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Le nuove “punturine” contro l’artrosi

I medici promuovono l’acido ialuronico: infiltrato nelle articolazioni toglie infiammazioni e dolori

© Self Images/Photononstop/Corbis



di Daniele Razzoli

Doloretti alle ginocchia o alle spalle? Dopo i 50 anni si può trattare di un inizio di artrosi, dovuta forse a incidenti passati o alla sedentarietà. Ma qualche piccola iniezione di acido ialuronico nell’articolazione “ingrippata” ti consentirà di tornare a muoverti con scioltezza. Sull’efficacia di queste iniezioni è d’accordo la maggioranza dei medici italiani, che le raccomanda con ancora maggiore convinzione nei casi di media gravità.

LE COMPLICAZIONI SONO RARE
«Oggi abbiamo un quadro molto chiaro degli utilizzi di questo farmaco», dice Valter Santilli, professore ordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa all’Università La Sapienza di Roma. «Abbiamo raccolto le opinioni di un vasto campione di medici che in Italia utilizzano questa tecnica. Da questa ”consensus conference” sono usciti consigli e indicazioni preziosi. Un dato importante emerso è che le complicazioni, quali infezioni o altro, sono rare, inferiori a un caso su mille». La tecnica, inoltre, è ben accetta anche dai pazienti perché l’iniezione è poco dolorosa e dà benefici immediati che si mantengono per diversi mesi. Un’ottima notizia, visto che tra i 50 e i 59 anni il 35% delle persone soffre di artrosi, percentuale che sale al 55% dopo i 70 anni.

IL PIÙ EFFICACE È "RETICOLATO"
Un’altra indicazione importante emersa dall’incontro è che è senz’altro preferibile l’acido ialuronico di nuova generazione, ad alto peso molecolare o reticolato, rispetto a quello “vecchio” a basso peso molecolare: l’effetto è più duraturo. Per eliminare dolori e difficoltà di movimento bastano 2-3 trattamenti all’anno, mentre con l’altro ce ne volevano almeno 6.

NON FUNZIONA PER LE FORME PIÙ SERIE
Unico limite della terapia: in caso di artrosi grave con condrofiti (formazioni cartilaginee) e altre alterazioni le infiltrazioni non bastano. «Nelle situazioni più compromesse possono però servire per rimandare l’intervento di protesi articolare, che è impegnativo», puntualizza Santilli.


Articolo pubblicato sul n° 20 di Starbene, in edicola dal 5 maggio 2015

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