Le hai sollevate, bagnate con acqua fredda, fatto movimento. Eppure, le tue gambe non si sono sgonfiate completamente. E non lo fanno neanche adesso, anche se l'estate è passata e il caldo è sopportabile. Come mai? Potrebbe trattarsi di linfedema, un ristagno di liquidi dovuto a un “ingorgo” del sistema linfatico. Un problema non solo estetico, considerato che a lungo andare può compromettere la corretta ossigenazione dei tessuti causando arrossamenti, eczemi, dermatiti e perfino ulcere e infezioni.
«Si stima che in Italia ci siano almeno 2 milioni di persone che soffrono di linfedema, con circa 40 mila nuovi casi ogni anno: sono soprattutto donne, ma non mancano anche gli uomini», spiega Corrado Campisi, docente a contratto di chirurgia plastica all’Università di Catania e presidente del Congresso Mondiale di Linfologia ISL (International Society of Lymphology). «Il linfedema può essere congenito, dovuto a malformazioni del sistema linfatico presenti alla nascita, oppure legato a sbalzi ormonali, come quelli della gravidanza o della menopausa. Molti casi, però, sono secondari all’asportazione di linfonodi e alla radioterapia cui si ricorre in oncologia per il trattamento di alcuni tumori».
Primo step: decongestionare
Per capire che qualcosa non va basta un dito: se premendolo sulla caviglia o la gamba si forma per qualche secondo una fossetta, significa che potrebbe esserci una disfunzione linfatica.
Per fare una diagnosi più accurata si possono eseguire due esami strumentali: l’ecocolordoppler, in modo da verificare se il linfedema si accompagna a un’insufficienza venosa, e la linfoscintigrafia, che attraverso l’iniezione di un radiofarmaco debolmente radioattivo permette di visualizzare le condizioni del sistema linfatico. Per trattare il linfedema si punta innanzitutto su una terapia fisica decongestionante, che prevede diverse opzioni. La prima è quella del linfodrenaggio manuale, una tecnica di massaggio che attraverso movimenti lenti e delicati, dal piede verso l’inguine, riattiva i linfonodi e favorisce il riassorbimento dei liquidi in eccesso.
«Il trattamento va fatto da una a tre volte a settimana, per due o tre settimane. Spesso viene proposto anche nelle cliniche estetiche, ma andrebbe praticato da operatori sanitari specializzati perché, se eseguito male, può perfino peggiorare la situazione», ammonisce Campisi. Il linfodrenaggio può essere fatto anche in maniera meccanica, indossando dei gambali con scomparti gonfiabili che esercitano una pressione uniforme o graduata sulle gambe. «In genere, per avere risultati serve almeno una decina di sedute da 40-60 minuti ciascuna» aggiunge l’esperto.
Il bendaggio compressivo prima delle calze elastiche
Un’altra opzione che si può aggiungere alle precedenti è quella del bendaggio compressivo, utile soprattutto nella fase acuta, prima di passare alle calze elastiche. Consiste nell’applicazione di vari strati di bende (a secco o medicate con ossido di zinco, dalla funzione antinfiammatoria) che esercitano una pressione sulla gamba.
«Si tengono almeno 6-8 ore, per esempio di notte, oppure un giorno intero o più a seconda della necessità, perché nonostante l’ingombro permettono comunque di vestirsi e muoversi», ricorda Campisi. «In genere vengono messe dal medico o dal fisioterapista, ma esistono anche tecniche di autobendaggio che il paziente può fare a casa».
Quando affidarsi alla chirurgia
Se questo metodo conservativo (supportato dall’assunzione di farmaci come diuretici e benzopironi) non è sufficiente, allora si può prendere in considerazione l’opzione microchirugica, che con un approccio mininvasivo è in grado di risolvere l’ingorgo linfatico prevenendo le recidive.
«I risultati migliori si ottengono con la creazione di bypass tra vasi linfatici e vene, ovvero dei “canali” che permettono di aggirare l’ostruzione e scaricare la linfa direttamente nel circolo sanguigno. L’intervento, in anestesia locale o spinale, richiede un ricovero breve di due o tre giorni e consente di tornare a una vita normale dopo una decina», spiega Corrado Campisi. «In alcuni casi si può ricorrere anche all’autotrapianto di linfonodi, che vengono presi da altre parti del corpo come l’addome, l’ascella o sotto il mento: l’intervento però è più lungo e invasivo, con risultati che si vedono solo dopo alcuni mesi».
Occhio alla cellulite
L’accumulo di adiposità localizzate sulle gambe e nella zone dei glutei può essere la spia di un particolare tipo di insufficienza linfatica chiamata lipolinfedema.
«Generalmente questa condizione si manifesta con una cellulite importante e un gonfiore alle gambe che peggiora dalla mattina alla sera e nel corso dei mesi, spesso accompagnato da formicolii e sensazione di pesantezza, talvolta anche ematomi ed ecchimosi», spiega il professor Corrado Campisi. «Come trattamento, dopo l’intervento di microchirurgia per risolvere il problema linfatico, si può ricorrere a una liposuzione a ultrasuoni. Questa permette di sciogliere il tessuto adiposo e fibrotico facilitandone l’aspirazione, in modo da provocare meno lividi e garantire un recupero più rapido».
Sì alla dieta chetogenica
Sovrappeso e obesità sono un importante fattore di rischio per il linfedema: dunque, è fondamentale ridurre le calorie per controllare il peso, idratarsi correttamente e aumentare il consumo di fibre da frutta e verdura. Ma le diete convenzionali risultano spesso inefficaci, soprattutto in caso di lipolinfedema, ovvero gonfiore accompagnato da un anomalo accumulo di grasso.
Sempre più studi scientifici supportano invece l’efficacia di quelle chetogeniche a basso contenuto di carboidrati e lipidi, particolarmente utili per ridurre gonfiore, dolore e infiammazione. Sconsigliate, invece, le diete iperproteiche e il consumo eccessivo di grassi e sale, che favoriscono la ritenzione idrica. Il medico può consigliare tisane e integratori drenanti, soprattutto ad alta concentrazione di cumarine, molecole naturali che tonificano i capillari sanguigni.
Acqua che cura
Se soffri di linfedema concediti qualche giorno alle terme oppure iscriviti in piscina: idrochinesiterapia, nuoto e aquagym sono un toccasana per le gambe, perché la pressione esercitata dall’acqua agisce come una calza elastica, agevolando il ritorno venoso e linfatico.
«Ma tutto lo sport in generale fa bene perché attiva i muscoli delle gambe che, contraendosi, agiscono come una pompa, favorendo la circolazione linfatica», osserva il professor Corrado Campisi. «Fra le attività più consigliate ci sono anche bicicletta e camminata veloce: l’importante è non esagerare ed evitare traumatismi».
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