Si definisce otorrea la fuoriuscita dall’orecchio di materiale che può essere acquoso, sieroso, con tracce ematiche oppure purulento: non si tratta di una patologia, ma del sintomo di una condizione sottostante.
«Talvolta si accompagna ad altri segni e sintomi associati, come dolore all’orecchio, febbre, prurito, vertigini, acufeni e calo uditivo», spiega il dottor Gianfranco Niedda, responsabile dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria del G.B. Mangioni Hospital di Lecco.
Quali sono le cause dell'otorrea
Fra le principali cause di otorrea c’è l’otite media acuta, che spesso si sviluppa dopo un raffreddore, un’influenza o altre infezioni delle vie respiratorie superiori, perché virus o batteri possono diffondersi all’orecchio medio attraverso la tromba di Eustachio, che collega l’orecchio medio alla faringe.
«Quando si infiamma, questo canale non riesce più a regolare correttamente la pressione nell’orecchio medio e quest’ultimo può riempirsi di fluidi, creando un ambiente favorevole per lo sviluppo di infezioni che predispongono alla perforazione timpanica», descrive il dottor Niedda. «Questa forma di otite ha un esordio acuto ed è caratterizzata da un calo uditivo e dal dolore che precede l’otorrea: piuttosto tipico è il fatto che, dopo la fuoriuscita di liquido, il dolore all’orecchio si attenua, perché diminuisce la tensione sulla membrana timpanica».
Un’altra causa frequente di otorrea è l’otite media cronica, che si differenzia da quella acuta perché solitamente persiste per un lungo periodo di tempo, può creare un’otorrea ricorrente e, di solito, non si associa a dolore.
E poi c’è l’otite esterna, un’infezione che interessa la cute del condotto uditivo esterno. «Di solito, oltre all’otorrea, questa forma di otite è caratterizzata anche da prurito e da un dolore che compare soprattutto aprendo la bocca, appoggiando la testa sul cuscino o compiendo una qualunque azione che determini anche un movimento del condotto uditivo», aggiunge l’esperto.
Come si diagnostica l'otorrea
La diagnosi di otorrea richiede una valutazione medica, che include innanzitutto un’anamnesi dettagliata (per raccogliere informazioni sui sintomi, sulla durata del problema, su eventuali dolori all’orecchio, sulla presenza di febbre, su un calo uditivo, su manovre inappropriate di pulizia del condotto uditivo o su traumi recenti) e un esame otoscopico con una toilette auricolare mediante aspirazione.
Un altro ausilio diagnostico è l’esame audiometrico (per valutare la funzionalità uditiva e determinare se ci sono perdite uditive a carico del nervo acustico, ossia un danno neurosensoriale nelle forme più gravi di otite) ed esami di imaging, come la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica per valutare le strutture interne dell’orecchio.
«Questi ultimi test sono utili nelle otiti croniche con colesteatoma, dove si ha una crescita anomala di tessuto cutaneo nella cassa timpanica», specifica il dottor Niedda. «La caratteristica di queste otiti è l’otorrea fetida, caratterizzata dalla fuoriuscita di un liquido maleodorante».
Come si cura l'otorrea
Il trattamento dell’otorrea dipende dalla causa determinante. Si ricorre a una terapia antibiotica in caso di otite media acuta, mentre nella forma cronica e in quella esterna si ricorre solitamente a gocce auricolari antibiotiche (i batteri che causano l’otite esterna o l’otite cronica sono ben noti) con corticosteroidi oppure a gocce antimicotiche nelle forme causate da funghi, oltre che a disinfettanti locali. L’otite con colesteatoma richiede invece un approccio chirurgico.
«Meglio evitare i rimedi fai-da-te, come le gocce di olio di oliva o altri rimedi della nonna instillati direttamente nel condotto uditivo», raccomanda il dottor Niedda. «Limitiamoci a pulire delicatamente la zona ed evitiamo di chiudere le orecchie con garze o cotone: impedire il drenaggio spontaneo del pus rischia di aggravare l’infezione».
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