Buona parte delle proteine che introduciamo ogni giorno con l’alimentazione viene utilizzata dall’organismo per svariate funzioni biologiche, mentre la quota in eccedenza viene degradata dal fegato. L’azoto che ne deriva viene eliminato sotto forma di ammoniaca che, in quanto tossica per il corpo, viene a sua volta trasformata in urea, una sostanza di scarto espulsa con le urine. Può succedere che qualcosa non vada per il verso giusto, per cui questi “rifiuti” iniziano ad accumularsi nel sangue.
«A quel punto, negli esami di routine, può capitare di osservare un rialzo dell’azotemia, che misura proprio la concentrazione ematica di urea», spiega la dottoressa Mariacristina Gregorini, segretario della Società italiana di nefrologia e direttore della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi e del Dipartimento Medicina Specialistica dell’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia. «Questo valore non va mai considerato da solo, ma deve sempre essere valutato insieme al dosaggio della creatinina, un altro prodotto di scarto che si forma nel corso dell’attività muscolare e che, come l’urea, viene filtrata dai reni ed espulsa con le urine. Infatti, solo la valutazione congiunta dei valori di questi due esami e del loro rapporto permette una stima adeguata della funzione dei reni».
Perché l’azotemia aumenta
Azotemia (o urea) e creatinina sono due paramenti fondamentali per accertare la funzionalità renale. Sono noti anche come indici di ritenzione azotata e aumentano quando i reni perdono la loro efficienza.
«Se a essere alterata è solamente l’azotemia, mentre la creatinina risulta normale o leggermente mossa, la causa del rialzo potrebbe essere “funzionale”, legata a uno stato di grave disidratazione, per esempio, oppure a una dieta troppo ricca di proteine, come accade in chi assume integratori per aumentare la massa muscolare, o magari secondaria a un’alterazione severa del metabolismo come negli stati ipercatabolici, non così infrequenti nei pazienti allettati per lungo tempo», evidenzia la dottoressa Gregorini.
Teniamo conto che i valori normali di azotemia sono compresi tra 15 e 50 milligrammi per decilitro di sangue, seppure con qualche piccola variazione fra i vari laboratori di analisi, per cui disidratazione o dieta (a cui invece la creatininemia è meno sensibile) possono alzare l’asticella di qualche punto. Ma si tratta di condizioni reversibili. «Se l’aumento è più significativo e va “a braccetto” con quello della creatinina, il sospetto di danno renale è forte», ammette l’esperta.
Cosa bisogna fare se azotemia e creatinina sono alte
Per poter parlare di danno renale cronico, è necessario che il rialzo di azotemia e creatinina perduri per almeno tre mesi, per cui il medico curante dovrà approfondire gli esami, prima di una eventuale consulenza nefrologica.
Fondamentale è aggiungere l’esame delle urine: qui, in condizioni di normalità, le proteine dovrebbero essere assenti, per cui il riscontro di una proteinuria rappresenta un ulteriore campanello d’allarme», tiene a precisare la dottoressa Gregorini. «A quel punto, sarà un nefrologo a stabilire quali ulteriori test di laboratorio o strumentali saranno necessari per arrivare a una diagnosi certa, in base all’età del paziente, all’anamnesi, ai sintomi e alla familiarità per alcune patologie».
Quali sono le cause dell'azotemia alta
Alla base di un’azotemia alta, dunque, ci possono essere tutte le principali malattie renali, come le glomerulonefriti, caratterizzate da un processo infiammatorio che coinvolge i glomeruli (piccoli filtri presenti nei reni che permettono di rimuovere i prodotti di scarto dal sangue) e ne compromette sia la capacità filtrante sia quella di trattenere le proteine, evitandone la perdita nelle urine.
Un altro gruppo di patologie renali ha come base l’ereditarietà: parliamo, per esempio, della malattia del rene policistico o della sindrome di Alport, causate da particolari mutazioni genetiche che le rendono trasmissibili alla prole. Oppure ci sono condizioni associate a disturbi urologici, come nel caso della calcolosi renale, o processi infettivi (come la cistite) dove l’agente patogeno che li causa riesce talvolta a risalire fino al rene, sviluppando delle pielonefriti. Infine ci sono le cosiddette nefropatie secondarie, così chiamate perché conseguenti a differenti condizioni patologiche, come ipertensione arteriosa, diabete e altri dismetabolismi.
«Il vero problema è che qualunque malattia renale, se non opportunamente diagnosticata e curata, rischia di evolvere verso un’insufficienza d’organo, una condizione che può essere acuta oppure cronica», illustra la dottoressa Gregorini. «La prima è caratterizzata da una rapida perdita della funzionalità renale che, se curata rapidamente, in molti casi può regredire anche fino alla completa guarigione, mentre l’insufficienza renale cronica è sostenuta da un danno irreversibile e tende a progredire, in un tempo più o meno lungo, verso lo stadio più avanzato della malattia, quando si rende necessario il ricorso a terapie sostitutive come la dialisi o il trapianto».
Come si previene l'azotemia alta
Facendo un bilancio finale: non si tratta di prevenire l’azotemia alta, ma di mantenere i reni in salute con uno stile di vita sano, che comprenda una corretta alimentazione, un’adeguata introduzione di liquidi, una regolare attività fisica, l’astensione dal fumo di sigaretta e un uso accorto dei farmaci potenzialmente nefrotossici, come gli antinfiammatori, da assumere solo su indicazione medica.
Se invece si presentano già dei fattori di rischio (come obesità, diabete, ipertensione o una malattia cardiovascolare aterosclerotica), bisogna adottare misure preventive quali diagnosi precoce e trattamento tempestivo per prevenire ulteriori complicazioni. «Questo significa sottoporsi con regolarità a un esame del sangue e delle urine, ma anche trattare le varie condizioni patologiche con le apposite terapie», sottolinea la nefrologa. «Le patologie renali sono subdole, perché silenti: questi organi hanno una grande riserva funzionale, nel senso che la loro funzione deve essere gravemente compromessa perché si presentino sintomi importanti, quindi ci si può accorgere molto tardi del problema».
Non sottovalutiamo però le gambe gonfie e le urine molto schiumose oppure di colore rosso o marrone. «Anche in uno stato di apparente benessere, questi segni devono subito portare a un approfondimento, in cui la valutazione della creatinina, dell’azotemia e dell’esame delle urine rientrano a pieno titolo», conclude l’esperta, ricordando che l’esecuzione di questi test può permettere di diagnosticare e curare precocemente una possibile malattia renale, bloccando così la sua pericolosa evoluzione.
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