Infiammazione di tipo 2: che cos’è, cause, conseguenze, cure

Un tempo si pensava che l’infiammazione fosse di un solo tipo. Oggi, invece, viene classificata in base ai meccanismi che la sostengono. Per quella di tipo 2 ci sono nuove chance terapeutiche



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Anche se non ce ne accorgiamo, nel nostro organismo si svolge una lotta quotidiana per la sopravvivenza, dove una complessa rete di soldati microscopici (tra i più agguerriti dell’universo) aggredisce i virus, tiene sotto controllo le mutazioni sospette, affronta le eventuali intossicazioni alimentari e ripara i danni provocati da urti, morsi, ferite o ustioni.

I primi guerrieri a entrare in azione fanno parte della cosiddetta immunità innata, quella che agisce in maniera aspecifica contro qualsiasi tipo di agente esterno, anche mai incontrato prima: questo battaglione fa il “lavoro pesante”, perché interviene rapidamente, nell’arco di qualche ora dal problema rilevato, ma non possiede armi abbastanza efficienti per affrontare nemici specifici.

Ecco perché la seconda linea di difesa è rappresentata dall’immunità adattativa, che si distingue dalla prima proprio per la sua specificità: in seguito alla prima esposizione a un antigene (che può essere un virus, un batterio o anche una vaccinazione), “memorizza” il nemico e crea una sorta di identikit, in modo da riconoscerlo rapidamente in caso di future visite a sorpresa.
                                                                                                         

Che cos’è l’infiammazione di tipo 2

Sia l’immunità innata, sia quella adattativa hanno un potente alleato per combattere il nemico comune: l’infiammazione, a patto che sia di breve durata. La febbre, il rossore o il gonfiore sono una sorta di alert, un po’ come quelle notifiche che impostiamo sul cellulare per ricordarci di fare qualcosa.

Allo stesso modo, questi disturbi mandano un avviso generale nel corpo per richiamare le cellule del sistema immunitario là dove ce n’è bisogno. «Nonostante questo sistema sofisticato, può accadere che le cellule immunitarie combattano anche in assenza di una reale minaccia, finendo per danneggiare l’organismo stesso», spiega il professor Stefano Del Giacco, professore ordinario di Medicina interna, direttore della Scuola di specializzazione in Allergologia e Immunologia clinica dell’Università di Cagliari e presidente dell’Accademia europea di allergologia e immunologia clinica.

«Una risposta immunitaria iperattiva viene chiamata infiammazione di tipo 2 ed è alla base di diverse patologie atopiche, allergiche e infiammatorie».


Quali sono le cause dell'infiammazione di tipo 2

Fino a qualche anno fa, l’infiammazione veniva considerata un capitolo generale e univoco, mentre oggi viene catalogata nelle sue varie forme.

«I vari soldati del sistema immunitario “dialogano” fra loro grazie alle citochine, particolari molecole che vengono prodotte dalle cellule proprio per consentire questa comunicazione, in modo da attivare o bloccare determinati meccanismi», illustra il professor Del Giacco.

Nell’infiammazione di tipo 2 viene stimolata eccessivamente la presenza di alcune cellule immunitarie, i linfociti Th2, i linfociti B e gli eosinofili, tra le cellule immunitarie maggiormente coinvolte nella risposta allergica, ma anche cellule dell’immunità innata, come le ILC2.

Perché accade? «Anche se le cause non sono ancora del tutto note, l’ipotesi più plausibile è quella di un sistema immunitario disoccupato», chiarisce l’esperto. «In altre parole, le nostre difese sono state progettate per difenderci da parassiti, microrganismi e altre minacce, molte delle quali non sono più presenti nei Paesi sviluppati: ritrovandosi nullafacente, il sistema immunitario può “passare il tempo” prendendosela con innocui pollini, normali alimenti o strutture proprie del corpo, scatenando fenomeni di allergia o auto-immunità». Fra queste possibili alterazioni c’è anche l’infiammazione di tipo 2.


Come si fa la diagnosi di infiammazione di tipo 2

«Le patologie infiammatorie di tipo 2 vengono spesso diagnosticate per la prima volta durante l’infanzia, ma possono insorgere a qualsiasi età e avere un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti», ammette il professor Del Giacco.

Spesso, dunque, si assiste alla cosiddetta “marcia allergica”, un quadro clinico in progressiva evoluzione sin da bambini: la dermatite atopica dei neonati (che spesso esordisce con la “crosta lattea”) può evolvere in allergia alimentare, in rinite o rino-congiuntivite e, infine, in asma allergico, talvolta in forma cronica. Altre volte, invece, si sviluppa una patologia infiammatoria di tipo 2 di punto in bianco, quando si è già adulti.

«A una diagnosi certa si arriva attraverso indagini che variano in base alla malattia: esame obiettivo, analisi di laboratorio, test strumentali», riassume l’esperto.

Quali sono i rischi dell'infiammazione di tipo 2

L’infiammazione di tipo 2 può contribuire allo sviluppo di una serie di patologie diverse, come asma, dermatite atopica, poliposi nasale o rinosinusite cronica con poliposi nasale, esofagite eosinofila e prurigo nodularis, tutte malattie croniche che si possono anche presentare associate l’una alle altre anche in situazione di co-morbilità.

Come si cura l'infiammazione di tipo 2

Nel corso degli ultimi anni, si è assistito a una rivoluzione medica e a un cambio di paradigma nella visione del trattamento delle patologie associate all’infiammazione di tipo 2. «Fino a poco tempo fa, per “tamponare” le varie malattie venivano utilizzate solo terapie generiche come il cortisone o gli immunosoppressori con l’obiettivo di placare il sistema immunitario agitato», ricorda il professor Del Giacco.

«Hanno fatto il loro dovere: purtroppo però, soprattutto se utilizzati in forma cronica, questi farmaci sono correlati a molteplici e impattanti effetti collaterali, come osteoporosi, cataratta, problemi cardiovascolari, glaucoma e diabete iatrogeno». La grande novità è rappresentata dal dupilumab, un anticorpo monoclonale completamente umano che inibisce l’azione di alcune citochine (l’interleuchina-4 e l’interleuchina-13), interrompendo quella comunicazione fra le cellule immunitarie che porta all’infiammazione di tipo 2: è disponibile sotto forma di soluzione iniettabile in penna preriempita e ne basta una sola somministrazione a settimane alterne.

«Funzionando in maniera mirata, come una chiave che apre solamente una certa serratura, il dupilumab induce rari effetti collaterali, solitamente minimi e transitori, con risultati eccellenti e una rapida scomparsa della sintomatologia», conclude l’esperto.

Chi può prescriverlo? «Dermatologi, allergologi, otorinolaringoiatri e pneumologi appartenenti a centri specializzati e ospedali pubblici: è bene rivolgersi a loro per valutare la possibilità di avvalersi di questa nuova chance terapeutica».


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