La celiachia è un’infiammazione cronica dell’intestino tenue scatenata dall’ingestione di glutine, componente proteica presente in alcuni cereali, e più nello specifico, a una sua frazione, la gliadina.
«Nelle persone geneticamente predisposte questa sostanza può provocare una risposta immunologica che si manifesta con sintomi molto diversi, ma è sempre caratterizzata dall’alterazione infiammatoria della mucosa intestinale e da conseguente malassorbimento», spiega Sonia Bolognesi, biologa nutrizionista a Porto Sant’Elpidio (Fermo) e Osimo (Ancona).
Ma quanto è diffuso il problema? Come si arriva alla diagnosi? E quali accorgimenti nutrizionali bisogna adottare? Facciamo chiarezza.
I numeri in Italia
Si stima che nel nostro Paese il problema interessi circa l’1% della popolazione.
«Questo vuol dire che i celiaci sono circa 600.000. Ma in realtà solo il 30% di essi sa di esserlo, perché è ancora basso il numero delle persone che si sottopongono ai test. I sintomi, infatti, sono spesso sfumati e sovrapponibili a quelli di comuni disturbi gastrointestinali come la colite», spiega l’esperta.
4 forme diverse
«La celiachia “tipica” si presenta subito dopo lo svezzamento con sintomi quali diarrea e arresto della crescita. Chi è predisposto, infatti, diventa celiaco solo dopo l’introduzione del glutine nella dieta», prosegue la dottoressa Bolognesi. «Quella “atipica”, invece, ha un esordio tardivo, cioè in età adulta, e fra le sue manifestazioni ci sono disturbi intestinali (quali stipsi, meteorismo e diarrea) ed extraintestinali, come l’anemia sideropenica che non risponde al trattamento con ferro per via orale, le alterazioni della coagulazione, l’osteoporosi, la stomatite aftosa, l’amenorrea, l’infertilità e persino la depressione. Tuttavia, molto spesso passano diversi anni prima che venga riconosciuta».
Infine, esistono due forme meno comuni: la “silente”, priva di una qualunque sintomatologia eclatante, e la “potenziale”, caratterizzata da test del sangue positivi e biopsia intestinale normale.
Come si arriva alla diagnosi
Se si sospetta la celiachia, i test di primo livello prevedono esami del sangue per la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi (tTG) di classe IgA e degli anticorpi anti-endomisio (EMA), sempre di classe IgA.
«In caso di positività di entrambi si passa alla biopsia duodenale, eseguita in corso di gastroscopia. Il test genetico può costituire un’ulteriore conferma, ma da solo non è sufficiente per la diagnosi: infatti, la presenza degli alleli HLA- DQ2 e DQ8 si riscontra nel 30%-40% della popolazione generale, anche se poi solo l’1% sviluppa la celiachia. Il test ha comunque un alto valore predittivo negativo: se mancano i due alleli, il rischio di manifestare l’intolleranza è praticamente nullo», puntualizza la biologa nutrizionista.
Così a tavola
L’esclusione del glutine dalla dieta è tassativa e non sono ammesse deroghe, perché anche una piccola quantità può dare problemi.
«I cibi da cui stare alla larga sono i cereali come il frumento, l’orzo, la segale e il farro, oltre ai prodotti da questi derivati, come per esempio le farine, le semole, i fiocchi, il malto. Inoltre, possono contenere glutine anche alimenti quali le salse, le marmellate e perfino gli insaccati. Per questa ragione è indispensabile consultare con cura l’etichetta e, nel dubbio, fare riferimento al prontuario dell’Aic, l’Associazione italiana celiachia», suggerisce la dottoressa Bolognesi.
Non per questo i pasti del celiaco devono essere poveri e monotoni: «Sono molti i cereali ammessi, dal mais al riso, dal grano saraceno al miglio e all’amaranto, così come i prodotti privi di glutine. Molte aziende, infatti, lo hanno eliminato dalla loro filiera e sulle confezioni di cibi quali il pesto pronto, i formaggi spalmabili o le vaschette di prosciutto cotto trovi la dicitura “senza glutine”. Poi ci sono gli alimenti sostitutivi appositamente creati per i celiaci, che riconosci dal marchio a spiga barrata», spiega ancora l’esperta. «L’ideale è integrare i prodotti trasformati con le materie prime naturalmente prive di glutine. Non è necessario assumere integratori: i fabbisogni nutrizionali sono gli stessi della persona sana. Un controllo entro 6-12 mesi dalla diagnosi e poi ogni 1-2 anni è sufficiente per verificare la correttezza della dieta seguita».
Il rischio contaminazione
Un recente studio americano pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition ha rivelato che seguire rigorosamente una dieta gluten-free non sempre basta a evitare il rischio che i pazienti mangino glutine. Dai risultati è infatti emerso che il quantitativo giornaliero assunto può arrivare a superare i 200 mg a dispetto del limite di 10 mg.
Com’è possibile? «Dipende dal cosiddetto glutine “nascosto”, dovuto a contaminazione accidentale», risponde la biologa nutrizionista. «Questa può essere di tue tipi: “crociata”, cioè causata da possibili incroci fra i prodotti con e senza glutine lungo la filiera; e “ambientale”, ovvero provocata da comportamenti non corretti del consumatore o del ristoratore durante la conservazione e la preparazione degli alimenti».
Per ridurre al minimo il rischio, oltre a semplici regole di buon senso in cucina (come per esempio non scolare la pasta gluten-free dove si è appena scolata quella di grano o non cuocere la bistecca sulla stessa griglia usata per preparare le bruschette di pane comune), è consigliabile andare in ristoranti che espongano il logo dell’Aic.
«Inoltre, è indispensabile leggere sempre con attenzione le etichette, anche nel caso di cibi apparentemente sicuri come la farina di mais: se l’alimento è prodotto in uno stabilimento dove si lavorano anche ingredienti contenenti glutine, l’azienda è tenuta a indicarlo sulla confezione e conviene astenersi dal consumo», conclude l’esperta.
Una pillola che fa ben sperare
Per i celiaci potrebbero arrivare presto importanti novità dalla ricerca scientifica. Tra le molte soluzioni allo studio, c’è una molecola messa a punto da alcuni ricercatori della Vienna University of Technology: la sostanza, sviluppata a partire da cellule del batterio escherichia coli, è in grado di legare il glutine ed evitare così reazioni del sistema immunitario. Il team di esperti indica il 2021 come possibile data di commercializzazione del prodotto. Se i primi risultati saranno confermati, basterà assumere questo preparato prima di consumare alimenti con glutine per evitare rischi.
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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 20/11/2018