Un dolore insistente al basso ventre e all’inguine, che può irradiarsi fino all’interno coscia. È la pubalgia, disturbo che colpisce soprattutto gli uomini appassionati di calcio e calcetto. «Ma può comparire anche se si fa running, basket, volley o scherma», spiega il professor Emilio Romanini, ortopedico a Roma.
La pubalgia è favorita dai microtraumi
«Le cause dell’infiammazione sono diverse, ma spesso il problema è scatenato dai piccoli traumi ripetuti che danneggiano i punti in cui i muscoli si collegano alle ossa della zona del pube. È a rischio pubalgia anche chi ha addominali e adduttori (i muscoli interni della coscia) deboli, disturbi dell’anca e problemi di postura. Ma a favorire la comparsa del problema contribuisce anche l’allenamento su terreni irregolari o il tipo di scarpe utilizzate», precisa Romanini.
Il dolore tipico della pubalgia è graduale e colpisce solo da un lato: «All’inizio si avverte soprattutto quando si comincia a fare sport. Si calma dopo il riscaldamento e poi ricompare con l’aumentare dello sforzo. Non è violento, quindi spesso viene sottovalutato: un errore grave, perché la pubalgia va curata subito, altrimenti diventa cronica». E in questo caso potrebbe servire l’intervento chirurgico.
La pubalgia si cura dal fisioterapista
Per confermare la diagnosi basta una visita, durante la quale l’ortopedico esegue delle semplici manovre. La terapia si basa sul riposo, ma non è necessario restare immobili a letto: basta evitare lo sport e lo spostamento di pesi.
«Nella fase acuta lo specialista può prescrivere degli antinfiammatori come l’ibuprofene (200 mg, 2 volte al giorno, per 3-4 giorni); dopo 2-3 settimane il problema dovrebbe diminuire».
A questo punto si passa alla riabilitazione con il fisioterapista: «Un mese di esercizi di stretching degli adduttori e potenziamento degli addominali, 2 volte alla settimana. Poi, si può ricominciare a fare sport, ma gradualmente e con cautela».
Quando serve l’intervento
Se la pubalgia si trascina per circa 6 mesi vuol dire che è diventata cronica. In questi casi può essere indicato l’intervento chirurgico.
«Se la causa è un problema degli adduttori, si pratica una piccola incisione sotto la piega inguinale per raggiungere il tendine e allentare la tensione eccessiva. Il paziente può camminare da subito, ma deve seguire un ciclo di fisioterapia a base di esercizi di stretching», spiega il professor Romanini. Già dopo 30 giorni si può tornare a correre, mentre per ricominciare con gli altri sport servono 2-3 mesi.
Se il problema dipende dagli addominali, si pratica un intervento mini invasivo, simile a quello che si fa in caso di ernia inguinale: «Attraverso dei minuscoli fori o un piccola incisione, il chirurgo ripara la parete addominale indebolita. I tempi di recupero sono simili o perfino più brevi rispetto all’operazione che coinvolge gli adduttori».
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