Causa la morte 4 volte più del tumore al colon, 5 più dell’ictus e 10 più dell’infarto. In Italia si stimano circa 250 mila casi di sepsi l’anno, e in 1 caso su 4 non si sopravvive. Eppure questo grave problema continua a essere poco noto all’opinione pubblica, nonostante l’Organizzazione mondiale della Sanità l’abbia definita un’emergenza sanitaria globale.
Ma di cosa si tratta esattamente? «La sepsi è una risposta anomala dell’organismo a un’infezione. Invece di tenerla sotto controllo e mettersi in moto per vincerla, il sistema immunitario impazzisce e danneggia i nostri organi vitali», sottolinea Gianpaola Monti, dirigente medico dell’Unità di terapia intensiva 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano.
Cosa può scatenarla
Una polmonite o una meningite, un’infezione alle vie urinarie o del tratto gastroenterico, una comune ferita che si infetta e perfino l’influenza stagionale possono dare origine alla sepsi (o setticemia).
Tutti siamo potenzialmente esposti al pericolo, a qualunque età, anche se alcuni soggetti sono più a rischio: «Le persone over 65 e i bambini sotto i 12 mesi, i malati oncologici, gli immunodepressi, i pazienti con diabete o malattie croniche renali, polmonari o epatiche. Anche chi è ricoverato per interventi chirurgici invasivi o si trova in un reparto di rianimazione ha maggiori probabilità di incorrervi. Teniamo presente però che oltre il 60% delle sepsi è collegato a infezioni contratte fuori dall’ospedale», precisa l’esperta.
I segnali d’allarme
I sintomi della sepsi sono spesso poco specifici, comuni a molte altre patologie: si va dalla febbre alla pressione arteriosa bassa, dalla cute marezzata, cioè a chiazze bluastre, a un senso di confusione mentale o disorientamento, dalle difficoltà respiratorie alla diminuzione della diuresi.
Quando qualcuno di questi sintomi si presenta senza una motivazione, bisogna immediatamente rivolgersi al medico curante o recarsi subito al pronto soccorso. La tempestività è fondamentale.
La cura in ospedale
La sepsi si cura anzitutto con gli antibiotici: «Si comincia con quelli ad ampio spettro, in attesa dei risultati degli esami microbiologici e dell’antibiogramma, che consentiranno di individuare qual è il germe responsabile dell’infezione e quale l’antibiotico specifico più giusto per eliminarlo. Se riconosciute tempestivamente, le forme meno gravi di sepsi si possono risolvere in 8-15 giorni», rassicura la nostra esperta.
Le campagne di sensibilizzazione
Lo scorso 13 settembre, in occasione della Giornata mondiale della sepsi, hanno preso il via molte campagne di sensibilizzazione su questa malattia, organizzate dalla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti).
La prossima iniziativa si terrà il 19, il 20 e il 21 ottobre a Omegna (in provincia di Verbano-Cusio-Ossola) in occasione della Ultra Trail Lago d’Orta, una gara di corsa su un percorso sterrato di montagna, cui parteciperà anche Yulia Baykova, l’atleta originaria della Lettonia che è sopravvissuta alla sepsi. L’evento consiste in tre diverse gare, su differenti distanze, per le quali sono previsti 2000 iscritti e un’affluenza complessiva di 8000 persone.
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Articolo pubblicato sul n. 43 di Starbene in edicola dal 9/10/2018