“Sono stanco, tanto stanco...” cantava Bruno Martino negli anni ’60. Segno che la stanchezza non è solo un male moderno. Ma cosa si nasconde dietro un’astenia cronica, non giustificata da cause organiche? Che cosa fare quando tutti gli esami vanno bene e ci si sente comunque a pezzi?
«La stanchezza mentale è un segnale da non sottovalutare», esordisce Maria Malucelli, docente di psicologia clinica alla Fondazione Fatebenefratelli di Roma. «È il sintomo di un disagio psicologico che va portato alla luce, attraverso un percorso di autoconsapevolezza. Io lo chiamo “disturbo ST”, in cui ST sta sia per stanchezza sia per stress, avendo le stesse iniziali. Significa che il carico di responsabilità e di situazioni stressanti è diventato eccessivo, causando distress: troppe tensioni che hanno un effetto negativo sulla psiche, mentre l’eustress (quello “positivo”), a piccole dosi, è stimolante».
Ricordati di te: la tabella di Hans Selye
«Il disagio compare quando non si rispetta la tabella di Hans Selye, neurofisiologo austriaco che ha studiato i meccanismi dello stress e le risposte del sistema nervoso centrale», risponde la professoressa Malucelli.
«Secondo Selye, il nostro cervello è in grado di sopportare un carico di stress (lavoro, scuola, famiglia, faccende domestiche, eccetera) non superiore alle 8 ore quotidiane. Le altre 4, se prendiamo una giornata-tipo di 12 ore che va dalle 8 del mattino alle 8 di sera, devono essere così suddivise: 2 ore per gli affetti famigliari (coccole, cena, giochi e scambio di attenzioni con i figli e il partner) e altrettante per se stesse. Ovvero, uno spazio di autogestione, esclusivamente dedicato al proprio io, in cui può entrarci di tutto: dal corso di Pilates al massaggio, dalla pedicure al parrucchiere, dallo shopping alla ricerca di qualcosa per sé, dal giardinaggio alle passeggiate con il cane. Se questa ripartizione oraria non viene rispettata, e l’agenda è solo carica di impegni stressanti (anche dopo le canoniche 8 ore), si entra in uno stato di disagio psicologico».
Per tenere botta a ciò, le donne reagiscono in due modi: euforia o stanchezza. Nel primo caso ci si sente sovraeccitate, si corre di continuo da un’incombenza all’altra e si prendono 5 caffè al giorno per restare sveglie. A costo, poi, di soffrire di insonnia e tachicardia. Nel secondo, invece, si viene travolte dall’ondata di impegni, ci si sente annegare e si reagisce, annaspando nell’acqua fino al collo, con una stanchezza estrema.
Message in a bottle
L’astenia, quindi, altro non è che un messaggio lanciato a se stessi e gli altri, come dire “non ce la faccio più. Ho bisogno di aiuto”. Ma poiché spesso i famigliari ignorano gli S.O.S, occorre rimboccarsi le maniche e riprendere in mano le redini della propria vita.
In che modo? «Innanzitutto rispettando la tabella di Selye», risponde Malucelli. «L’agenda va riorganizzata in modo da ritagliare 2 ore al giorno per gli affetti famigliari e altrettante per le attività piacevoli da dedicare a se stesse. In genere la grande stanchezza cela una personalità che tende alla depressione. È soltanto il sintomo camuffato di un malessere profondo, che tocca tutte le corde della psiche e i cui nodi possono essere sciolti solo attraverso la psicoterapia. L’importante è che la donna prenda coscienza del suo stato depressivo, non continui a tirare avanti come se fosse solo un periodo pesante che prima o poi passerà. A volte bastano poche sedute per sollevarci dal peso delle responsabilità e dei doveri che tendono a schiacciarci».
Così impari a gestire la pressione
La stanchezza psicologica deriva dall’incapacità di gestire lo stress, che ci travolge come uno tsunami. Molto utile, in questo caso, è la mindfulness condotta da una psicologa come parte integrante della seduta.
«Personalmente l’abbino alla psicoterapia per aumentare il livello di consapevolezza e far prendere coscienza del legame tra pensieri, emozioni e corpo», spiega la dottoressa Monica Minci, psicoterapeuta e istruttrice di mindfulness a Milano. «Alla paziente viene insegnato a stare “dentro il presente”, senza rimuginare sul passato o proiettarsi nel futuro. Un presente che viene accettato per quello che è, e non giudicato. Faccio compiere esercizi di respirazione o tecniche che servono a portare l’attenzione sulla postura, sul modo di camminare, di stare seduti o di muoversi nello spazio. Obiettivo? Rompere le reazioni automatiche agli stressors, come bloccare il respiro, ritrovare una calma interiore e imparare a gestire le tensioni nel quotidiano».
La finalità della mindfulness, infatti, è quella di rendere il paziente in grado di gestire da solo gli eventi stressanti.
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