La nota scrittrice Susanna Tamaro parla per la prima volta della sindrome di Asperger, la malattia di cui soffre da 61 anni. L’occasione è la presentazione del suo ultimo libro, Il tuo sguardo illumina il mondo (Solferino, 16,50 €), dedicato a un amico carissimo, disabile, scomparso circa un anno fa. Un capitolo racconta proprio il calvario personale dell'autrice, la diagnosi tardiva, i disturbi che nessuno ha saputo leggere e interpretare per tanto tempo (la Tamaro è stata inquadrata nella sindrome di Asperger in età adulta, circa 10 anni fa).
Le difficoltà che la scrittrice incontra quotidianamente sono tante, lo spiega lei stessa. Non sempre gestibili, sono i problemi di chi si ritrova ogni giorno ad affrontare una vita senza potersi muovere in autonomia. Il suo coming out, inaspettato, riaccende i riflettori sulla sindrome, a cui sono stati dedicati telefilm, fiction e documentari, ma che ciò nonostante è ancora poco conosciuta.
Che cos'è la sindrome di Asperger
La sindrome di Asperger è stata resa ufficiale nel 1994. Fino ad allora, gli studiosi, pur nutrendo dubbi, la ritenevano una forma di autismo.
A togliere l'ambiguità è stato uno studio su 40 bambini ritenuti autistici, ma che presentavano una forma caratterizzata dall’assenza di ritardo mentale. Da questo momento in poi, la sindrome di Asperger è stata catalogata come un disturbo pervasivo dello sviluppo, in una categoria a sé stante rispetto all’autismo vero e proprio.
Si tratta però di una patologia a tutt’oggi ancora poco studiata: non si sa ancora, ad esempio, quali siano i sistemi genetici coinvolti. E dallo studio del cervello, che è la centralina della malattia come di tutte le patologie neuropsichiatriche, al momento non emergono alterazioni che possano confermare la diagnosi oppure anticiparla con indagini strumentali.
Spesso il disturbo non viene riconosciuto subito
In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, la stessa Tamaro racconta come da bambina si buttasse a peso morto per strada, gridasse con quanto fiato aveva in corpo, si divincolasse in preda a una rabbia fuori controllo. Capricci, dicevano tutti, anche i suoi genitori. E nonostante il pellegrinaggio da psicanalisti e neuropsichiatri, la diagnosi rimaneva vaga oppure per niente convincente: schizofrenia, concludevano i medici. Sono stati necessari altri dieci anni per mettere a fuoco il disturbo.
Un ritardo, questo, o spesso un’intera vita senza diagnosi, che accomuna molte persone. Gli unici dati che abbiamo riguardano i giovani: soffrono di sindrome di Asperger in quattrocentomila, tra bambini e adolescenti, con una frequenza quattro volte superiore tra i maschi.
Rispetto a quando era bambina la Tamaro, per fortuna, sono stati fatti passi da gigante. «Oggi ci sono neuropsichiatri in età evolutiva molto esperti nell'identificare e riconoscere la sindrome», spiega Anna Ogliari, psichiatra dell’età evolutiva dell’ospedale San Raffaele di Milano. «Non esistono esami o analisi. È sufficiente osservarne il comportamento. Talvolta chiediamo ai genitori di compilare alcuni test di autovalutazione o utilizziamo delle interviste strutturate specifiche. Durante il colloquio, chiediamo anche se in famiglia ci sono stati problemi simili, se, ripensandoci, riconoscono nei comportamenti di familiari segni caratteristici della sindrome».
Quali sono i sintomi a cui prestare attenzione
Difficoltà a relazionarsi con gli altri o a interagire in modo duraturo, a stabilire un contatto visivo, comportamenti ripettivi e ossessivi, grandissima stanchezza. Questi alcuni dei sintomi principali della sindrome di Asperger. E ancora, l'incapacità di gestire gli imprevisti, per esempio lo squillo del campanello che preannuncia una visita inaspettata o qualsiasi cambiamento inatteso durante la giornata, di sopportare i rumori, come ha raccontato la Tamaro. Sono tutte situazioni che scatenano nelle persone con sindrome di Asperger panico e disordine.
«I soggetti con Asperger presentano un’attenzione maniacale ai ritmi e temono gli imprevisti, hanno quindi necessità di avere delle regole. Sono questi gli aspetti importanti su cui lavorare, cercando di entrare, delicatamente, nel loro mondo. Oggi la conoscenza dei sintomi ha permesso indubbiamente molti progressi nella cura del disturbo», commenta la professoressa Ogliari.
«Nei più piccoli si nota che il linguaggio è monotono e la camminata è goffa, anche se sono bambini simpatici, sensibili, molto intelligenti, con una memoria eccezionale», continua la psichiatra. Se la sindrome viene individuata nell'infanzia, è possibile in un certo senso "educare" il cervello.
«Spesso le mamme mi chiedono se il figlio condurrà una vita come gli altri coetanei sani», dice ancora la professoressa Ogliari. «Non si può rispondere a priori, ci vuole tempo, ma tutto è possibile. Ho seguito bambini che fanno attività sportive con altri bambini. Tra i miei pazienti, per esempio, c'è un ragazzo che frequenta un corso universitario di comunicazione, e un altro che è in procinto di laurearsi in storia dell’Arte». Insomma, se vengono seguiti con la terapia più adeguata i risultati sono ottimi.
Come vengono seguiti i piccoli pazienti
Oggi dei bambini con sindrome di Asperger si prende carico un team multidisciplinare che comprende il neuropsichiatra infantile, lo psicologo e alcune figure educative. L’obiettivo è far sì che il bambino impari a gestire le proprie difficoltà. «Il percorso è lungo e richiede una vera e propria educazione», sottolinea la professoressa Ogliari. «Va fatto in parallelo alla famiglia che impara come gestire il bambino a casa e a scuola».
Uno dei passaggi più delicati è l'ingresso nel sociale, ovvero il momento di andare all’asilo. «Il bambino tende a isolarsi, non ce la fa a reggere psicologicamente i giochi di gruppo e non si tratta di timidezza», sottolinea la professoressa Ogliari. «Ha anche difficoltà a mantenere il contatto oculare, lo sguardo diventa sfuggente, ed è afflitto spesso da una fatica spropositata. Più avanti nel percorso scolastico, altri momenti critici saranno le interrogazioni e i compiti in classe. Per questi motivi è opportuno farsi seguire e sostenere nel modo più opportuno dagli specialisti».
Attenzione invece alle bufale. «Non è possibile diagnosticare la sindrome di Asperger nei neonati, come si legge a volte in rete», sottolinea l'esperta. «Non esiste ancora una caratterizzazione vera e propria del disturbo. Se, però, man mano che cresce, il piccolo preferisce stare da solo, si irrita o non reagisce agli stimoli della mamma, è meglio parlarne col pediatra. Certamente queste manifestazioni potrebbero non aver nulla a che vedere con l’Asperger. L’importante è che in caso di sospetti, si venga controllati regolarmente». Per chi non sa a chi rivolgersi, vale la regola di contattare l’associazione pazienti.
articolo pubblicato il 20 settembre 2018