La malattia parodontale, più nota come piorrea, affligge il 70% della popolazione italiana (dati Oms) ed è una delle cause principali della perdita dei denti.
È provocata da alcuni germi killer, come il temibile Porphyromonas gingivalis o il Fusobacterium nucleatum, che aggrediscono prima le gengive, che iniziano a sanguinare e ad arretrare e poi colonizzano tutto il sistema di sostegno del dente, distruggendolo.
Oggi però esiste un nuovo approccio integrato per curare a fondo questa infezione cronica e mantenere una dentatura a prova di sorriso.
Il test che identifica i batteri
«Il primo step prevede un test che identifica quali e quante specie batteriche si annidano nelle tasche parodontali, “serbatoi” posti sotto il bordo gengivale dove i germi cattivi si replicano indisturbati perché, da lì, non riescono a stanarli né lo spazzolino, né gli antisettici o gli antibiotici», spiega il dottor Francesco Martelli, odontoiatra (parodontite.it).
«Il dentista introduce delle punte di carta sterile nelle tasche e poi le invia in laboratorio. Una volta esaminate sarà possibile stilare un identikit del potenziale offensivo della malattia e programmare un piano terapeutico adeguato».
Il trattamento personalizzato
La nuova strategia di cura si articola in due fasi.
«La prima consiste in sedute di ablazione del tartaro realizzate sotto il controllo di un microscopio operatorio, grazie al quale il medico elimina la placca senza dover incidere la gengiva come succedeva con i trattamenti tradizionali», spiega l’esperto.
«La seconda fase prevede sessioni di laser al neodimio (il numero varia da 4 a 10) che decontaminano in profondità le tasche. Non solo: oltre a uccidere i batteri e a eliminare l’infiammazione, il raggio laser stimola le cellule staminali, grazie alle quali l’osso e gli altri tessuti si rigenerano, inducendo un processo che dà nuova forza al sistema di sostegno del dente. Il trattamento è indolore (in genere non serve l’anestesia) e gli effetti curativi durano per sempre, a patto che si rispettino le regole di prevenzione. Il costo è in media di 6000 €. Per valutare la frequenza dei controlli successivi viene prescritto un test genetico su un campione di saliva, al fine di scoprire come il sistema immunitario sintetizza l’interleuchina 1 (fattore che favorisce l’infiammazione parodontale) e la 10 (che invece la contrasta)», spiega il dottor Martelli.
«Se la produzione della prima prevale e quella della seconda è deficitaria saranno necessarie sedute di igiene orale più ravvicinate e integratori a base di interleuchina 10 da assumere a cicli».
A rischio la salute
La parodontite può diventare un nemico della salute generale.
«Dalle tasche parodontali le tossine batteriche possono migrare nel flusso sanguigno, aumentando il rischio di disturbi cardiovascolari, demenza senile, Alzheimer e malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide», spiega il dottor Martelli.
«Le ultime ricerche, inoltre, suggeriscono un collegamento tra alcuni batteri della parodontite e un aumento delle probabilità di sviluppare ben 22 tumori (in particolare quello al colon retto)», dice l’esperto.
La malattia è nemica anche della gravidanza: aumenta il rischio della nascita di bimbi prematuri e sottopeso. Al primo problema di gengive subito dal dentista.
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Articolo pubblicato sul n. 14 di Starbene in edicola dal 20/03/2018