di Oscar Puntel
Articolo pubblicato sul n° 33 di Starbene in edicola dal 2 agosto 2016
di Oscar Puntel
Mostriciattoli (finti) che sbucano nei luoghi che ci circondano (veri). A caccia di Pokémon: nelle piazze, sui monumenti, vicino alle chiese, addirittura accanto alla macerie di guerra. Una strofinata con il dito sul display dello smartphone per lanciare la palla, che si chiama PokéBall: è così che si acchiappano tutti. Pokémon Go, applicazione gratuita e distribuita da Nintendo, è il gioco dell’estate. In Italia è disponibile dal 15 luglio. L’app è già stata scaricata 30 milioni di volte in tutto il mondo. Ogni giocatore ci trascorre in media 33,5 minuti al giorno: più che su facebook (dove la permanenza è di 22 minuti giornalieri). «Un fenomeno di questa portata era difficile da prevedere, specialmente in così breve tempo. Siamo euforici di questo successo», ci ha confidato la brand manager di Nintendo Italia, Simona Portigliotti.
Esploriamo pregi e difetti di Pokémon Go, la tendenza del momento (sfoglia l'articolo).
Pokémon Go utilizza la “realtà aumentata”, ed è la prima volta che succede nel mare magnum dei giochi per smartphone. Significa che sullo schermo del telefonino, grazie alla fotocamera e al gps, compaiono i paesaggi circostanti, dentro i quali si materializzano personaggi virtuali, che bisogna acchiappare. Ed è proprio il mix fantastico-reale che affascina. «Nelle nostre mani, sul display si apre un mondo magico, solo in parte reale, con tanti elementi attrativi», precisa Luca Mazzucchelli, vice presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia. «C’è la curiosità, la motivazione all’esplorazione, la gratificazione quando si cattura un personaggio». Però, non è tutto oro ciò che luccica.
Negli Stati Uniti, dove è arrivato prima che in Italia, il game ha già causato qualche problema: a New York, centinaia di appassionati si sono riversati in massa a Central Park a inseguire un raro mostriciattolo virtuale, avvistato solo lì. Qualcuno non ha esitato ad abbandonare l’auto in mezzo al traffico, pur di colpirlo. Nel Missouri, invece, 4 adolescenti che cercavano Pikachu in una zona isolata sono stati rapinati e derubati. Insomma, dietro le apparenze di un gioco innovativo e innocuo qualche pericolo c’è.
ECCO PERCHÉ FA BENE
Nel suo nome, Pokémon Go, è scritto il punto di forza del game: andare a caccia di mostriciattoli. Anche in gruppo. «L’app può diventare il pretesto per uscire di casa e condividere l’esperienza del gioco con altre persone», sottolinea il dottor Mazzucchelli. «Altri videogame lo permettono a distanza, con i collegamenti online, ma non ti muovi dal divano. Qui invece si aggiunge l’elemento aggregazione: esci con gli amici, devi muoverti là fuori ed esplorare il mondo».
Il gioco pare anche avere la capacità di risollevare l’umore e placare l’ansia. «Questo beneficio è stato confessato da testimonianze sui social e sicuramente vale la pena approfondirlo», chiarisce Davide Algeri, psicologo e psicoterapeuta di Milano, esperto in nuovi media. «Nel Pokémon Go gli obiettivi minimi sono semplici da raggiungere e ottenerli dà un certo compiacimento. Concentrandosi sulla meta finale, chi ha un pensiero dominante, ansiogeno o depressivo (“non ce la posso fare”), si distrae da quella ossessione e si vede come capace di fare. L’autostima ne esce rafforzata, così come la tendenza all’azione, all’agire e non al lasciarsi cadere il mondo addosso», conclude lo psicologo.
MA OCCHIO AI RISCHI CHE NASCONDE
Il rovescio della medaglia di Pokémon Go? Caviglie fratturate, inciampi, bernoccoli e pedoni investiti. Sono gli incidenti più frequenti tra giocatori di Pokémon Go. «L’app aumenta la distraibilità delle persone, che così possono diventare un pericolo per se stesse e per gli altri», spiega Simone Benedetto, ricercatore in psicologia ed ergonomia presso Tsw, azienda del digitale di Treviso.
«Chi si sposta e cammina per cacciare i mostri è indotto a concentrarsi solo su ciò che vede a 50 cm dal naso, sullo smartphone. L’abbiamo dimostrato misurando i movimenti oculari dei giocatori. È un effetto chiamato “tunnel cognitivo”: lo sguardo non si stacca dallo schermo e il focus attentivo è ristretto al display, a discapito di tutto il resto. In queste condizioni, ciò che accade attorno, ostacoli e pericoli compresi, viene completamente ignorato», precisa il dottor Benedetto. Sì, perché l’obiettivo di catturare il Pokémon è un’avventura che conquista e coinvolge tanto. Spesso, anche troppo.
«C’è il rischio che il gioco diventi un’esperienza totalizzante e ci si dedichi solo a rincorrere Pokémon», chiarisce Simona Maurino, psicologa e consulente di Telefono Azzurro (cui già una quindicina di genitori preoccupati si sono rivolti per ricevere informazioni generali su questo prodotto, nel giro di una settimana). «Lo corrono soprattutto i giovanissimi che, a lungo andare, possono avere una percezione distorta della realtà, finendo col credere che quello che vedono sul telefonino corrisponda al vero».
Per questo, l’Associazione dei pediatri americani ha raccomandato di controllare che i ragazzi giochino in media non più di un’ora al giorno. «Per evitare che diventino dipendenti, come peralatro può succedere in tutti gli altri videogiochi», puntualizza la dottoressa Maurino. E, poi, sullo sfondo c’è sempre il pericolo peggiore, già denunciato dal Telefono Azzurro: l’adescamento da parte di malintenzionati o pedofili è un’ipotesi realistica. «I ragazzi possono essere indotti a raggiungere zone isolate, per cercare questi Pokemon. Mettiamoli in guardia e invitiamoli a giocare solo con persone conosciute», conclude la dottoressa Maurino.
Articolo pubblicato sul n° 33 di Starbene in edicola dal 2 agosto 2016
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