Logopedia, quando ce n’è davvero bisogno

Un bambino che non parla presto e bene genera ansia nei genitori. Ma spesso è solo questione di tempo. Impara a riconoscere i casi in cui serve lo specialista



di Ida Macchi


Molti bambini piccoli non parlano bene o non lo fanno per niente. In Italia, come nel resto d’Europa, hanno difficoltà di linguaggio il 10% dei bimbi in età prescolare e il 5-6% degli over 6 anni. L’allarme è stato lanciato all’ultimo congresso della Federazione Logopedisti Italiani. Non si tratta però di un’epidemia o di un nuovo trend legato alla società odierna: oggi c’è “solo” una maggiore attenzione nei confronti dei disturbi del linguaggio dei più piccoli.

«Un atteggiamento positivo», commenta Silvana Quadrino, psicologa e psicoterapeuta della famiglia. «Sui banchi di scuola, dove viene privilegiata la parola, i bambini che si esprimono poco e male possono avere problemi che limitano sia il loro apprendimento, sia il loro sviluppo emotivo: possono diventare introversi o isolarsi. Oppure,  vivere come un calvario l’esperienza scolastica». Monitorare lo sviluppo linguistico del proprio figlio è perciò importante, e mamma e papà sono i primi che possono far da “sentinelle” al fiorire delle parole del loro bambino, intervenendo, quando è il caso, per stimolarlo.

Le tappe dello sviluppo
Il linguaggio evolve seguendo delle fasi. «È tutto ok se il bebè, sin da quando è allattato al seno, è in grado di “agganciare” lo sguardo della mamma e se, anche senza parole, entra in comunicazione con lei», spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani. «Nei primi 12 mesi di vita lo sviluppo linguistico è adeguato se il piccolo, anche se meno loquace dei suoi coetanei, segue i suoi interlocutori con lo sguardo, sorride, è espressivo, sa chiedere e farsi capire, anche con i gesti. Nessuna preoccupazione anche quando, intorno alla metà del secondo anno, si esprime solo con frasi semplici di due elementi, espresse in stile telegrafico (“via babbo”, o “dai pappa”). Molto bene se intorno ai 2 anni il bambino sa pronunciare circa 50 parole: è il segno che svilupperà, negli anni che seguono, un lessico ricco e corretto».

 

L’identikit dei parlatori tardivi
Le tappe del linguaggio non vengono raggiunte con la stessa tempistica da tutti: esistono i cosiddetti parlatori tardivi, piccoli assolutamente normali che, a 2-3 anni, quasi non spiccicano parola. Nulla di strano: hanno solo tempi di rielaborazione e di maturazione diversi. «Il segreto, perciò, è stimolarli», spiega Rossetto. «È importante che i genitori non sottolineino le loro parole storpiate o che le ripetano, facendo il verso. Non devono far finta di non capire quel che il piccolo dice, trovare simpatico il suo modo di esprimersi, ma riformulare in modo chiaro quello che vuol comunicare, e mai con tono di rimprovero ». «Utili i momenti di socializzazione con altri bimbi, portandolo ai giardinetti o in una ludoteca», dice Quadrino. «Il confronto tra pari può funzionare da acceleratore del linguaggio: persino i più pigri, per non sentirsi tagliati fuori, sono stimolati a parlare meglio e di più. Fondamentale anche leggere loro le fiabe, sin dall'inizio: grazie al legame affettivo che si crea durante l’ascolto, il bambino arricchisce naturalmente di suoni e parole il suo vocabolario».

I campanelli d’allarme
«Attenzione invece se, nonostante gli stimoli, dopo qualche mese del primo anno di asilo il bimbo parla poco, farfuglia o produce parole che solo la mamma capisce», sottolinea Rossetto. «Non va bene anche se il bambino ha improvvisamente una regressione e, da attento e chiacchierino, diventa silenzioso o indifferente: in questi casi rivolgiti al pediatra», avverte la dottoressa Quadrino. «Valuterà se interpellare un logopedista dell’età evolutiva: è lo specialista del linguaggio dei piccoli che, attraverso test e anamnesi, può diagnosticare un’immaturità linguistica. Se è così, consiglia un ciclo di sedute di logopedia di circa un’ora, durante le quali stimolerà lo sviluppo del linguaggio attraverso il gioco». «Quando si diverte, il piccolo non si sente giudicato e, incoraggiato attraverso la stimolazione di suoni (tombole con la voce degli animali), libri, video o giochi di ruolo (con pupazzi o burattini), riesce pian piano a riappropriarsi di un repertorio linguistico adeguato», conclude Rossetto. «Il numero di sedute necessarie varia a seconda del problema, ma il recupero è tanto più rapido, quanto più precoci sono gli interventi».

Gli indirizzi
Gli specialisti del linguaggio lavorano sia nelle strutture per l’età evolutiva pubbliche sia nel privato. In genere, le cure convenzionate con il SSN consistono in cicli di 10 sedute e vengono garantite con il solo pagamento del ticket. In privato, invece, il costo di una seduta è mediamente di 50 euro. Per identificare lo specialista più vicino al proprio luogo di residenza, si può consultare il sito della Federazione Logopedisti Italiani (fli.it), dove trovi un elenco in cui sono registrati più di 3000 specialisti doc (sia pubblici sia privati), suddivisi per regione

Articolo pubblicato sul n.25 di Starbene in edicola dal 09/06/2015

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