“Ho male al braccio sinistro. Sarà infarto?”. Questo tipo di dolore viene comunemente associato all’infarto del miocardio, il danno più grave che il tessuto cardiaco possa subire. In realtà, nella maggior parte dei casi, il fastidio avvertito a carico di un arto superiore è dovuto a condizioni meno preoccupanti, come l’esito di una postura scorretta oppure un nervo del collo pizzicato.
Ma allora come possiamo riconoscere precocemente un infarto? «Premesso che una diagnosi certa può arrivare solamente con un parere specialistico sulla base di esami approfonditi, ci sono alcuni sintomi che non vanno mai sottovalutati, soprattutto quando si associano ai principali fattori di rischio cardiovascolare: ipertensione arteriosa, diabete, dislipidemia, obesità, tabagismo e familiarità per malattie cardiache», spiega il professor Francesco Vetta, professore di Cardiologia all’Università Medica Internazionale di Roma – UniCamillus e direttore dell’UOC di Cardiologia-UTIC presso l’Ospedale Santi Nicola e Filippo Avezzano. «Se un soggetto presenta una o più di queste condizioni, alcuni sintomi non vanno mai presi alla leggera, ma indagati tempestivamente con l’aiuto di un professionista».
• Dolore al braccio o toracico
Può accadere che l’infarto sia preceduto da un dolore che si irradia al braccio sinistro (talvolta anche alla mandibola) oppure da un dolore toracico o interscapolare, molto intenso.
«In entrambi i casi, la sintomatologia avvertita non si modifica con la postura, per cui non migliora né peggiora se ci alziamo in piedi, se ci sdraiamo, se ci ruotiamo su un fianco, se mastichiamo o se muoviamo il braccio. Qualunque variazione nell’intensità del dolore a seconda della postura assunta suggerisce un’origine extra-cardiaca, per esempio scheletrica o muscolare», descrive il professor Vetta. «Lo stesso vale per la respirazione: quando facciamo un respiro profondo, movimentiamo l’intera gabbia toracica e i suoi muscoli. Se il dolore intercostale si accentua durante l’atto respiratorio, è molto probabile che il cuore non c’entri».
In genere, poi, il dolore cardiaco è di tipo costrittivo, oppressivo, simile a una morsa e non si manifesta con fitte fulminee né si modifica con la digitopressione (se premiamo su diversi punti del braccio o del torace non si acutizza).
• Dolore epigastrico
Un fastidio localizzato nella regione centro-superiore dell’addome (epigastrio), poco sotto lo sterno, va sempre indagato, perché esistono degli infarti – cosiddetti di tipo inferiore o diaframmatici – che coinvolgono la porzione inferiore del cuore e possono provocare questo tipo di malessere.
«A confondere è il fatto che lo stesso dolore accomuna anche altre condizioni di salute, come una cattiva digestione, la malattia da reflusso gastroesofageo, la presenza di gastrite o una pancreatite», ammette il professor Vetta.
Una diagnosi certa può essere formulata solamente dallo specialista, ma in linea generale deve preoccupare sia il dolore di nuova insorgenza, senza causa apparente, sia quello atipico, che per esempio presenta caratteristiche diverse rispetto al solito (per esempio nei soggetti con gastrite o reflusso gastroesofageo) oppure non risponde alla terapia normalmente assunta per trattare la sintomatologia nell’arco di 20-30 minuti.
• Affanno respiratorio
Non va mai sottovalutata l’insorgenza di una spiacevole sensazione di fame d’aria o di una respirazione difficoltosa in seguito a qualche sforzo (come il sollevamento di un peso o l’aver fatto una rampa di scale o una camminata in salita). «Anche in assenza di dolore al petto, l’affanno respiratorio e una facile affaticabilità possono essere i segnali precoci di una patologia coronarica», avvisa il professor Vetta.
• Gli altri sintomi
Spesso, i pazienti con infarto del miocardio lamentano anche tosse persistente, sudorazione, nausea, vertigini, capogiri o senso di svenimento.
«Evitiamo i falsi allarmismi», tiene a precisare l’esperto. «È molto improbabile che uno solo di questi sintomi preannunci un infarto: piuttosto, possono insorgere come conseguenza secondaria dell’attacco cardiaco, ma non esistono regole precise. Più che fare congetture fai-da-te, è bene chiedere un parere al medico curante, che saprà indirizzarci verso ulteriori accertamenti o direttamente al pronto soccorso. In cardiologia, si usa spesso il detto “time is muscle” per affermare la necessità di un intervento quanto più precoce possibile nel paziente con infarto miocardico acuto, perché il fattore tempo è fondamentale nella prognosi».
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