Sembrerebbe quasi un mito che viene sfatato: il caffè contribuisce ad abbassare la pressione. A dirlo sono i risultati di uno studio condotto da un team dai ricercatori dell'Università di Bologna e dell'Irccs Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant'Orsola. Gli esperti, infatti, hanno dimostrato come chi beve regolarmente caffè ha una pressione sanguigna significativamente più bassa rispetto a chi non ne beve, sia considerando quella periferica, sia quella centrale.
Lo studio italiano
Lo studio, chiamato Brisighella Heart Study, è stato coordinato da Claudio Borghi, professore presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna. Ha preso in esame un campione di 720 uomini e 783 donne, monitorando i livelli della pressione sanguigna e confrontandoli con le abitudini di consumo del caffè, senza trascurare altri dati clinici.
A spiegare il risultato dell’osservazione è Arrigo Cicero, che ha partecipato alla ricerca e a Starbene chiarisce come la ricerca non rappresenti una contraddizione: «In realtà non stiamo ribaltando le conoscenze, forse più le credenze. Infatti, numerosi studi, non solo italiani, mostrano come i consumatori abituali di caffè siano leggermente protetti dallo sviluppo di ipertensione e malattie cardiovascolari, così come da alcune patologie metaboliche (diabete, obesità) ed epatiche (ad esempio la cirrosi post-epatite)».
Importante sottolineare che questo dipemde dalle condizioni dei soggetti: «Ovviamente questi effetti si notano nei soggetti che a priori non hanno fastidi correlabili all'assunzione di caffè, come la tachicardia, le palpitazioni, la gastrite, l’insonnia, ma anche lo stesso aumento della pressione. Noi abbiamo mostrato che i consumatori abituali di caffè hanno valori di pressione inferiori rispetto ai non consumatori. Il merito potrebbe essere dovuto alle sostanze contenute nel caffè altre rispetto alla caffeina».
Nel caffè non c’è solo caffeina
Merito, dunque, delle altre sostanze contenute nel caffè. La dimostrazione, infatti, è che l’effetto “protettivo” c'è anche con il caffè decaffeinato. «Il caffè non contiene solo caffeina! La caffeina di per sé, infatti, può fare aumentare pressione e frequenza cardiaca – spiega Cicero - Tuttavia il caffè contiene numerose sostanze antiossidanti che svolgono azioni protettive sui vasi, facilitandone la dilatazione e quindi il calo della pressione. Queste sostanze sono flavonoidi, fenilpropanoidi, diterpeni, tannini, in particolare acido caffeico, acido clorogenico e altre».
Attenzione alle quantità
Come sempre, però, un fattore importante è rappresentato dalle quantità di caffè: «Nei soggetti che assumono abitualmente 3-4 caffè al giorno abbiamo osservato valori minori di pressione arteriosa rispetto ai non bevitori di caffè. L'effetto positivo lo si vede già con 2-3 tazzine. Come detto, la maggior parte degli effetti positivi sulla pressione non dipende dalla caffeina (che, al contrario, è la causa dell'innalzamento pressorio in chi è intollerante al caffè e supera le 4 tazzione al giorno), quindi il caffè decaffeinato ha lo stesso effetto positivo del caffè in dosi moderate».
Oltre al caffè conta lo stile di vita
Le conclusioni dello studio, dunque, aiutano a non demonizzare una bevanda tanto consumata e amata anche in Italia. Si stima, infatti, che tra il 2020 e il 2021 il consumo si sia aggirato intorno ai 10 milioni di tonnellate nel mondo. «I risultati nel nostro studio in primis ci consentono di non punire la maggior parte dei consumatori di caffè, imponendo una sospensione quando questa non sia necessaria. Al contrario, l’attenzione dei consumatori dovrebbe essere focalizzata su altri atteggiamenti preventivi, come l'alimentazione e lo stile di vita – sottolinea Cicero - Non facciamo terrorismo contro l'impiego di caffè, dunque, ma concentriamoci sul fumo di sigaretta, sulla sedentarietà e sull'obesità, che sono sicuramente prioritarie!».
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