di Cinzia Testa
Uno studio italiano a firma dell’équipe della ricercatrice immunologa Chiara Bonini e dello specialista in ematologia Fabio Ciceri, entrambi dell’ospedale San Raffaele di Milano, potrebbe dare inizio al count down per la cura delle leucemie. Le premesse ci sono e lo dimostra il fatto che la ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science translational medicine e presentata a ben due importanti congressi americani, a dicembre 2015 e ora, a febbraio.
I risultati ottenuti sono il frutto di anni di lavoro. Tutto inizia nel 2000: quando alcuni pazienti con leucemia acuta, dieci per l’esattezza, vengono sottoposti a un trapianto di midollo osseo da donatore familiare parzialmente compatibile. A questi pazienti, che hanno accettato di fare parte della sperimentazione, sono state infuse particolari cellule del sistema immunitario del donatore (linfociti T), modificate geneticamente per renderle più combattive nei confronti della malattia. Ma cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratta con l’aiuto della dottoressa Chiara Bonini.
Che cosa sono di preciso i linfociti T?
Per dare un’idea, sono come un grande esercito che difende l’organismo dalle malattie. Ma come in tutti gli eserciti, anche in questo i soldati sono raggruppati in battaglioni con compiti diversi. Così, per esempio, alcuni hanno le armi giuste per riconoscere le cellule aggredite dal virus dell’influenza; altri quelle colpite dal virus della varicella e così via. Ed esistono anche alcuni linfociti T che sono in grado di riconoscere le cellule tumorali.
Quindi, i linfociti T non sono tutti uguali…
Tutti i linfociti T hanno sulla superficie un recettore, cioè una specie di chiave, chiamato Tcr. Che è diverso a seconda del battaglione di appartenenza. Alcuni di loro hanno un tipo di Tcr che riesce per l’appunto a colpire la cellula oncogena.
Che cos’hanno di particolare i linfociti T anti-cancro?
Nel battaglione che ha come compito quello di colpire le cellule oncogene, sono reclutati anche dei veri e propri guerrieri. Questi hanno la particolarità di persistere nell’organismo a lungo per continuare a difenderlo dalle cellule tumorali. Lo studio pubblicato ha permesso di identificare proprio questo sottotipo di linfociti T capaci di resistere nel tempo e che si chiamano memory stem T cells.
Ne abbiamo a sufficienza nell’organismo?
Purtroppo sono pochi. Ed è per questo che i ricercatori le hanno modificate geneticamente: attraverso una particolare tecnologia, è stato tolto il recettore Tcr, naturalmente presente, e sostituito con una copia modificata, decisamente più potente e in grado di armare questi linfociti. Ed è proprio grazie a questa modifica che i memory stem T cells sono diventati super agguerriti contro le cellule oncogene.
Questa terapia è già disponibile?
Non ancora. Ora è necessario trovare dei finanziamenti che permettano ai ricercatori, non solo ai nostri, ma anche a quelli di altri gruppi internazionali, di continuare gli studi sui linfociti T “anticancro”. I tempi a quel punto non sarebbero molto lunghi. E si potrebbe ottenere una terapia in grado di combattere più efficacemente le leucemie.
19 febbraio 2016
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