di Alessandra Sessa
La formula della longevità include sicuramente il movimento. Già, perché decine di studi scientifici hanno dimostrato come l’attività fisica, moderata e regolare, giochi un ruolo fondamentale nel diluire gli effetti dell’invecchiamento. Un po’ come un antiruggine. In che modo e per quale motivo lo abbiamo chiesto a un esperto di medicina preventiva: il dottor Damiano Galimberti, presidente dell’AMIA - Associazione Medici Italiani Anti- aging, dietologo e nutrizionista.
«A titolo generale, bisogna sottolineare che esistono due protagonisti-chiave nell’invecchiamento: l’infiammazione (intesa come condizione cronica che logora l’organismo) e lo stress ossidativo (l’azione dei radicali liberi che si può paragonare alla ruggine). Se poi si somma il sovrappeso, dovuto a cattive abitudini alimentari e all’inattività fisica, col passare dell’età si cade in uno stato di “inflammaging” (infiammazione + aging), e “adipaging” (adipe + aging) che porta a invecchiare prematuramente. Gli studi clinici, infatti, mostrano con evidenza come l’accumulo di tessuto adiposo in eccesso favorisca i processi ossidativi e infiammatori, portando inesorabilmente gli organi a uno stato di progressiva disfunzionalità».
In poche parole, meno ci si muove, più si ingrassa e prima si invecchia. Ecco allora come intervenire in tempo per rallentare l’orologio biologico grazie al movimento.
Lei ha studiato “sul campo” la relazione tra longevità e attività fisica...
Insieme all’equipe del prof. Calogero Caruso dell’Università di Palermo abbiamo fatto uno studio sui centenari della Sicilia nell’area della Madonìa. Nello specifico si è visto come uno degli elementi focali della longevità fosse l’attività motoria, quotidiana e di resistenza. Ossia le persone più longeve vivevano in zone collinari e tutti i giorni si spostavano in bici o camminando, affrontando salite e discese, a cominciare dalle scale di casa. In pratica, è risultata evidente l’associazione tra la costanza dell’attività fisica e il miglioramento della salute che contrasta anche l’invecchiamento. Senza dimenticare altri fattori come l’alimentazione a chilometro zero, l’assenza di inquinamento e la rete di rapporti sociali.
È vero che l’attività fisica protegge le nostre cellule?
Alcuni studi hanno mostrato come gli atleti, e chi in generale svolge allenamento regolare, presentino una maggiore protezione cellulare (espressa nei telomeri, ossia «cappucci» posti sulla parte terminale dei cromosomi che proteggono l’integrità del DNA) rispetto ai non atleti, o sedentari. Tuttavia più sport non equivale a più longevità.
Quale e quanta attività fisica è meglio praticare allora?
Diverse ricerche hanno mostrato come l’attività fisica moderata sia migliore, in un’ottica di prevenzione, rispetto a quella di forte intensità. Si è visto, infatti, che eccedere nell’esercizio fisico porterebbe addirittura a un maggiore rischio di malattia rispetto alla sedentarietà, e addirittura doppio rispetto a chi svolge attività lieve. Per intenderci, vanno benissimo gli esercizi di resistenza attuati a corpo libero o con piccoli pesi, come cavigliere e polsiere, mentre gli sforzi intensi da culturista, con i bilancieri, non favoriscono la longevità, anzi! Ottime, in questo senso, sono la ginnastica in acqua, che applica una leggera resistenza, la bicicletta, la camminata veloce, e anche la corsetta, purché non sia la maratona. Insomma, movimento sì, ma nella giusta dose!
Con che frequenza settimanale si dovrebbe fare attività?
Basterebbero tre o quattro volte a settimana (con un minimo di 200 minuti settimanali) o, meglio ancora, praticare 30 minuti di attività leggera tutti i giorni all’aria aperta, anche in inverno, per ottimizzare l’introduzione di ossigeno nell’organismo.
Quanto conta la respirazione?
Saper respirare bene è fondamentale per diverse ragioni: aumenta la capacità polmonare, attiva il metabolismo, aiuta a bruciare i grassi, ossigena la pelle, migliora il sonno e favorisce il rilassamento. Lo yoga, ad esempio, è consigliatissimo perché consente di prendere consapevolezza del proprio respiro aumentandone l’ampiezza e la profondità. La respirazione addominale, infatti, ossigena gli organi interni, il corpo e il cervello, e porta ad eliminare le scorie combattendo lo stress e il senso di affaticamento, due mali tipici dell’era in cui viviamo.
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