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Nervo vago: come stimolarlo per spegnere l’ansia

Il nervo vago collega il cervello a tutti gli organi del corpo, per prendersi cura di te. Un coach francese ti spiega come e perché stimolarlo per ritrovare la pace interiore e smettere di giocare sempre in difesa



Stress, ansia, diffidenza: sono solo alcuni degli effetti imputabili a un sistema nervoso che, simile a un allarme antincendio rotto, si accende anche in assenza di fiamme e ti fa vivere in uno stato d’allerta. Vuoi sapere come tornare a farlo funzionare? Te lo spiega il coach Ludovic Leroux, autore di Il Nervo Vago. Addio a stress, ansia e timidezza (ed. Lswr), ovvero 224 pagine zeppe di esercizi e suggerimenti per imparare a stimolare nel modo giusto il nervo vago e rafforzare la sicurezza interiore.


Lei afferma che nella maggior parte delle persone il sistema nervoso autonomo è mal regolato e sempre in allerta...

«La funzione del sistema nervoso autonomo è quella di mantenerci in vita e, proprio per questo, passa il tempo a chiedersi “sono al sicuro”? Per farlo raccoglie informazioni sia all’interno sia all’esterno del nostro corpo. Quando, però, è mal regolato, rimane in modalità sopravvivenza anche se non ci sono informazioni di pericolo intorno o dentro di noi. La tensione continua può essere il risultato di traumi passati o situazioni ansiogene che si sono protratte nel tempo, e per questo il sistema nervoso centrale non vuole saperne di tornare a “riposare”. Come se volesse anticipare ogni possibile pericolo».


Ma possiamo riconoscere cosa accade dentro di noi?

«Sì, grazie alla Teoria Polivagale: sviluppata negli anni Novanta dallo psicologo e neuroscienziato americano Stephen Porges, ci aiuta a capire meglio il nostro comportamento e quello degli altri. Si basa sulla comprensione del sistema nervoso autonomo, che l’esperto suddivide in 3 stati: il dorsale-vagale, cioè il ramo dorsale del nervo vago, alla base di immobilità, inibizione, scoraggiamento, mancanza di energia, paura; il sistema simpatico, all’origine dei nostri comportamenti in cui spendiamo energia come rabbia, brontolio, sentirsi sempre attaccati, ma anche della tendenza a compiacere tutti o a sottrarsi alle proprie responsabilità con buone scuse.

Infine, c’è il ventrale vagale: il ramo ventrale del nervo vago, responsabile della nostra capacità di connetterci con gli altri e con noi stessi, dove ci sentiamo al sicuro per andare avanti nella vita, rischiare, osare. La Teoria Polivagale ci insegna a prendere coscienza delle esperienze che viviamo ogni giorno e a rimodellare il nostro sistema nervoso se ci comportiamo in modo inappropriato in determinate situazioni».


Ansia e stress: che rapporto hanno con il nervo vago?

«Il nervo vago fa parte del sistema parasimpatico e collega il cervello a tutti gli organi. Il suo scopo è riportarci in modalità di riposo e calma inibendo il sistema simpatico, che è responsabile della fuga e della lotta. Perciò, non appena siamo fuori pericolo, si attiva per ricondurci alla tranquillità. Stress e ansia, invece, sono attivazioni del nostro sistema simpatico (lotta/fuga), con la funzione di allertarci e permetterci di fuggire o combattere.

Il problema però non sono loro due, ma la nostra incapacità di reagire. Se non siamo in grado di utilizzare l’energia generata dallo stress perché la situazione non è presente (per esempio, ci agitiamo il giorno prima di un esame), rischiamo di trovarci congelati. Con questa forza che invia un messaggio di emergenza al nostro cervello perché non possiamo rispondere alla situazione pericolosa (la prova). Imparando a stimolare il nervo vago, invece, miglioriamo la capacità di tornare alla calma dopo uno stato di allerta inappropriato».


Quali attività sono utili per regolare il nervo vago?

«Nel mio libro suggerisco diversi esercizi. Ci sono i meccanici, utilizzati talvolta da fisioterapisti o osteopati attraverso determinati movimenti; i fisici, che mettono il corpo in movimento: si va dallo yoga al Pilates, passando per alcune attività sportive molto utili per chi ha un sistema nervoso vagale dorsale mal regolato, in quanto permettono di uscire da uno stato di immobilità in modo dolce, senza affrettarsi o sforzarsi troppo.

E poi i respiratori, che sono il metodo migliore per stimolare il nostro sistema nervoso. La coerenza cardiaca, per esempio, è un’ottima tecnica per sollecitare il nostro nervo vago, a patto di eseguirla correttamente ed essere consapevoli di ciò che si sta facendo. Ci sono, infine, gli esercizi per la mente, come la meditazione, che concedono al sistema nervoso una pausa per farci tornare in contatto con il corpo».


In che modo si possono “mettere da parte” le reazioni di lotta o fuga?

«Sono del tutto naturali e appartengono alla risposta del sistema nervoso di fronte a una situazione di pericolo. Siamo felici di averle quando dobbiamo fuggire oppure respingere un aggressore per strada. L’obiettivo, quindi, non è metterle da parte ma imparare ad adattarle. Non c’è dubbio che passare il tempo a scappare dalle nostre responsabilità, da ciò che ci spaventa nella vita o anche a combattere senza sosta non sia l’ideale. Occorre, perciò, attivare la modalità di lotta o fuga quando è necessario e saper tornare a quella di calma (stato ventrale-vagale) nel momento in cui il pericolo non c’è più.

Per esempio, non c’è motivo di alterarsi per una situazione passata se si vive un momento di tranquillità: è inappropriato. Non è l’ideale assumersi la responsabilità di ciò che ci spaventa nella vita, e nemmeno lottare sempre, perché ci stanchiamo di farlo. Lo scopo è attivare la modalità di lotta o fuga solo se è necessaria e adeguata alla situazione, per poi saper tornare a quella di calma (ventrale vagale) nel momento in cui il rischio è passato. Non occorre arrabbiarsi per qualcosa che è successo prima quando si è seduti tranquillamente sul divano. Tuttavia, impiegando l’energia del sistema simpatico si cerca di rispondere a una situazione che non esiste. Questa “forza” rimane, quindi, bloccata nel corpo, rivelandosi dannosa per la nostra salute psicologica, emotiva e fisica».


C’è un sistema d’allarme che ci comunica se siamo o no al sicuro?

«È la neurocezione, ovvero la capacità del nostro sistema nervoso di percepire e rispondere al pericolo senza bisogno della nostra coscienza, che ci arriva qualche tempo dopo, osservando che la temperatura del corpo è aumentata. Il suo scopo non è aiutarci a eliminare paure e insicurezze. Noi vogliamo eliminare queste due emozioni perché non ne comprendiamo la funzione, ma paura e insicurezza non sono negative: sono le risposte a un’esperienza che stiamo vivendo.

La paura ci aiuta a reagire a una situazione di pericolo e il vero problema non è lei, ma il nostro rapporto con lei. Gli esseri umani hanno la sfortunata tendenza a volersi separare da ciò che è sgradevole senza cercare di comprenderlo. Ma è sviluppando la nostra sicurezza interiore, grazie soprattutto al nervo vago, che possiamo incontrare le nostre paure e liberarle, anziché fuggire da esse o combatterle rimanendo in modalità di sopravvivenza».


2 esercizi per allenare la neurocezione

Sono utili per aiutare a riconoscere le sensazioni che viviamo, senza percepirle come una minaccia.

1. PROSSIMITÀ

In coppia, mettetevi uno di fronte all’altro, a 4-5 metri, e concentratevi su ciò che il corpo vi dice. Fate un passo per avvicinarvi e osservate cosa cambia in voi. Se vi sentite a vostro agio, fate un altro passo e ricominciate a osservarvi. Continuate ad avvicinarvi e, ogni volta, scoprite cosa succede nel corpo. La minima sensazione, tensione, deglutizione o leggera agitazione, il rallentamento del respiro o il restare in apnea per qualche secondo segnalano che sta accadendo qualcosa. Sarà il cervello a rassicurarvi, quando avrà stabilito che non siete in pericolo.

2. SGUARDO

In coppia, scambiatevi tre sguardi diversi. Per prima cosa, osserva l’altra persona in modo scocciato, come se fossi arrabbiato con lei. Naturalmente, sarà il destinatario dello sguardo a osservare le sensazioni del corpo nel momento in cui riceve l’informazione. Mantieni per 20". Poi, passa a un’occhiata neutra, persa nel vuoto, sempre della durata di 20". Chi la riceve osserverà nuovamente le sue sensazioni. Infine, termina con uno sguardo dolce, caloroso, come se volessi trasmettere amore, per altri 20". Chi viene guardato si concentrerà di nuovo sulle sensazioni del corpo. Alla fine scambiatevi i ruoli.


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