Il video circola da qualche giorno ed è già virale: grazie a nuova tecnica, chiamata Cytosponge, sarebbe possibile diagnosticare, in modo non invasivo, il tumore dell’esofago. In pratica, il paziente deve deglutire con un bicchier d’acqua una capsula di gelatina lunga circa due centimetri e munita di un lungo filo anallergico (una parte del filo rimane fuori dalla bocca), in cui è racchiusa una particolare "spugna".
Arrivata nell’esofago, la capsula di scioglie e la spugna di espande. A questo punto, grazie al filo, si tira fuori delicatamente la spugna, che porterà con sé campioni di cellule raccolte lungo il percorso nell’esofago, da analizzare in laboratorio.
Il video non è una bufala, questo esame esiste davvero, ma ci sono due cose che devi sapere:
- Innanzitutto, Cytosponge non è un test per indagare il tumore dell’esofago, serve piuttosto per diagnosticare l’esofago di Barrett, una complicanza che può essere causata da reflusso gastroesofageo, eccesso di alcol, fumo, dieta povera di frutta e di verdura. «La diagnosi precoce di questo disturbo è importante», spiega Giampaolo Tortora, direttore dell’oncologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona «perché curandolo, allontaniamo il rischio di tumore dell’esofago».
- Il test non è ancora disponibile nella pratica clinica, anche se certamente è atteso, perché risparmierebbe ai pazienti un esame invasivo come la gastroendoscopia, oggi utilizzato in caso di sospetto esofago di Barrett. «È in corso un trial condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università inglese di Cambridge», continua il professor Tortora, che è anche ricercatore Airc, Associazione italiana ricerca sul cancro. «Cytosponge è già stato oggetto di diverse ricerche e sempre con buoni risultati, anche per quanto riguarda il gradimento da parte dei pazienti, come ha provato un’indagine condotta su mille persone». Il test dura in totale dieci minuti ed è ben tollerato. «Un’analisi che ha messo a confronto Cytosponge e gastroendoscopia, ha dimostrato che nel 20 per cento dei casi non era necessario andare oltre con gli approfondimenti diagnostici, in quanto bastava il risultato ottenuto con il passaggio di Cytosponge», continua l’esperto. «Tutto questo a vantaggio sia del benessere del paziente, che evita un esame invasivo, sia del portafoglio: il test con la “spugna”, infatti, costa un decimo rispetto all’endoscopia».
ottobre 2017
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