Un problema estetico e funzionale. Ha una doppia (e pericolosa) anima l’atrofia ossea mascellare, una condizione piuttosto diffusa e dovuta alla diminuzione progressiva della quantità di osso a livello dell’arcata superiore della bocca. «A determinarla possono essere molteplici fattori», spiega il dottor Ettore Madaro, responsabile della Chirurgia maxillo facciale dell’ospedale Koelliker di Torino.
«La causa più comune è il naturale processo di invecchiamento, perché nel tempo l’organismo si “deteriora” in tutte le sue componenti, ossa comprese. C’è chi è più predisposto al problema per colpa di aspetti genetici o comportamenti errati, come una cattiva igiene orale, l’abitudine al fumo di tabacco oppure un mancato o inadeguato trattamento delle parodontopatie, dove l’infiammazione può spostarsi dai tessuti gengivali più superficiali fino a coinvolgere le strutture profonde che fissano il dente nella sua sede. Ma la perdita di tessuto osseo mascellare può essere dovuta anche a cause traumatiche, come cadute o incidenti, oppure chirurgiche, come nel caso di qualche intervento di resezione per asportare un tumore del cavo orale». Curiosità: pur interessando sia uomini sia donne, il genere femminile corre un piccolo rischio in più con l’avvento della menopausa. Il calo degli estrogeni, infatti, condiziona in modo significativo il processo di rimodellamento osseo, attraverso il quale l’osso vecchio viene rimpiazzato da quello nuovo.
Quali sono le conseguenze dell'atrofia ossea mascellare
Quando l’osso si impoverisce, viene compromessa la stabilità dei denti, fino a giungere alla loro perdita definitiva. A quel punto, la zona edentula (cioè priva di denti) non riceve più le normali sollecitazioni imposte dalla masticazione, che provoca una rigenerazione ossea naturale: ciò significa che, poco per volta, diminuiscono ulteriormente la densità e le dimensioni dell’osso, che si riassorbe diminuendo di volume e diventando sempre più fragile. Tante sono le conseguenze che ne derivano: difficoltà di masticazione, variazioni nella fisionomia del viso, problemi nella vita di relazione e disagio psicologico.
A tutto questo si somma anche l’impossibilità di intervenire con l’implantologia: «Siccome a livello del mascellare sono presenti delle strutture anatomiche vuote, ovvero le cavità nasali e i seni mascellari, man mano che l’osso si alza viene a mancare una quantità sufficiente di volume osseo per contenere delle radici artificiali e inserire gli impianti dentali», descrive il dottor Madaro. Per fortuna, negli ultimi anni, sono state affinate svariate tecniche per risolvere il problema e riempire lo spazio vuoto all’interno della struttura per rendere possibile l’innesto e stabilire la corretta tipologia di impianto da posizionare in quel sito.
Che cosa sono gli impianti zigomatici
Fino a qualche anno fa, l’unica soluzione possibile era la rigenerazione ossea, una particolare tecnica di ricostruzione che consente di riconfigurare i giusti volumi ossei e procedere in un secondo tempo con l’implantologia: «Esistono diverse metodiche per attuarla», racconta il dottor Madaro. «La prima è una sorta di autotrapianto, che consiste nel prelevare l’osso da un’altra parte del corpo, normalmente dall’anca o dalla mandibola, per poi innestarlo nella gengiva. In alternativa si può ricorrere a un osso artificiale, costituito da materiale sintetico derivante dall’ingegneria tissutale e normalmente di origine bovina, oppure a un osso omologo, prelevato da cadavere attraverso le cosiddette banche dell’osso».
I limiti della rigenerazione ossea sono però i tempi di guarigione, perché occorrono almeno 6-8 mesi perché il nuovo osso si integri completamente con quello del paziente, in modo da supportare poi gli impianti. «Se questa rigenerazione non è possibile oppure se il paziente non vuole attendere i tempi di guarigione, una soluzione più rapida sono gli impianti zigomatici, che vengono ancorati direttamente nelle ossa dello zigomo. Fra il 2004 e il 2007, sedici studi multicentrici li hanno descritti come un’ottima risorsa terapeutica nelle gravi atrofie a livello mascellare, ma nel 2006 il professor James Chow del Brånemark Osseointegration Center di Hong Kong ha dimostrato addirittura la possibilità di utilizzarli eseguendo il carico immediato».
Come si tratta
L’intervento di riabilitazione mediante gli impianti zigomatici rappresenta una tecnica ancora poco nota in Italia, che consente di posizionare i denti fissi nell’arcata superiore nell’arco di 24-36 ore con una chirurgia sicura, eseguita quasi sempre in anestesia generale. «L’importante è intervenire, qualunque sia la tecnica scelta, perché l’assenza di denti non è solamente una questione estetica», tiene a precisare il dottor Madaro.
«A causa della mal occlusione possono insorgere problemi a carico dell’articolazione temporo-mandibolare, che spesso portano a cefalee e ripercussioni addirittura su tutta la colonna vertebrale. Senza contare il fatto che la ridotta efficienza masticatoria impedisce al cibo di arrivare allo stomaco ben triturato, con possibili problemi gastrici e intestinali perché gli organi digestivi faticano di più nella loro funzione», conclude l’esperto.
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