A CHI È INDICATA L'OPERAZIONE
«Fino a poco tempo fa, l’intervento era consigliato a categorie di obesi ben precise, quelle con un BMI (body mass index: si calcola dividendo il peso in chili per il quadrato dell’altezza espressa in metri) superiore a 35», premette il professor Nicola Di Lorenzo, docente di chirurgia generale all’Università Tor Vergata di Roma e pastpresident della Sicob (Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità).
«Oggi, invece, l’indicazione al trattamento chirurgico è riservata anche a chi ha un BMI compreso tra 30 e 35 e non riesce a ottenere un buon controllo della glicemia con dieta, pillole e movimento (ammesso che venga regolarmente praticato).
In Italia, infatti, esistono ben 2milioni e 600mila persone affette da obesità di primo grado che potrebbero trarre giovamento da tecniche endoscopiche mininvasive (2-3 giorni di ricovero al massimo).
Riducendo l’assorbimento dei macronutrienti quali grassi, zuccheri e proteine, assicurano in poche settimane la drastica riduzione di quel grasso viscerale, concentrato soprattutto nei fianchi e nell’addome, che è responsabile della resistenza periferica all’insulina, l’anticamera del diabete, o del diabete stesso in stadio avanzato».