Tumore alle ovaie, Nancy Brilli: «Cambiare rotta si può»

Condividere la propria storia con le altre donne è un passo importante nella lotta contro il tumore ovarico. A darci l’esempio è una delle attrici più amate



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La conosciamo tutti. O forse crediamo di conoscerla. Sì, perché da anni Nancy Brilli ci fa ridere con le sue battute ironiche e ci incanta con il suo sex appeal, ma pochi sanno che per moltissimo tempo ha dovuto calcare le scene in compagnia di una malattia che di allegro e seducente non ha proprio nulla. La patologia con cui Nancy ha dovuto fare i conti si chiama tumore alle ovaie: un problema serio che colpisce circa 5300 donne l’anno, insidioso perché non ha sintomi specifici e quindi la diagnosi arriva spesso tardi, quando la malattia è già a uno stadio avanzato.

Ma le cose stanno cambiando, ci sono tante novità, di cui si è parlato nel settembre 2023 alla presentazione del progetto “Cambiamo rotta”, promosso con il patrocinio di ACTO Italia-Alleanza contro il Tumore Ovarico ETS e sponsorizzato da GSK e Roche. Nancy Brilli era la madrina dell’evento e ha voluto condividere con il pubblico il racconto della sua esperienza, che noi di Starbene abbiamo ripreso con un’intervista.


Nancy, come ha fatto ad accorgersi della malattia?

Tutto ha avuto inizio all’età di 30 anni, quando decisi di recarmi dal dermatologo per capire il motivo di un grande e improvviso sfogo cutaneo sulle spalle e sulla zona della mascella. Si erano formate tante piccole bolle. Lo specialista mi mandò urgentemente dal ginecologo, spiegandomi che quella era una “zona ovarica” ossia legata a problemi dell’ovaio.


Quale fu la prima reazione?

Visse la notizia da sola o la condivise con i suoi cari? Ebbi una reazione come di stupore. Mi confidai subito con il mio fidanzato di allora, ma non fu una bella esperienza.


Come fu il rapporto con i medici?

Devo dire molto spiccio e poco chiaro. In ogni caso l’operazione fu rapida e precisa. In quel frangente scoprii di avere anche l’endometriosi.


Cosa le dissero in relazione alla possibilità di diventare mamma?

L’avevano esclusa tassativamente: ho una cartella clinica con scritto “sterile”. E invece ho avuto la grazia di avere Francesco.


Lei ha subito ben sette interventi, quindi la malattia se l’è portata dietro per molti anni, anche dopo la nascita di suo figlio...

Ne ho fatti ben otto. Quando ho dovuto affrontare l’ultimo, e definitivo, il medico me lo ha comunicato dicendo “diamo una bella pulita”. Vorrei vedere come reagirebbe un uomo di fronte a una frase di questo genere!


Ha detto di aver vissuto la menopausa due volte. È stata dura?

La menopausa è già un momento di passaggio problematico per una donna, viverlo due volte e come esito di cure oncologiche lo è ancora di più. La prima menopausa, chimica, conseguenza più che altro dell’endometriosi, fu un disastro. Ebbi tutti i sintomi del climaterio, e fu molto difficile riuscire a far tornare il ciclo. La seconda, chirurgica, fu tamponata per un periodo dagli ormoni sostititivi, poi ho dovuto affrontare soprattutto malesseri dovuti all’insonnia.


La malattia ha avuto ripercussioni o condizionato il suo lavoro?

Mi è capitato di non essere ingaggiata per un lavoro perché “non assicurabile”. Bello non è.


Quale messaggio vuole lanciare alle donne?

Occorre tenersi sotto controllo e insegnare alle proprie figlie ad andare fin dalle prime mestruazioni a farsi visitare. La prevenzione fa molto!


Un libro per saperne di più

Cambiamo rotta è il libro bianco illustrato di voci, bisogni e proposte delle donne con tumore ovarico promosso da ACTO Italia e scaricabile gratuitamente sul sito acto-italia.org. Contiene informazioni sui controlli, i sintomi, la diagnosi e un capitolo dedicato ai test genetici e genomici. Parla del percorso di cura ma anche dell'impatto della malattia sulla fertilità e sessualità. Dalla ricerca realizzata da ACTO Italia su oltre 100 pazienti e con il contributo di oltre 20 professionisti tra clinici ed esperti emerge che oltre la metà di chi ne soffre ha un peggioramento della vita sessuale ma solo nel 16% dei casi si cerca un supporto dallo psicologo e nel 12% dal ginecologo. Nessuna donna si è rivolta al sessuologo. Un altro tema affrontato è la ripresa dell’attività professionale. Le condizioni lavorative risultano peggiorate per il 65% delle pazienti e quelle economiche per il 53%.


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