Disturbi dermatologici, cos’è la pitiriasi rosea di Gibert: cause e trattamenti

La pitiriasi rosea di Gibert non deve preoccupare, perché si risolve spontaneamente e non lascia esiti sulla pelle. Raramente richiede un trattamento farmacologico, utile invece nei casi di prurito intenso



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Spesso confusa con la micosi, con cui condivide l’aspetto, la pitiriasi rosea di Gibert è una patologia dermatologica piuttosto frequente e benigna, che in genere si risolve spontaneamente. «Interessa principalmente il tronco, le braccia e la zona delle cosce, risparmiando invece il viso, il palmo delle mani, la pianta dei piedi e il cuoio capelluto», spiega il dottor Antonio Ascari Raccagni, specialista in Dermatologia presso il Maria Cecilia Hospital di Cotignola, Ravenna, e le strutture GVM Care & Research della Romagna. Sebbene non sia ancora noto il motivo, la pitiriasi rosea di Gibert si manifesta soprattutto nei mesi primaverili e autunnali, per quanto non esista una regola universale.

Cos’è la pitiriasi rosea di Gibert

Questa patologia è stata descritta per la prima volta nel 1860 dal dermatologo francese Camille-Melchior Gibert, da cui infatti prende il nome: «Basandosi esclusivamente sull’osservazione clinica, questo medico aveva rilevato alcuni segni caratteristici su diversi pazienti, fino a identificare una forma comune», racconta il dottor Ascari Raccagni.

La pitiriasi rosea di Gibert si manifesta soprattutto tra i 10 e i 35 anni, con una maggiore prevalenza nella popolazione femminile, e seppure non comporti particolari complicanze va tenuta sotto controllo nelle donne in gravidanza, in quanto può comprometterne l’esito. «In genere, questo disturbo cutaneo non viene ritenuto contagioso, ma è possibile che i virus alla base della manifestazione possano trasmettersi per droplets, cioè attraverso quelle goccioline di saliva più grandi che si emettono starnutendo, tossendo o semplicemente parlando», avverte l’esperto.


Quali sono i sintomi della pitiriasi rosea di Gibert 

Il primo segno della pitiriasi rosea di Gibert è la cosiddetta “chiazza madre”, una macchia rotonda (oppure ovoidale) dalle dimensioni variabili, da 2-3 centimetri fino a 8-10 centimetri, il cui colorito è roseo con una zona centrale più chiara rispetto al bordo, che spesso appare più rosso, finemente desquamato e leggermente in rilievo.

«A distanza di qualche giorno, compaiono ulteriori chiazze di aspetto analogo, ma tipicamente più piccole, che talvolta si dispongono con un aspetto “ad albero di Natale”, in maniera simmetrica sul corpo. Spesso, ma non sempre, questa eruzione cutanea è preceduta da segni di malessere generale, come stanchezza, febbricola, dolori muscolari, difficoltà di concentrazione o gastroenterite, che possono passare inosservati oppure far ipotizzare una patologia simil-influenzale», ammette l’esperto.


Quali sono le cause della pitiriasi rosea di Gibert 

Seppure le cause non siano ancora state del tutto accertate, sembra che alla base della pitiriasi rosea di Gibert ci sia la risposta dell’organismo a un’infezione virale.

«Un possibile “indiziato” è stato identificato in due ceppi dell’Herpes Virus, HHV6 e HHV7, responsabili anche della sesta malattia dell’infanzia», descrive il dottor Ascari Raccagni. «È possibile che questi virus si riattivino nel corso della vita, a causa di un abbassamento delle difese immunitarie, ma sono comunque rarissimi i casi di recidiva dopo il primo episodio».


Come si diagnostica la pitiriasi rosea di Gibert 

La diagnosi della pitiriasi rosea di Gibert si basa sull’esame obiettivo: non è sempre semplice, soprattutto quando non si riesce a riconoscere la “chiazza madre”, ma è fondamentale sia per evitare terapie inutili sia per distinguere la pitiriasi rosea di Gibert da altre malattie della pelle, in particolare le dermatiti allergiche da contatto o la pitiriasi versicolor, un’infezione cutanea di origine micotica che necessita di un trattamento specifico.


Come si tratta la pitiriasi rosea di Gibert 

Non esiste una terapia specifica per la pitiriasi rosea di Gibert, perché le chiazze tendono a regredire spontaneamente nell’arco di 6-8 settimane, senza lasciare alcun esito (discromie o cicatrici) sulla pelle.

«Qualora però insorgano prurito intenso o disagio cutaneo, si può ricorrere a una terapia cortisonica o antistaminica da assumere per via orale, in modo da evitare che il paziente grattandosi possa procurarsi una sovra infezione batterica delle stesse chiazze. Alcune accortezze, invece, sono valide per tutti: detergere la zona colpita con un sapone neutro, mantenere la pelle idratata con una crema particolarmente ricca ed esporsi con moderazione al sole, che in piccole dosi può risultare addirittura benefico», riferisce il dottor Ascari Raccagni.

«Al contrario, è importante evitare la detersione con saponi disinfettanti o troppo aggressivi, ma anche di indossare capi di abbigliamento sintetici, preferendo il cotone o altri filati naturali, meglio se di colore chiaro e comunque non blu o nero per evitare ulteriore irritazione».


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