Chanel ha fatto sfilare le sue modelle scalze sulla sabbia; Jill Sanders, Tod’s, Miu Miu e Sergio Rossi riportano sulle passerelle scarpe superflat in versione lusso; le influencer, da Chiara Ferragni a Olivia Palermo, hanno ormai sdoganato ogni tipo di calzatura rasente al suolo. Insomma, la moda ci sta dicendo che è ora di tornare con i piedi per terra.
«Da anni gli stilisti leggono lo street style e lo codificano nelle loro collezioni», spiega Alon Siman-Tov che coordina l’area Shoes & Accessories Design della scuola Ied Moda Milano. «Ecco perché si divertono a reinterpretare le calzature secondo quello che adesso chiede la gente: ritorno alla natura, contatto con la terra, più attenzione alla salute: non solo quindi tessuti e accessori green ma anche modelli più comodi». Che partendo da sandali, mules, sneakers e ballerine si evolvono fino a incontrare un nuovo stile: il barefoot, la tendenza dei prossimi anni.
Basso non significa salutare
In realtà le calzature rasoterra, anche se comode e belle, non sono sinonimo di salute. Un sondaggio dell’Associazione podologi statunitensi ha mostrato come sette donne su dieci hanno dolori e infiammazioni provocate proprio da ballerine e infradito mentre quelle che indossano scarpe basse ma con il plateau hanno spesso male alla schiena a causa di un’alterazione della camminata.
«In realtà, ogni tipo di calzatura tradizionale, dallo stiletto alla ballerina, alla scarpa da ginnastica superammortizzata, deforma i nostri piedi», spiega Federico Luzi, fisioterapista e osteopata.
«Nel tempo ha creato disturbi e patologie oggi diffusissime, come l’alluce valgo, la fascite plantare o il neuroma di Morton, il classico dolore bruciante sul dorso. Fino ai problemi alla schiena, proprio nei punti dove arrivano le terminazioni nervose che partono dai piedi. È così che siamo arrivati al paradosso di costruire altre calzature, sempre più protettive, per risolvere problemi creati proprio dalle scarpe».
Ed è per allentare i dolori alla schiena che comunemente si consiglia il tacco basso o un minimo rialzo. «Il mezzo tacco o la soletta però agiscono come l’antidolorifico, sciolgono la tensione ai tendini ma non risolvono il problema», continua Luzi.
«Se sto tutti i giorni su qualche centimetro di gomma anziché a terra, il mio corpo è sempre in cerca di un equilibrio, il baricentro si sposta continuamente e i muscoli restano in tensione. A questo punto si interviene con le scarpe rialzate, ammortizzate, con suole ortopediche e comode. Ma confortevole non vuol dire sempre buono, non bisogna confondere la sensazione con la soluzione».
Il piede deve essere libero
Il “rasoterra style” davvero salutare è solo uno: stare scalzi. Peccato che avere a disposizione un prato o una spiaggia per poterlo fare tutti i giorni in sicurezza non è così facile. È per questo che si stanno diffondendo le barefoot, cioè le scarpe che mimano la camminata scalza.
È un tipo di calzatura che lascia il piede libero di fare il piede. «Cioè di muoversi liberamente, percepire le asperità del terreno e comportarsi di conseguenza influenzando equilibrio e postura», spiega Davis Incerti, responsabile del Centro formazione test e sviluppo di Laboratorio corsa.
«Le barefoot sono minimal e hanno caratteristiche precise: leggerissime, elastiche e flessibili come un calzino, senza drop, cioè la differenza di altezza tra tacco e punta, né ammortizzazione. E sono molto larghe davanti per lasciare libere le dita di muoversi. In pratica danno la sensazione di essere scalzi ma protetti, per esempio da vetri, sassi appuntiti, superfici calde o gelide».
L’opposto di quello che fanno le calzature normali: costringono il piede all’interno di una struttura rigida che, come una fasciatura, blocca le sue funzioni e lo disabitua ai movimenti naturali. «In realtà il nostro corpo è una macchina perfetta: i piedi, come diceva Leonardo Da Vinci, sono un capolavoro di ingegneria, già studiati per ammortizzare e i recettori sulla pianta portano al cervello stimoli funzionali», spiega Daniele Vecchioni, fondatore del movimento Correre naturale.
Le barefoot, inoltre, consentono al piede di tornare a essere un organo di senso. «I recettori podalici prendono le informazioni dal terreno e le trasmettono al cervello che ci dice come spingere con il tallone a terra, atterrare dopo un salto», continua Luzi che è anche responsabile internazionale dei Barefoot Training Specialist. «Tutte funzioni che oggi non vengono svolte più dai piedi ma dalle calzature perché suole e ammortizzazioni hanno inibito le abilità propriocettive».
Una tendenza che diventerà moda
Barefoot non è solo un tipo di scarpa ma anche una tendenza che sta prendendo piede in tutta Europa. In Italia aumentano ogni giorno seminari e workshop sul tema e anche podologi e fisioterapisti li seguono perché si moltiplicano gli studi scientifici che dimostrano come sia salutare per tutti. Per esempio quello dell’Harvard Medical School, che conferma come le scarpe minimal prevengano e spesso risolvano i problemi alla schiena (dai un’occhiata al documentario shoespiracy.tv).
Perché la tendenza diventi anche moda bisogna superare qualche step. «Commercializzare queste scarpe per i grandi marchi è difficile perché non vanno solo vendute ma anche spiegate: passare da un’ammortizzata o un tacco a una drop zero non è facile, vuol dire cominciare a usare funzioni che il piede ha dimenticato, bisogna prima riallenarlo», aggiunge Davis Incerti.
Oggi sono soprattutto gli sportivi a chiedere scarpe minimal per la vita quotidiana, così i marchi specializzati si moltiplicano e strizzano l’occhio al design, sfornando modelli casual e attraenti per tutti.
L’americano Lems ha aperto diverse filiali in Europa mentre il leader europeo Vivobarefoot fa proseliti anche in Italia dove su Facebook nascono gruppi d’acquisto. «In Italia la transizione sarà più lenta perché le barefoot hanno forme molto diverse da quelle alle quali siamo abituati. Ma l’evoluzione è in atto e tra pochi anni sarà un’esplosione di modelli minimal» assicura Alon Siman-Tov.
Piacciono ai runner
La tendenza barefoot nasce nell’ambito del running, dopo il successo planetario di Born to run, il libro in cui il giornalista e runner Christopher McDougall racconta il suo viaggio sulle tracce dei Tarahumara, una popolazione messicana di grandi runner che corrono decine di chilometri in condizioni estreme senza fatica, senza infortuni e con scarpe minimal.
Seguendo il trend del running barefoot in Usa, in Italia qualche anno fa Vibram, azienda leader mondiale nella produzione di suole, ha creato le FiveFingers, le scarpe che separano le dita e che sono ancora l’unico esperimento italiano di barefoot.
«Anche da noi per anni l’interesse è rimasto confinato all’ambito sportivo ma adesso notiamo un cambiamento» dice Sergio Rossato, Training network & events coordinator di Vibram. «Nello shop online, dove chiediamo al cliente di spiegare lo scopo dell’acquisto, prima era in cima “running”, poi “fitness”, adesso “casual”».
Il training per passare alle barefoot
Passare da anni di tacchi o di scarpe ammortizzare alle barefoot all’inizio può essere difficile. «Il piede deve essere rieducato», spiega Daniele Vecchioni, barefoot training specialist che ha ideato un metodo per reimparare a camminare e correre in maniera naturale.
«Occorre fare esercizi di mobilità, per esempio allenare le dita a muoversi autonomamente l’una dall’altra, alzando prima solo l’alluce e poi le altre dita e viceversa».
Vecchioni spiega i movimenti nei video del suo canale YouTube Correre naturale e nell’omonimo libro edito da Sperling& Kupfer (16 €, correrenaturale.com). L’associazione Barefoot Training Specialist Italia organizza sul tema seminari e corsi aperti a tutti (facebook.com/barefootitalia).
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Articolo pubblicato nel n° 18 di Starbene in edicola dal 16 aprile 2019