Nel 1970 Richard Ablin, professore di immunobiologia all’Università di Tucson, Arizona, scopre l’antigene prostatico specifico, noto a tutti come Psa. Un semplice esame del sangue che può dire, in un’analisi di laboratorio, come sta (e starà) la prostata. Una rivoluzione, poi ridimensionata dal suo stesso scopritore. Perché? Lo dice lo stesso Ablin: lo screening massiccio basato solo su questo indicatore di attività dell’organo (che non è un marker tumorale) può diventare un boomerang. In effetti, con l’avvento del Psa, negli USA è seguita una medicalizzazione di massa e a un certo punto si arrivati a sacrificare prostate per prevenire tumori che, per le loro caratteristiche di sviluppo, non avrebbero ucciso il paziente neanche in 90 anni. Oggi il Psa rimane un esame prezioso, se unito alla visita urologica e altri test: bastava non contare solo su di lui, dice la scienza, col senno di poi. Ma se il Psa è stato uno dei primi esami “predittivi” della medicina, ben diversa è la Medicina predittiva dei nostri giorni, quella che, studiando le mutazioni dei nostri geni, e quindi il nostro Dna, sa dirti oggi che cosa rischi (rischi, non avrai di sicuro!) in futuro in termini di salute, per darti una grande opportunità: cambiare davvero il corso della tua storia medica.
La sfera di cristallo del Dna si trova a Genova
Cinque milioni e mezzo di euro da spendere in una ricerca di tipo genetico. Non è da tutti ricevere un riconoscimento del genere e, soprattutto, così tangibile. Per questo Genova, e il suo Istituto Gaslini, con altri 10 Centri italiani (l’Istituto ne è coordinatore e Centro di riferimento) nei prossimi anni diventerà la “sfera di cristallo” che ci dirà come staranno e cosa devono cambiare nella loro vita 5000 famiglie, a partire dai neonati fino ai loro genitori. E se funzionerà con loro, funzionerà per tutti, anche per noi.
«Oggi sta emergendo in maniera chiara che molte patologie, soprattutto quelle degenerative e infiammatorie, hanno le loro radici in una predisposizione genetica e nelle situazioni ambientali in cui vivono le persone, più lo stile di vita adottato», spiega il professor Angelo Ravelli, direttore scientifico dell’Istituto Gaslini e ordinario di pediatria all’Università di Genova. «In particolare la nostra ricerca si è concentrata su obesità, diabete, tumori pediatrici e malattie infiammatorie autoimmuni, coinvolgendo alcune migliaia di bambini per studiarne il corredo genetico alla ricerca di mutazioni e anomalie comuni a questi gruppi di malattie».
Dunque il prelievo di sangue e il sequenziamento genetico di questa popolazione dirà, anzi predirà chi potrà sviluppare in futuro una delle quattro malattie del secolo.
Predico, dunque prevengo
Ma avere una mutazione genetica che predispone a una certa malattia non garantisce di averla nel corso della crescita, quantifica solo un rischio. «E ci dà subito ampio margine per intervenire e minimizzarlo», spiega il professor Ravelli. «Con maggiori e più mirati controlli periodici, o con particolari attenzioni a non far mancare certi alimenti nella nostra dieta. Ma non ci limiteremo a studiare i più piccoli: sono infatti coinvolti nello studio genetico molti adulti che sono obesi, hanno il diabete o delle malattie infiammatorie, per prevenire futuri problemi cardiovascolari. In particolare terremo conto delle mutazioni associate alle malattie infiammatorie perché oggi sappiamo che hanno un impatto importante anche sul cuore, provocando infarti, aterosclerosi e ictus. La scommessa di questo studio è paragonare le alterazioni genetiche che troviamo nei bambini a quelle che troveremo negli adulti: se corrispondono due più due farà quattro».
Non solo genetica
Ma se il rischio si porta scritto nel proprio DNA, le sue probabilità di trasformarsi in malattia devono fare i conti con le nostre condizioni di vita.
«Un grande vantaggio, perché se non si possono ancora correggere tutte le anomalie genetiche, si può certo intervenire sulle nostre abitudini. Per questo la Medicina predittiva deve tenere conto dell’origine geografica, della storia e della condizione familiare (il bambino obeso di solito ha genitori o fratelli in sovrappeso)», spiega il professore. «I questionari della ricerca valutano anche le abitudini alimentari e l’introito di cibi (quantità e qualità), elementi senza i quali non è possibile dare un peso a quello che siamo geneticamente e a quello che facciamo».
I segreti dei tumori
Un tema scottante affrontato dalla ricerca in atto sono i tumori pediatrici, che fa paura non solo per l’impatto emotivo, ma per la sua espansione (è la seconda causa di morte in giovane età). Secondo i dati dell’Istituto per la salute del Bambino Gesù di Roma, ogni anno in Italia 1400 bambini sotto i 14 anni devono curarsi per queste malattie, e ben 800 adolescenti ne sono coinvolti: la buona notizia è che la medicina ne salva l’80%.
«E noi vogliamo che quella predittiva aumenti questa percentuale, individuando precocemente chi rischia di più e facendo controlli più stringenti», spiega Ravelli. «Studieremo quindi bambini guariti dai tumori e adulti con tumori: crediamo che i punti di contatto genetici saranno rivelatori». I tumori che colpiscono i bambini sono soprattutto le leucemie, i linfomi, i neuroblastomi (del sistema nervoso) e i sarcomi (dei tessuti molli). «Attenzione a parte diamo a quelli cerebrali, molto diffusi in giovane età. Ma anche se i tumori degli adulti sono diversi, pensiamo che alcuni meccanismi della loro comparsa e crescita siano simili», aggiunge l’esperto.
La sindrome della paura
Un “difetto” della Medicina predittiva è in teoria quello di cui parlava lo scopritore del Psa: fatti gli esami, convivere con la consapevolezza che probabilmente ci si ammalerà. «Ma ne vale la pena. La scoperta della mutazione BCRA (associata a un sensibile aumento del rischio di ammalarsi di tumore al seno), per esempio, ha salvato molte vite», commenta il professore.
«La Medicina predittiva è il futuro proprio perché ci consente adesso di mettere in atto tutta una serie di precauzioni che ci possono evitare il peggio. Un esempio? Sapendo che c’è il rischio di un tumore cerebrale, guarderemo eventuali cefalee persistenti o un abbassamento della vista in modo più attento, e senza lesinare in esami specifici». Un futuro, quello della medicina che predice, che è oggetto di grandi studi ma è già realtà. Sono infatti diversi i Centri dove oggi, su richiesta medica è possibile fare dei test genetici: dall’Istituto Tumori di Milano all’Ospedale San Raffaele, dalla Multimedica al Centro Diagnostico.
Dalla radiomica alla nutrigenetica
Abbiamo imparato che cos’è e quanto pesa un algoritmo utilizzando Google. Ma anche la Medicina di precisione, e quindi quella predittiva si avvalgono della Radiomica che, grazie ai computer, converte immagini, esami e informazioni mediche in dati numerici.
«Un lavoro su enormi quantità di dati che ci permettono di fare le nostre ricerche», spiega il professor Ravelli. Da qui parte anche un’altra “figlia” della Medicina predittiva, la nutrigenetica, che mette in relazione le caratteristiche genetiche delle persone con l’alimentazione e il metabolismo. Ad oggi, per esempio, ha portato avanti importanti ricerche sull’acido folico, ma anche sul gene SOD2, che combatte i radicali liberi, e gli Omega 3, che sembrano utili nei processi infiammatori legati al gene interleuchina IL-6.
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