Possiamo difenderci dai pesticidi

Gli esperti ci spiegano come regolarci per portare in tavola alimenti sicuri



Dei pesticidi, i farmaci usati in agricoltura per evitare malattie alle coltivazioni, si sente parlare spesso, perché gli studi sui potenziali effetti dei residui che restano nei cibi sono frequenti. L’ultimo in ordine di tempo arriva dagli Stati Uniti, Università di Harvard: analizzando pazienti con problemi di fertilità, i ricercatori hanno notato che i residui dei fitofarmaci presenti nella frutta e nella verdura diminuiscono la produzione degli spermatozoi.

Ma se da una parte i dati degli studi instillano dubbi, dall’altra quelli delle autorità rassicurano i consumatori. Quida noi l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) dice, infatti, che i cittadini dell’Unione possono stare tranquilli: dalle ultimi analisi emerge che nel 98,5% dei vegetali che consumiamo i residui dei pesticidi sono sotto i limiti di legge, quindi non pericolosi per la salute, e in alcuni casi non ce ne sono affatto.

Chi ha ragione? E che cosa significa “limite di legge”? È possibile capire quanta chimica finisce nel nostro piatto? Davanti a un’insalata o al desiderio di addentare una bella mela con la buccia è naturale farsi qualche domanda.

1, Come capire quanti residui di fitofarmaci ci sono nel cibo?
«Il consumatore non ha modo di verificare. Ma prima di entrare in commercio, ogni cibo è sottoposto a controlli severi», spiega Gian Pietro Molinari, direttore del Centro di ricerca per la qualità e la sicurezza del sistema agroalimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -. Il rispetto dei limiti di legge è un obbligo ed è gestito da un sistema di autocontrollo: ogni elemento della filiera, dal coltivatore al venditore, è obbligato a eseguire verifiche». Non solo.

Va detto che in Europa si usano in genere meno pesticidi di quelli autorizzati, per essere sicuri che i residui saranno presenti sempre al di sotto del limite di legge consentito. «La regola, cioè, è lasciare un margine ampio per aumentare la sicurezza», continua l’esperto. «Facciamo un esempio: supponiamo che il limite residuo di un certo pesticida usato per le zucchine corrisponda a 10. Nel campo ne impiegherò una quantità tale che alla fine il residuo sarà addirittura 5. In questo modo l’alimento passerà tutti i test e i controlli»

2.Quindi, se le quantità sono entro i limiti di legge, si può stare tranquilli? 
Dipende. Perché è vero che i residui di ogni singolo pesticida sono sempre sotto i limiti consentiti, ma non è ancora chiaro se la combinazione di più residui di fitofarmaci usati per la coltura dello stesso alimento sia dannosa oppure no. «Ci sono prodotti ortofrutticoli contaminati da 7, 8 e addirittura 9 principi attivi differenti», spiega Daniela Sciarra, che ha curato l’ultimo rapporto sui pesticidi di Legambiente (Pesticidi nel piatto 2012).

«Ogni molecola, presa singolarmente, è regolare ma la legge al momento non si esprime rispetto al cosiddetto “multiresiduo”, cioè l’azione sinergica di più sostanze chimiche messe insieme. Alcuni studi affermano che nel lungo periodo questo effetto potrebbe addirittura essere cancerogeno».

3. Gli ortaggi del contadino sono controllati come quelli del super?
«Sì. Il Ministero, attraverso le Asl e gli istituti zooprofilattici, esegue controlli continui su tutti gli agricoltori», dice Molinari. «In più, l’uso dei fitofarmaci è sottoposto a controlli incrociati e il loro acquisto è tracciabile e documentato. Oggi, poi, costano così tanto che nessuno ha voglia di sprecarli».

4. Serve lavare frutta e verdura con il bicarbonato?
A volte è irrilevante perché molti pesticidi penetrano nella polpa», dice l’esperta d i Legambiente. «E comunque le sostanze che restano in superficie si eliminano più che altro sfregando bene i vegetali sotto l’acqua e poi asciugandoli con uno strofinaccio, che andrà messo subito dopo a lavare (o con carta da cucina da buttare). È una buona abitudine utile anche contro i batteri che si trovano sui prodotti del campo».

5. Se punto sul biologico, consumo meno medicinali?
«Lotta integrata, biodinamico e biologico sono tutte pratiche responsabili, che permettono di limitare notevolmente i residui dei pesticidi», dice Sciarra. «In queste coltivazioni i prodotti di sintesi usati sono pochissimi oppure di origine naturale. Altre garanzie sono la filiera corta e l’acquisto di cibi di stagione: se frutta e verdura crescono all’aperto e non in serra e non devono girare mezzo mondo, non hanno bisogno di troppi medicinali per crescere sani»

6. Gli alimenti extra Ue ne contengono di più? 
«In teoria potrebbe succedere», dice l’esperto. «Perché la cultura agricola è diversa, così le normative, nonostante l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) stia cercando di uniformarle. La responsabilità del controllo, in questo caso, spetta all’importatore, che deve mettere a disposizione delle Asl le sue analisi. In ogni caso, alle frontiere vengono svolti controlli a tappeto, prelevati campioni e analizzati».

7. Ci sono vegetali che assorbono più veleni di altri?
«Le fragole, le pesche e le verdure a foglia larga sono più esposte. Ma negli ultimi anni sono state messe a punto tecniche di coltura che hanno permesso di diminuire il ricorso ai pesticidi. Per esempio, coltivare le fragole in verticale, anziché a terra, oppure eseguire l’irrigazione dal basso e separare le piante dal suolo con una rete, ha permesso di eliminare molti fungicidi. Visto il costo ei fitofarmaci e la crescente sensibilità ambientale dei consumatori, infatti, i grandi produttori sono i primi a voler ridurre l’uso di queste sostanze, puntando sulla lotta integrata».

 Articolo apparso sul n° 22 di Starbene dal 19 maggio 2015 in edicola

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