Mal di schiena: scopri di che tipo è il tuo dolore

Se vuoi intervenire al meglio e trovare sollievo occorre prima di tutto stabilire di che tipo è. Per poi mettere in atto le tecniche più indicate, tutte basate su una soluzione: il movimento



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Otto ore dietro alla scrivania. Poi torni a casa tenendo gli occhi incollati allo smartphone. E per finire, concludi la serata guardando una serie tv sul tablet, “affondando” sul divano. Così, a furia di mantenere a lungo posizioni forzate e a causa della mancanza di movimento eccolo lì che spunta, il dolore: un meccanismo innescato dal corpo per evitare di peggiorare la situazione.

Un “settore” che non conosce crisi: «Secondo i dati scientifici e la mia esperienza, sono in aumento le situazioni in cui tende a protrarsi a lungo e a cronicizzarsi, come nel caso di mal di schiena e dolori cervicali», spiega il dottor Pietro Marconi, fisioterapista esperto in esercizio terapeutico e movimento a Milano.

296664Il perché? «Quando fastidi e rigidità iniziano a farsi sentire non si corre subito ai ripari. Piuttosto, si tende a rimandare finché il corpo non ce la fa più. Ma a quel punto intervenire diventa complicato», avverte l’esperto. Che sull'argomento ha appena scritto un libro, Vivi senza dolori! (Red! 16,50 €). A lui abbiamo chiesto come classificare il dolore che ci attanaglia e il modo per affrontarlo.


Dottor Marconi, anche il dolore ha le sue differenze...

Sì, e viene classificato in acuto, cronico e sub-acuto.


Può spiegarle?

Il primo è causato da una lesione, un danno ai tessuti o una malattia acuta. Di solito dura al massimo trenta giorni, può essere intenso e comparire all’improvviso. È quello, per esempio, provocato da interventi chirurgici, traumi e contratture muscolari. Può avere bisogno di una terapia medica, come nel caso di fratture o strappi, che però non è sempre necessaria, vedi per esempio il colpo della strega, le contratture muscolari e le distorsioni della caviglia che non presentano frattura.


Poi c'è quello cronico...

In genere dura più di tre mesi. Costante o intermittente, può continuare a manifestarsi anche dopo la guarigione e cambiare nel tempo. È dovuto a una serie di fattori che si influenzano a vicenda e portano a muoversi poco, fra cui stress, alimentazione, disidratazione e sonno. Alcuni esempi possono essere mal di schiena cronico, sciatica, cervicalgia, ma anche malattie come artrite reumatoide e fibromialgia. Inoltre, più tempo si convive con il dolore, più la nostra esperienza ce lo farà avvertire, anche se non è strettamente collegato a un danno effettivo presente.


Ci sono anche delle sfumature...

Sì, fra i due troviamo quello sub-acuto. Dovuto a un trauma, dura più di 30 giorni ma meno di 3 mesi. Può essere il seguito di un dolore acuto in via di guarigione oppure gestito male. E in quest’ultimo caso c’è la possibilità che si trasformi in cronico.


Come si affrontano?

Per il dolore acuto serve innanzitutto riposo, per un periodo che va da 4 a 10 giorni. Inoltre, c'è un protocollo da seguire, che prende l’acronimo di PEACE and LOVE: “P” sta per protezione, cioè bisogna proteggere l’arto infortunato ed evitare movimenti che potrebbero far aumentare il dolore; “E” significa elevazione, ovvero occorre tenere la parte dolente sollevata per agevolare circolazione sanguigna e il ritorno venoso; “A” indica antinfiammatori, che vanno evitati poiché il processo infiammatorio favorisce la guarigione; “C” sta per compressione, che si mette in atto con un bendaggio in modo da ostacolare il versamento del sangue e stimolare la circolazione; infine c’è “E”, ovvero educare il paziente su cosa fare.


E LOVE?

Viene applicato superati i primi giorni. La “L” indica load (in inglese "caricare”), poiché occorre cominciare a stimolare la parte infortunata in modo progressivo con movimenti graduali; “O” sta per ottimismo, che significa farsi guidare in maniera sicura dal professionista più indicato; “V” vuol dire vascolarizzazione, che prevede l’esecuzione di esercizi aerobici per stimolare la circolazione sanguigna, riducendo i tempi di recupero; infine c’è la “E” di esercizio.


Per quello cronico?

La sua caratteristica principale è quella di portare a un movimento limitato oppure a escluderne alcuni, quindi a renderti sempre più rigido e a “ostacolarti” quando esegui le tue attività. Prendiamo come esempio un mal di schiena che si presenta al mattino o dopo aver passato molte ore seduti. Di solito il dolore si attenua quando si flette oppure si estende la colonna, perciò durante le prime fasi si punta su esercizi incentrati sul movimento che genera sollievo.

Dopo questo primo step, dedicato alla disinfiammazione e al recupero della mobilità, si uniscono i movimenti dedicati al rinforzo muscolare. Nel caso del mal di schiena sono coinvolti soprattutto i muscoli del core, fra cui addominali profondi ed erettori spinali, attraverso esercizi come il plank, che presenta molte varianti. Quindi, si inseriscono quelli funzionali, che possono essere composti dal movimento di braccia e gambe e simulano i gesti che eseguiamo tutti i giorni, come squat e affondi, per esempio.


Più sciolti con due soli esercizi

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1. Prova il “cat and cow”

In quadrupedia, inspira e, gradualmente, inarca la schiena (A); il movimento parte dal bacino facendo poi avvicinare le scapole tra loro ed estendere il capo. Ora, espira e inverti i movimenti: la testa si flette, le scapole si allontanano, il bacino ruota in retroversione e la pancia si sgonfia fino a espellere tutta l’aria (B). Ripeti 10 respirazioni per 3 serie.


2966622. Adesso passa alla mobilizzazione lombare in rotazione.

Mettiti supina, con le gambe piegate, i piedi a terra e le braccia distese lungo i fianchi (A). A questo punto ruota le gambe a destra e poi a sinistra (B), cercando di toccare con il ginocchio il pavimento. Ripeti 8 volte per parte. Completa per 2 serie.



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