La prolattina è un ormone prodotto dall’ipofisi, una ghiandola che ha le dimensioni di un pisello ed è situata alla base del cranio. Nelle donne, svolge due compiti principali: stimola la produzione di latte materno durante la fase di allattamento e regola il ciclo mestruale. «Generalmente, sono definiti normali valori di prolattina fino a 25 nanogrammi per millilitro, ng/ml, nella donna non in stato di gravidanza e fino a 20 ng/ml nell’uomo», descrive il dottor Antonio Caretto, endocrinologo al Città di Lecce Hospital. «Il riscontro di iperprolattinemia, ovvero livelli superiori a quelli fisiologici necessita sempre di un approfondimento e di un’accurata interpretazione».
Iperprolattinemia: quali sono i sintomi
Anche se i livelli di prolattina non sono sempre costanti nel sangue (per esempio, aumentano durante la notte, in fase di ovulazione e nel corso della gravidanza), alcuni incrementi non sono fisiologici e rappresentano un’alterazione estranea alla normale attività dell’organismo. Nella maggior parte dei casi, l’iperprolattinemia si manifesta con alterazioni del ciclo mestruale, come amenorrea (assenza di mestruazioni) oppure oligomenorrea (un ciclo abbastanza lungo, ovvero superiore ai 35 giorni e inferiore ai 90). «Si tratta di una delle conseguenze dell’ipogonadismo che può derivare dall’iperprolattinemia: le ovaie smettono di produrre ormoni a sufficienza, aprendo la strada a diverse conseguenze, fra cui l’irregolarità mestruale, appunto, e un’infertilità dovute a una riduzione del corretto stimolo ipofisario», racconta il dottor Caretto.
«Un altro sintomo tipico è la galattorrea, cioè una secrezione inspiegabile di latte da parte della ghiandola mammaria. Questa è possibile anche nelle donne già in menopausa, ma in misura minore». Nell’uomo, invece, l’iperprolattinemia può comportare infertilità (a causa dell’ipogonadismo, non viene più prodotta un’adeguata quantità di spermatozoi perfettamente maturi e funzionali), disfunzione erettile, ginecomastia (ingrossamento del tessuto mammario) e diminuzione del desiderio sessuale. «Quando l’iperprolattinemia è dovuta a un tumore ipofisario, poi, si può manifestare anche una riduzione del campo visivo, soprattutto nelle porzioni laterali della vista: l’ipofisi, infatti, è alloggiata poco dietro il chiasma ottico, il punto del cervello dove si incrociano i nervi ottici. Un’eventuale compressione di quella zona può determinare disturbi del campo visivo e può essere presente anche mal di testa», tiene a precisare l’esperto.
Quali sono le cause dell'iperprolattinemia
Spesso, l’eccessivo aumento della prolattina è legato all’uso prolungato di alcuni farmaci, in particolare antipsicotici, antidepressivi, procinetici, antiemetici e antidispeptici. «Anche le sostanze d’abuso, come le droghe, oppure l’alcol possono aumentare i livelli di prolattina», riferisce il dottor Caretto. Talvolta, invece, l’iperprolattinemia può avere un’origine patologica, come nel caso degli adenomi ipofisari, tumori benigni dell’ipofisi che si classificano in micro o macro adenomi, a seconda che il loro diametro sia inferiore o superiore al centimetro.
Come si fa la diagnosi di iperprolattinemia
L’iperprolattinemia si diagnostica misurando i livelli dell’ormone nel sangue: in genere, è necessario che i livelli di prolattina vengano misurati su almeno due campioni di sangue, prelevati in condizioni di riposo e relativa tranquillità a distanza di circa 20-30 minuti l’uno dall’altro. «Lo stress, magari dovuto all’agitazione per il prelievo di sangue, stimola la produzione ormonale e può alterare i risultati, alzando i livelli di prolattina anche fino a 40-60 ng/ml», racconta il dottor Caretto. «Per questo motivo, dopo il primo prelievo basale, viene lasciata l’ago cannula in vena per consentire un prelievo successivo senza lo stress della “puntura”. In genere, se non ci sono condizioni patologiche di base, la prolattina si normalizza». Una volta accertata, l’iperprolattinemia va indagata con un’accurata anamnesi del paziente che ne ricostruisca la storia clinica, le eventuali patologie, i farmaci assunti e i malesseri avvertiti. «Qualora si sospetti un tumore dell’ipofisi, si possono abbinare degli esami strumentali, come la risonanza magnetica dell’ipofisi, in modo da visualizzare e studiare a fondo la ghiandola».
Come si cura l'iperprolattinemia
La terapia dell’iperprolattinemia varia in base alla causa scatenante. «Per esempio, se dipende dall’assunzione di un certo farmaco, si cerca con lo specialista di riferimento un’alternativa terapeutica oppure si tratta l’iperprolattinemia con una terapia a base di cabergolina o principi attivi equivalenti. Questo trattamento farmacologico è utile anche in caso di adenoma ipofisario, per cui non si interviene quasi mai chirurgicamente: la terapia medica, infatti, è in grado di portare alla riduzione del tumore o addirittura alla sua scomparsa definitiva, facendo rientrare contemporaneamente la prolattina nei range fisiologici», conclude il dottor Caretto.
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