Anche se siamo abituati a collegarlo al cuore, l’infarto può colpire anche altri distretti corporei. «Questo termine indica la necrosi, cioè la morte, di una parte più o meno estesa di un organo. E questo accade a causa di un deficit del flusso sanguigno, che determina dapprima un’ischemia e successivamente una morte cellulare», spiega la dottoressa Antonella Rigante, responsabile del Servizio di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza – Gruppo San Donato. «Proprio come il cuore, anche l’intestino può avere un infarto: meno frequente è quello che colpisce l’intestino tenue, mentre più diffusa ma in genere meno grave è la colite ischemica, che riguarda prevalentemente il colon sinistro e può manifestarsi nei soggetti più anziani».
Quali sono le cause dell'infarto intestinale
A causare l’infarto intestinale possono essere tutte quelle condizioni che determinano una mancata perfusione di quel tessuto, come gli eventi tromboembolici (emboli o trombi) che occludono i vasi sanguigni dell’intestino. «Quest’ultimo riceve il sangue da tre grandi distretti: il tronco celiaco, che irrora l’esofago, lo stomaco e il duodeno prossimale; l’arteria mesenterica superiore, che porta sangue al duodeno distale, al digiuno, all’ileo e al colon, fino alla flessura splenica; l’arteria mesenterica inferiore, che irrora il colon sinistro e il retto», descrive la dottoressa Rigante. «Se uno di questi vasi si occlude, viene bloccato l’apporto di sangue in una certa zona dell’intestino».
Un’altra causa di infarto intestinale è l’ipoperfusione: in parole povere, il flusso di sangue non si arresta del tutto, ma è comunque inadeguato: «Può accadere, ad esempio, per un abbassamento pressorio importante legato a patologie cardiovascolari», esemplifica l’esperta.
Infarto intestinale, chi rischia di più
L'infarto intestinale può presentarsi con maggiore facilità nei pazienti compromessi da diverse patologie (come coronaropatie, fibrillazione atriale, ipertensione o malattie cardiovascolari importanti) e ha una maggiore incidenza nella popolazione maschile, soprattutto over 50 e che magari presenta una condizione di sovrappeso o di obesità.
«Un trombo può derivare anche dalla presenza di un tumore del colon oppure addominale o magari da un’alterata coagulazione del sangue, da una pancreatite o da un’altra condizione infiammatoria che aumenta il rischio di eventi tromboembolici. Altre volte, invece, l’infarto intestinale si manifesta in maniera inaspettata e senza particolari condizioni di rischio», ammette la dottoressa Rigante.
Alcuni studi puntano il dito anche contro la stitichezza cronica, la continua produzione di fecalomi o la presenza di un colon anormalmente lungo (dolicocolon), ma difficilmente una sola di queste condizioni può determinare un infarto intestinale.
Quali sono i sintomi dell'infarto intestinale
«Il dolore dell’infarto intestinale può risultare acuto, insopportabile e impossibile da placare, perché nessun cambio di posizione è in grado di regalare sollievo», descrive la dottoressa Rigante.
Talvolta, il dolore si accompagna a diarrea, presenza di sangue nelle feci o feci molto scure, nausea e vomito. «C’è poi la possibilità che l’evento abbia una genesi più lenta, per cui il paziente potrebbe lamentare per lungo tempo un fastidio ricorrente dopo i pasti. Questo, però, non deve condurre in ospedale ai primi sentori di un mal di pancia che non passa: è bene eseguire delle indagini, ma senza affanno, perché nella maggior parte dei casi le cause del disagio sono altre».
Come si arriva alla diagnosi
Sebbene non esistano marcatori specifici, per diagnosticare un infarto intestinale sono utili alcuni esami del sangue che rilevano l’alterazione di parametri come i globuli bianchi e gli indici infiammatori. Ma decisive sono soprattutto la Tac con mezzo di contrasto e la sua versione specifica per valutare lo stato dei vasi sanguigni (angio-Tac), anche se spesso il paziente viene portato d’urgenza sul letto operatorio per valutare la situazione con la chirurgia esplorativa, in modo da diagnosticare “visivamente” il tratto di intestino compromesso ed eventualmente intervenire.
Come si cura l'infarto intestinale
Per qualsiasi dolore addominale severo e improvviso, è fondamentale recarsi immediatamente in pronto soccorso. «Una diagnosi precoce aumenta le probabilità di sopravvivenza soprattutto nell’infarto dell’intestino tenue, l’eventualità più drammatica», tiene a precisare l’esperta.
Può essere necessario un intervento chirurgico d’urgenza per rimuovere il tratto di intestino andato in necrosi, in modo da evitare una perforazione intestinale e il rilascio di tossine e batteri che possono causare una sepsi. «Altre volte, invece, può essere sufficiente la somministrazione di una terapia anticoagulante o il posizionamento di uno stent per ripristinare la normale circolazione sanguigna nelle arterie ostruite o bloccate», conclude la dottoressa Rigante.
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