Ascolta il tuo cuore è uno dei brani più famosi di Laura Pausini. Chissà se, ogni volta in cui la canta, il pensiero corre davvero al suo muscolo cardiaco, che ogni tanto fa il matto: in una recente intervista, infatti, la cantante ha rivelato di soffrire di tachicardia parossistica sopraventricolare (abbreviata spesso in Tpsv), una particolare forma di aritmia con cui l’artista convive sin da bambina. È stato proprio quel battito accelerato a tenerla lontana dal palco per una ventina di minuti durante la serata finale dell’Eurovision Song Contest 2022, quando erroneamente si era vociferato di un presunto litigio con gli altri due conduttori. «Ogni tanto, sento il cuore che va fuori dal corpo», ha raccontato la Pausini a Mara Venier durante una puntata di “Domenica In”.
Cos’è la tachicardia parossistica sopraventricolare
«Per definizione, si parla di tachicardia quando il ritmo cardiaco supera i 100 battiti al minuto», evidenzia il dottor Fabrizio Ugo, cardiologo, master in Cardiologia dello sport e responsabile dell’Emodinamica presso l’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli. «Il superamento di questa soglia non indica per forza un problema. Per esempio, è normale che la frequenza cardiaca acceleri in caso di sforzo fisico, di una forte emozione, di un episodio febbrile o di altri input esterni: queste condizioni possono determinare un aumento temporaneo della frequenza cardiaca, che poi rientra nei limiti fisiologici, in genere fra i 60 e i 90-100 battiti al minuto».
Tutte le accelerazioni fisiologiche del cuore rientrano nel normale ritmo cardiaco, definito sinusale perché il nodo seno-atriale (una piccola “centralina elettrica” localizzata nell’atrio destro) agisce come un pacemaker naturale, capace di stimolare battiti regolari e ritmici. Nella tachicardia parossistica sopraventricolare, invece, la tachicardia è inappropriata, cioè non è giustificata da stimoli esterni. «Il termine “parossistica” indica proprio il suo esordio brusco, improvviso, tipicamente a riposo e in condizioni di calma, che per fortuna regredisce spontaneamente», precisa il dottor Ugo.
Quali sono le cause della tachicardia parossistica sopraventricolare
Negli episodi di Tpsv, non è più il nodo seno-atriale a dettare il ritmo del cuore, perché si crea una sorta di “corto-circuito” a causa di una fibra muscolare cardiaca in più rispetto al normale, che conduce uno stimolo elettrico dagli atri ai ventricoli e viceversa, interferendo con le vie di conduzione fisiologiche.
«Il motivo per cui quella “fibra di troppo” si attiva non è ancora del tutto chiaro», ammette il dottor Ugo. «Il fatto che la tachicardia parossistica sopraventricolare compaia spesso in epoca giovanile potrebbe indirizzare verso un legame con gli ormoni, tant’è che molti casi si auto-risolvono dopo la pubertà. In altri casi, invece, la Tpsv esordisce a 20-30 anni, quindi ben oltre l’adolescenza, e può persistere per tutta la vita oppure regredire nel tempo».
Quali sono i sintomi della tachicardia parossistica sopraventricolare
Normalmente non percepiamo il nostro battito cardiaco, se non quando un evento ne aumenta l’intensità o la velocità. Nel caso della tachicardia parossistica sopraventricolare, le palpitazioni (mediamente si tratta di 160 battito al minuto) vengono avvertite chiaramente per circa 10-30 minuti e spesso si accompagna l’obnubilamento del visus, cioè una visione offuscata e un senso di malessere generale che, nei casi più gravi, possono portare a svenimento.
«Talvolta, l’episodio ha un fattore scatenante, come un’influenza intestinale dove la diarrea fa perdere elettroliti, come magnesio e potassio, fondamentali per la corretta contrazione dei muscoli, cuore compreso, per cui fa emergere questa aritmia latente».
Anche l’abuso di alcol, l’uso di droghe, un’alimentazione squilibrata o l’obesità possono agire da trigger scatenanti, mentre altre volte l’esordio è inspiegabile. «Di solito il paziente teme un infarto, mentre la Tpsv è generalmente una patologia benigna che non costituisce un pericolo per la vita», tranquillizza il dottor Ugo. «Per fortuna, infatti, il cuore è dotato di una struttura, il nodo atrioventricolare, che “filtra” la trasmissione degli impulsi elettrici dagli atri ai ventricoli: siccome sono i secondi, cioè le cavità inferiori del cuore, a dettare il ritmo, il blocco imposto dal nodo atrioventricolare impedisce alla frequenza cardiaca di raggiungere livelli esagerati. In altre parole, diventa alta, ma non così tanto da provocare un arresto cardiaco».
Come si diagnostica la tachicardia parossistica sopraventricolare
Per poter fare diagnosi di tachicardia parossistica sopraventricolare sono necessari un esame obiettivo del paziente e un’attenta anamnesi, che metta in luce i vari aspetti della problematica (quando si manifesta, con quale frequenza, quali sono i sintomi associati, quanto dura e così via).
«A quel punto, in base alla cadenza degli episodi, si può prescrivere un ECG Holter dinamico delle 24 ore, che registra il ritmo cardiaco per un periodo di 24 ore, ma che può essere utilizzato anche per 48 ore o più, fino a 5-7 giorni», spiega il dottor Ugo. «A differenza dell’elettrocardiogramma, che dura pochi secondi, questo test consente di monitorare l’attività elettrica del cuore per un lasso di tempo prolungato, in modo da aumentare le possibilità di rilevare un eventuale episodio di tachicardia parossistica sopraventricolare e capire quando si verifica».
Se però la Tpsv si presenta in maniera molto sporadica, si può ricorrere al loop recorder, un piccolo dispositivo che viene impiantato sottopelle per registrare il ritmo cardiaco in continuo per 2-3 anni, segnalando eventuali aritmie direttamente all’ospedale in cui è stato posizionato. «In alternativa, oggi può venire in aiuto la tecnologia con i moderni smartwatch con funzione di elettrocardiogramma, da avviare quando si sente il cuore accelerare in maniera anomala».
Come si cura la tachicardia parossistica sopraventricolare
Per risolvere definitivamente il problema, si può ricorrere all’ablazione transcatetere: una volta raggiunto il cuore con particolari cateteri che percorrono le vene o le arterie femorali, sul tessuto atriale si isolano elettricamente le aree che possono essere la sede di origine dell’aritmia, creando dei “blocchi” del segnale elettrico ed evitandone la circolazione errata.
«Non esistono, invece, farmaci in grado di trattare il problema: alcuni principi attivi potrebbero limitarne gli episodi, ma non evitarli del tutto», racconta il dottor Ugo. «Pur trattandosi di un intervento di routine in cardiologia, l’ablazione spaventa i pazienti. Con lo specialista di riferimento, è bene trovare la soluzione più adatta per le proprie esigenze: se gli episodi sono sporadici e si impara a gestirli, l’intervento si può evitare. Se invece la Tpsv si presenta spesso oppure se un eventuale svenimento può compromettere la propria o altrui incolumità per motivi professionali, è bene valutare l’ablazione, che è ben tollerata, efficace, pressoché priva di complicanze e rapida, perché occorrono solo 20-30 minuti».
Come si gestisce la tachicardia parossistica sopraventricolare
Sul momento, come si possono gestire gli episodi di tachicardia parossistica sopraventricolare? «L’attacco si può bloccare mediante la compressione simultanea dei globi oculari, da esercitare con i pollici: per essere efficace, la pressione deve essere di un’entità tale da far percepire un leggero dolore, per cui andrebbe appresa da un medico esperto per evitare danni agli occhi», conclude il dottor Ugo. «In alternativa, ci si può mettere accovacciati a terra, con le ginocchia vicino al petto, oppure si può spingere sullo stomaco, come in un tentativo di evacuazione. Queste semplici manovre sono in grado di placare il cuore e riportarlo al ritmo normale».
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