Basta un dolore persistente, fastidioso e subito pensiamo ai reumatismi. In realtà, questo termine è caduto in disuso nella medicina moderna, facendo spazio alla definizione di malattie reumatiche: «Nel Medioevo si parlava di reumatismi perché la parola derivava dal greco, réo, che significava scorrere, fluire, e permetteva alle persone di indicare quei dolori che “giravano” nel corpo, migrando da un’articolazione all’altra», racconta il dottor Salvatore D’Agostino, reumatologo alla Clinica Villalba di Bologna. «Questo termine è rimasto in uso nel linguaggio comune per indicare tutte quelle condizioni dolorose che coinvolgono muscoli, ossa, articolazioni, legamenti e tendini, determinando spesso un’impotenza funzionale del distretto colpito».
QUALI SONO LE CAUSE DELLE MALATTIE REUMATICHE
Per la maggior parte, le malattie reumatiche hanno un’origine infiammatoria e dipendono da una risposta immunitaria abnorme. «Parliamo, ad esempio, di artrite reumatoide, spondiloartriti sieronegative, connettiviti, vasculiti o artriti da micro cristalli, tra cui rientrano la classica gotta e la condrocalcinosi», racconta il dottor D’Agostino. In sostanza, i linfociti T – particolari globuli bianchi che hanno il compito di difenderci dagli agenti estranei (virus, batteri, parassiti, funghi e cellule tumorali) – vanno a posizionarsi su un determinato tessuto del corpo, lo “coprono” e stimolano la produzione di proteine (come le citochine), che a loro volta inducono la formazione di autoanticorpi, che non riconoscono le cellule e i tessuti del corpo e li aggrediscono.
- Possono essere degenerative
«Le malattie reumatiche possono essere anche degenerative per una progressiva e irreversibile usura delle cellule dei tessuti, come accade nell’osteoartrosi. In quella primaria, la causa non è del tutto nota, ma può esserci una componente genetica a scatenarla, mentre la forma secondaria è la conseguenza di diversi fattori esterni: sovrappeso e obesità innanzitutto, ma anche un’alimentazione troppo ricca di zuccheri, carne, prodotti caseari e alcolici, che “acidificano” il sangue e favoriscono il dolore, a differenza di frutta e verdura che “alcalinizzano” e spengono gli stati infiammatori».
Un’altra causa di osteoartrosi secondaria può essere rappresentata dalle infezioni ricorrenti a denti e gengive, perché il cavo orale è più collegato di quanto immaginiamo al resto del corpo, così come non va mai sottovalutata la carenza nella dieta di bioflavonoidi, sostanze che prendono il loro nome dal vocabolo latino flavus (giallo) perché sono responsabili della pigmentazione dorata di molti vegetali. «I bioflavonoidi proteggono il collagene, la proteina fibrosa che abbonda nei tessuti connettivi, come pelle, tendini, legamenti, ossa, cartilagini e articolazioni. Se il loro apporto non è adeguato, perché consumiamo poca frutta e verdura, ecco che l’osteoartrosi può essere favorita».
- Se i reumatismi sono extra-articolari
Esiste infine una terza categoria di reumatismi, detti extra-articolari, perché coinvolgono i “tessuti molli” dell’organismo, come tendini, strutture connettivali, fasce, legamenti o capsule. «Oltre alle più note borsiti e tendiniti, oggi è in aumento l’incidenza della fibromialgia, non di facile classificazione, indotta spesso da stress psicofisico e caratterizzata da contrazioni muscolari così forti da poter diventare invalidante. Per il trattamento sono necessarie almeno tre figure, reumatologo, psicologo e fisiatra, che devono collaborare fra loro».
I SINTOMI DEI REUMATISMI E COME RICONOSCERLI
Dolore, rigidità e limitata mobilità sono i principali sintomi che caratterizzano le malattie reumatiche, a cui talvolta possono associarsi anche febbriciattola, spossatezza, malessere generale e perdita di appetito. Ma ogni “reumatismo” ha precise peculiarità. «Per esempio, fra quelli infiammatori che colpiscono i soggetti più anziani c’è la polimialgia, una patologia molto violenta che colpisce i muscoli, soprattutto a livello del collo e delle spalle. In questo caso, il disagio è peggiore la mattina o dopo un periodo di inattività e, occasionalmente, può essere così grave da impedire ai pazienti di alzarsi dal letto o svolgere semplici attività quotidiane». A caratterizzare l’osteoartrosi, invece, ci sono tre D: dolore, deformità e deficit. «Quindi se un’articolazione è dolente, gonfia, rigida e deformata, il medico si indirizza verso quella diagnosi».
- Come arrivano i dolori reumatici
I dolori reumatici possono insorgere in maniera improvvisa, comparire in modo graduale e aggravarsi con il passare del tempo oppure manifestarsi dopo un evento scatenante come traumi fisici, infezioni o stress psicologici. Nella maggior parte dei casi, si inizia ad avvertire un impaccio funzionale – soprattutto la mattina – che nel corso del tempo peggiora progressivamente, fino a limitare anche il resto della giornata.
- Com'è il dolore reumatico
La tipologia di dolore dipende dalla sede colpita e ovviamente dalla patologia. Per esempio, nei reumatismi infiammatori il dolore non migliora con il riposo, è accompagnato da gonfiore dell’articolazione coinvolta e da una sensazione di calore al tatto e talvolta rossore. Nelle patologie degenerative, invece, il dolore è periodico, perché alle fasi di riacutizzazione dolorosa ne seguono altre di attenuazione o completa remissione, e migliora con il riposo.
COME SI FA LA DIAGNOSI
Per essere inquadrati, i reumatismi richiedono innanzitutto una diagnosi differenziale, perché non sono tutti uguali. Esami del sangue, analisi delle urine, radiografie, ecografie articolari, TAC, risonanza magnetica, capillaroscopia e artroscopia sono alcuni dei test diagnostici che possono essere prescritti dal reumatologo per distinguere la problematica.
«Ma la vera diagnosi arriva spesso durante una visita accurata, dove lo specialista osserva con attenzione articolazioni, muscoli e ossa, ma soprattutto ascolta il racconto del paziente, le sue sensazioni, il suo stile di vita conseguente ai disturbi che avverte. Come in tutti gli altri settori medici, l’approccio va personalizzato, così come la terapia», dice D’Agostino.
COME SI CURANO LE MALATTIE REUMATICHE
Una volta stabilita la tipologia di patologia reumatica, il medico sceglie il protocollo terapeutico più idoneo, in grado di rallentare la progressione della malattia e renderla meno invalidante. Per ogni reumatismo viene quindi prescritta una terapia soggettiva, spaziando tra farmaci anti-infiammatori non steroidei, cortisone, paracetamolo o talvolta oppioidi, sempre a dosi stabilite a livello individuale.
«Grandi passi avanti sono stati compiuti nel campo delle patologie su base autoimmune, come l’artrite reumatoide, per cui oggi sono disponibili nuovi farmaci in grado di bloccare selettivamente gli enzimi chiave dell’infiammazione tipica della malattia», riferisce il dottor D’Agostino. «Fra le ultime frontiere della medicina ci sono anche le infiltrazioni di una soluzione ricca di cellule staminali, che sembrano migliorare la funzionalità articolare ed eliminare il dolore». Le infiltrazioni sono indicate anche in caso di artrosi, ma in questo caso si utilizza normalmente l’acido ialuronico, che agisce come “lubrificante” articolare».
MA I REUMATISMI SI POSSONO PREVENIRE?
In parte sì. È fondamentale adottare uno stile di vita dove siano assenti tutti i fattori infiammatori prevenibili (come il fumo di sigaretta) e, al contrario, dove abbondino le sane abitudini (come un’alimentazione ricca di frutta e verdura). «Ma soprattutto non bisogna mai sottovalutare le condizioni dolorose che affliggono il corpo per più di una o due settimane. La diagnosi precoce è fondamentale in queste patologie, che interessano una grande fetta di popolazione: circa 10-12 milioni di italiani, soprattutto a partire dai 60 anni e tipicamente donne dopo la menopausa, perché il calo fisiologico degli estrogeni può aprire la strada anche a questa problematica», conclude il dottor D’Agostino.
Fai la tua domanda ai nostri esperti