«Il glaucoma è una malattia degenerativa dell’occhio che colpisce soprattutto i pazienti sopra i 50 anni», afferma il dottor Luca Cesari, direttore dell’Unità di Oculistica, Ospedale Civile di San Benedetto del Tronto e Ascoli Piceno. «Si tratta di un problema “silente”, danneggia il campo visivo, il nervo ottico e può portare alla cecità. È legato a uno squilibrio della pressione all’interno dell’occhio dovuto a uno sbilanciamento fra la produzione e il deflusso dell’umore acqueo. Quest’ultimo, di norma, avviene attraverso il trabecolato, tessuto che si trova nell'angolo fra l'iride e la cornea, formato da fibre intrecciate che, con l'età o in condizioni particolari (come, per esempio, infezioni e malattie infiammatorie dell’occhio) aumentano la loro resistenza al deflusso». Per affrontare il problema è stato recentemente presentato in Italia l’iStent inject® W: «Un dispositivo che permette di far fuoriuscire il liquido “bypassando” il trabecolato, che potrebbe essere fonte di ostacolo», continua l'esperto.
«Minuscolo, in titanio, il nuovo dispositivo contro il glaucoma ha un diametro di 360 µm (micrometri, circa un terzo di millimetro) ed è dotato di piccoli fori che permettono di far fuoriuscire l'acqua dalla camera anteriore dell’occhio e convogliarla verso la zona di deflusso», continua il professor Antonio Maria Fea, docente associato di Malattie dell’Apparato Visivo all’Università degli Studi di Torino.
Come viene impiantato il dispositivo contro il glaucoma
«Il chirurgo esegue una piccola paracentesi, cioè un minuscolo taglio, di circa 2 mm, a livello della cornea», spiega il professor Fea. «Quindi, tramite l’uso di una lente gonioscopica, che permette di visualizzare l’angolo, individua il trabecolato e con un insertore (una specie di cannula), da cui spunta il trocar (uno strumento chirurgico dall’estremità appuntita come una lancetta), inserisce l’iStent nel reticolo trabecolare». I dispositivi impiantati sono due: «Vanno posizionati a una distanza di almeno due ore di orologio», continua il professor Fea, che con un esempio ci aiuta a fare maggiore chiarezza: «Immaginiamo di guardare l'occhio frontalmente, proprio come se fosse il quadrante di un orologio, suddiviso in 12 specchietti che rappresentano le ore della giornata. La distanza fra i dispositivi deve essere di almeno due ore».
«Preferibilmente, vengono inseriti nel settore nasale, poiché in questa zona c’è una maggiore presenza di vie di deflusso, quindi è più facile che ci sia un maggiore smaltimento dell'umore acqueo», aggiunge il dottor Cesari.
Rapido e indolore
«L’intervento è breve (dura 5-10 minuti circa) ed è indicato nei casi di glaucoma a angolo aperto (quello conosciuto anche come cronico e che rappresenta fra il 70 e il 90% di tutti i casi di glaucoma in Italia), mentre nelle forme di glaucoma malformativo, neovascolare o secondario non è fattibile. Può essere eseguito in anestesia topica, in combinazione con altre operazioni, come quella per la cataratta e durante i primi 15-20 giorni occorre instillare colliri antinfiammatori o antibiotici, proprio come si fa per altri interventi oftalmici», continua il dottor Cesari.
«La pratica non è assolutamente dolorosa e in primo luogo è indicata associata all'intervento di cataratta», aggiunge il professor Fea. Il perché? «Tende ad abbassare la pressione oculare e quindi aumenta il calo pressorio che già si verifica con l'intervento di cataratta. Una volta tolta la cataratta, inoltre, il chirurgo può vedere meglio l’angolo dell’occhio. In terzo luogo, nel momento in cui si inserisce il dispositivo non ci sono rischi di toccare il cristallino, poiché è stato già tolto. Questo tipo di impianto ha l'avallo della FDA (Food and Drug Administration) soltanto abbinato all’intervento di cataratta, mentre in Europa può essere impiegato, in presenza di glaucoma ad angolo aperto, anche senza essere associato a tale intervento. Studi recenti dicono che potrebbe essere utilizzato anche nelle forme ad angolo chiuso, ma questo è ancora da verificare», puntualizza il professor Fea.
E dopo l’intervento? «Si possono seguire due strade», continua il professor Fea: «Si sospendono completamente i colliri utilizzati per il glaucoma, in modo da valutare qual è il risultato senza l’intervento dei farmaci. Oppure, si può decidere di continuare a utilizzarli per un certo periodo e poi ridurli progressivamente».
Si può usare in alternativa o aggiunto ai farmaci
«Nella stragrande maggioranza dei glaucomi cronici, l’iStent può essere utilizzato sia in alternativa sia in aggiunta alla terapia farmacologica. Nei casi di glaucoma lieve o moderato, che possono essere compensati con la terapia medica, il dispositivo può essere usato come prima scelta. Ad esempio, se il paziente ha già una cataratta e un livello di pressione oculare alto, può sottoporsi all'intervento di cataratta e all’impianto di iStent, con lo scopo di evitare il ricorso alla terapia farmacologica.
Oppure, quando ha già iniziato una terapia farmacologica per il glaucoma ma questa non è più sufficiente e occorre aumentare le dosi, l’iStent è in grado di eliminare o ridurre i farmaci, fattore che migliora la qualità della vita. Quindi, se il paziente sta curando il problema con una terapia farmacologica la sospende, mantenendo sotto controllo la pressione oculare. Non è detto, infatti, che questa rientri nei valori normali senza la necessità di farmaci. Ma potrebbe succedere che, se il paziente prima dell'intervento faceva uso di tre colliri per il glaucoma, si ritrovi a usarne solamente uno», spiega il dottor Cesari.
Occhio alla pressione oculare
«L’unica “attenzione” da avere con questa tecnica è data dal fatto che oggi non esiste un esame preoperatorio per essere sicuri di quanto si riduca la pressione oculare. Questo, purtroppo, dipende da diversi fattori e non abbiamo mezzi per studiarlo. Quindi, ci sono casi in cui la riduzione della pressione è molto spiccata, mentre in altri è meno accentuata», chiarisce il professor Fea. «Inoltre, utilizzare i colliri a lungo termine fa sì che l'anatomia dell’occhio si alteri e, di conseguenza, questo tipo di dispositivi funzionino meno bene. Al momento si tratta solo di una teoria, ma c'è una spinta a eseguire prima l’intervento di innesto di iStent, per cercare di avere un occhio che sia il più “vergine possibile” e, quindi, in condizioni migliori», conclude il professor Fea.
giugno 2021
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