Storia vera. Sabrina Brazzo: «La mia vita d’artista… dislessica»

L’étoile di fama internazionale ha scoperto di soffrire del disturbo di apprendimento solo da adulta. E ora porta nei teatri uno spettacolo in cui si racconta



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Un corpo sinuoso che si muove come se fosse “posseduto” dalla musica e domina il palco con una gestualità che commuove. E dietro ogni passo non si cela solo il sacrificio ferreo di ogni ballerina, ma anche una sofferenza più strisciante e sottile, rimasta senza causa per decenni. Sabrina Brazzo è proprio così. Nata 51 anni fa in provincia di Venezia, è un’étoile di fama internazionale, ha danzato nei maggiori teatri del mondo e ora sta portando in scena La mia vita d’artista. Storie di ordinaria e straordinaria dislessia, lo spettacolo di cui va più orgogliosa. Perché racconta finalmente se stessa.

«La danza e l’arte possono diventare portavoci di messaggi potenti, hanno un ruolo sociale e qui voglio condividere con tutti il mio percorso con questo disturbo dell’apprendimento».


Ero la bambina “tonta”

Mentre presenta la sua ultima fatica, con cui nel 2020 girerà tutta Italia (info su www.facebook.com/JasArtBallet), si mostra senza schermi e protezioni. Fa vedere il suo lato più dolce e fragile.

«Ho iniziato prestissimo a prendere lezioni di danza: faticavo a parlare bene, anche leggere e scrivere erano una tortura, così puntavo tutto su gestualità e movimenti. La musica e il ballo mi tranquillizzavano, mi facevano stare bene, mentre alla scuola elementare mi avevano già etichettato come la bambina “tonta”. I miei genitori? Erano altri tempi, non si conoscevano bene questi disturbi e, forse, hanno preferito non vedere le difficoltà».

Anche Sabrina finge di non vederle, ma le prese in giro dei compagni sono ferite che si rimarginano a fatica. La danza, così, diventa la perfetta occasione di riscatto. A dieci anni entra nella scuola de La Scala, lascia i genitori e per 8 anni si allena e studia senza sosta: sbarre, scarpette e tutù sono una seconda pelle. Anzi, una corazza con cui difendersi.

«Lo studio sui libri rimaneva ostico, ma sul palco potevo mostrare la mia bravura. Ho iniziato il percorso alla Scala con altri 40 tra bambini e bambine e sono stata poi l’unica a finirlo e a diplomarmi».

Il talento di Sabrina è puro, cristallino. Tanto che diventa prima ballerina de La Scala. E incontra anche l’amore, il collega Andrea Volpintesta, con cui fonda la compagnia Jas Art Ballet per valorizzare i giovani artisti italiani. «Siamo sposati da 15 anni, mi capisce con uno sguardo e appoggia tutti i miei progetti. Ed è uno splendido papà».

Già, Sabrina è mamma di Joseph, nato nel 2005, e proprio la maternità la rende più attenta e sensibile: vuole aiutare gli altri, lasciare il segno. La sua compagnia lancia borse di studio per sovvenzionare gli studi dei ballerini del domani, mentre lei pensa a spettacoli dal valore sociale come un Lago dei cigni incentrato sulla violenza sulle donne. Poi, un giorno, il passato torna a bussare alla sua porta.

«Stavo leggendo un libro con mio figlio con grande fatica, quando lui, con il candore dei ragazzini, ha esclamato: Mamma secondo me sei dislessica, proprio come due miei compagni di classe».


Mio figlio, la chiave di volta

«È stato un terremoto: avevo nascosto sotto la sabbia i problemi, non avevo mai fatto approfondimenti o ricevuto una diagnosi. Ma ho confessato tutto a Joseph, che mi ha chiesto di affrontare la questione. Mi ha detto che ero il suo modello, quindi dovevo essere onesta con me stessa e non scappare davanti alle difficoltà».

Così Sabrina inizia un cammino fatto di visite ed esami. Lo fa con Joseph ed entrambi, ora, sono più sereni. «Io sono dislessica, mentre lui è disgrafico. Saperlo mi ha alleggerito e ora ci stiamo lavorando con uno specialista, che ci insegna un nuovo metodo per leggere, studiare, pensare con chiarezza».

Questo percorso, poi, si è trasformato nello spettacolo La mia vita d’artista. «Le parti recitate, con ricordi del passato, si mescolano a pezzi di tip tap e danza acrobatica, tango e passi a due della tradizione classica. C’è tanta contaminazione perché il messaggio che vogliamo dare è che siamo tutti diversi. Bisogna uscire dagli schemi, ognuno ha il suo valore, anche chi combatte con parole, suoni e numeri. L’arte è davvero importante su questo fronte: ti fa coltivare un talento, ti aiuta a esprimerti al meglio. In fondo, chi soffre di disturbi dell’apprendimento ha solo un modo diverso di studiare, ed è meglio affrontarlo subito. Trascorrere anni in guerra con le parole solo perché ci si vergogna è assurdo: basta imparare a capire come lavora la propria mente e lasciarla libera di volare. Lo farà a modo suo, ma arriverà davvero in alto».



News dal mondo Dsa

Sono oltre 2 milioni gli italiani che soffrono di Dsa, i disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Secondo il Ministero dell’istruzione, il problema interessa il 3% degli studenti, ossia 345mila ragazzini.

L’Associazione italiana dislessia ha firmato un protocollo con Microsoft per lanciare nuovi software e strumenti tecnologici per gli studenti con Dsa. Nei prossimi mesi, si terranno incontri in 5 città italiane e altrettanti webinair per presentare il progetto. Per saperne di più, aiditalia.org.

Il sito dislessiaonline.isasi.it è una piattaforma certificata dove, se si hanno dubbi e prime difficoltà, è possibile “mettersi alla prova” con test e letture. Alla fine del percorso, si viene indirizzati alle strutture specializzate per fare una diagnosi approfondita.



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Articolo pubblicato sul n. 1 di Starbene in edicola dal 18 dicembre 2019