle candidate sono diversi. Tra i principali ricordiamo: avere tre parenti in linea diretta (madre, nonna, sorelle, zie) che si sono ammalati di tumore al seno o alle ovaie.
Possono essere meno di tre casi se è comparso in età giovanile, sotto i 40 anni. Avere anche un solo parente con accertato tumore al seno o all’ovaio BRCA-correlato, oppure uno o più casi in famiglia di uomini affetti da tumore alla ghiandola mammaria.
Le ultime linee-guida internazionali, nel campo dei test genetici relativi al seno e alla mammella, considerano anche la presenza, all’interno dell’albero genealogico, di diversi casi di cancro al pancreas e alla prostata. Si è visto, infatti, che queste forme neoplastiche sono correlate alle mutazioni BRCA e devono quindi essere considerati tutti tasselli del puzzle per arrivare a comporre un profilo di rischio individuale.
UN PERCORSO DELICATO
Ma che fare, quando si scopre di avere i geni BRCA1 o BRCA2 difettosi? «Per quanto riguarda il tumore alla mammella ci vuole un percorso di attenta sorveglianza del seno, con un calendario di controlli molto fitto (mammografia, ecografia mammaria e risonanza
magnetica)», spiega l’esperta.
«In base alla valutazione di un team di specialisti, al numero di casi in famiglia e, soprattutto, alle scelte personali, ci si può anche sottoporre alla mastectomia preventiva: l’asportazione chirurgica delle ghiandole mammarie per abbattere il rischio di contrarre il tumore».
E per quanto riguarda quello all’ovaio? Se la donna che scopre la positività è molto giovane può prendere la pillola anticoncezionale che, mettendo a riposo le ovaie, riduce la percentuale di rischio. Dopo i 35-40 anni, però, è consigliabile ricorrere alla loro asportazione chirurgica.
IL NUOVO ESAME CHE INDIVIDUA 21 GENI
Si chiama My Check Hboc (acronimo di Hereditary Breast and Ovarian Cancer) ed è un nuovo test sul sangue messo a punto dai laboratori della Bioscience Genomics, che hanno creato uno spin-off accademico all’interno del dipartimento di genetica e di biologia molecolare dell’Università Tor Vergata (Roma).
Qui arrivano tutti i giorni, conservati a basse temperature, i campioni di molte donne che hanno deciso di verificare da sé, previa consultazione medica, la propria eredità familiare. Così risparmiano tempo, modulistica e trafile per accedere ai centri di counselling onco-genetico.
«My Check Hboc esegue l’analisi genetica relativa non solo ai geni BRCA1-2 ma anche ad altri 19 geni coinvolti nell’insorgenza del tumore alla mammella e all’ovaio», spiega il dottor Emiliano Giardina, genetista presso l’università Tor Vergata.
«Ciò consente di avere un quadro completo di tutte le variabili in gioco. Il referto viene sempre corredato da una lettera di consulenza genetica che indirizza la donna sul percorso da fare, in caso di positività».
Sono circa 100 i laboratori italiani che eseguono il test, al costo di 900 €. Per info chiama 800-985177.
UNA ONLUS PER DIFFONDERE LA CONSAPEVOLEZZA
Sono tante le finalità di aBRCAdaBRA, la onlus sorta a favore delle donne portatrici di mutazione genetica BRCA1 e BRCA2.
Ecco le principali:
→ L’ estensione dell’esperienza dell’Emilia Romagna, attiva sul territorio con questionari finalizzati a identificare le donne a rischio, a tutte le altre regioni italiane. Dev’essere estesa anche la presa in carico delle pazienti con mutazione.
→ L’emanazione di linee-guida e di politiche sanitarie per la gestione, a livello nazionale, delle donne con alto rischio genetico.
→ L’esenzione dal ticket per i numerosi controlli delle portatrici e portatori sani di queste mutazioni (cosa che per ora avviene solo in Emilia Romagna, Lombardia e Liguria).
→ Formazione di ginecologi, senologi e medici di base su questa problematica, ancora sommersa o misconosciuta.
→ aBRCAdaBRA organizza incontri e gruppi di lavoro e di interscambio chiusi attivi sui social, riservati alle donne ammalate. Per diventare socio sostenitore basta versare 10 €. Altre info sul sito: www. abrcadabra.it
LA SCELTA DI ANGELINA
L’attrice Angelina Jolie, 41 anni, all’inizio del 2014 decise di sottoporsi alla mastectomia preventiva per scongiurare il rischio di tumore al seno. Dopo pochi mesi si fece asportare anche le ovaie.
Era risultata positiva ai test genetici, ma soprattutto era rimasta segnata dall’esperienza della madre che morì a 56 anni di tumore all’ovaio, dopo aver lottato per dieci anni.
Articolo pubblicato sul n.5 di Starbene in edicola dal 17/01/2017
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