Francesca Barra: «In gravidanza non vergognatevi di chiedere aiuto»

L’invito della nota giornalista, diventata mamma ben 4 volte, è di non rassegnarsi alla sofferenza durante l’attesa. Fare le eroine a tutti i costi non serve a nulla



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Una supermamma con quattro figli. Il primo a 26 anni, con la gravidanza, il parto e il post nascita più duri. L’ultimo due anni e mezzo fa, dopo il dramma di aver perso quello che avrebbe dovuto essere il primo figlio tanto desiderato dal suo nuovo marito, l’attore Claudio Santamaria. Francesca Barra ci racconta il suo lungo viaggio attraverso le gravidanze e i loro problemi, che sono quelli di molte donne in attesa. Nonché le sue esperienze con medici più e meno preparati, ma anche con i pregiudizi e i luoghi comuni che circondano ancora oggi il diventare madre. Che lei stigmatizza in questa intervista, lanciando un messaggio forte a tutte le donne.


Francesca, sei davvero una supermamma…

«Ma no, sono come tutte le altre e con i problemi di tante. Certo, un po’ di esperienza me la sono fatta. Ho avuto cinque gravidanze e quattro parti in età completamente diverse, un bimbo purtroppo l’ho perso, il penultimo. La prima è stata a 26 anni mentre l’ultima nata, Atena, ha 2 anni e mezzo».


Hai perso un bimbo.

«Un’esperienza dolorosa e che non si dimentica. Pensa che avevamo visto in ecografia le manine, persino che aveva il singhiozzo, sentito il suo battito…».


Come sono state le altre gravidanze?

«A parte la prima, per molti versi problematica, sono state abbastanza simili, ma è cambiata la consapevolezza del mio corpo e la mia mentalità. Per esempio ho imparato a scegliere, col passare degli anni, il medico più giusto per me, che è stato quello che ha saputo guardare non solo il paziente o la mamma ma anche la donna, la moglie, la professionista che deve essere accompagnata in questo percorso senza che la sua vita sia stravolta».


Che cosa è successo la prima volta?

«Al primo parto, naturale, ho subito la lesione del nervo pudendo (quello che innerva i genitali e controlla i muscoli del pavimento pelvico, ndr), ed è iniziata un’odissea che è durata tre anni fra cure dalla neurologa, sedute di osteopatia e di riabilitazione. Non riuscivo più a sedermi. Un incubo dal quale sono uscita con tanta fatica e dolore».


Hai sofferto molto: che cosa ti ha insegnato il primo parto?

«Che quello naturale non è “obbligatorio perché lo fanno tutte”, se hai difficoltà oggettive (poi ho fatto tre cesarei). E che chiedere l’epidurale perché stai male non è un atto di egoismo, perché la nonna e la mamma non l’avevano fatta. Infine, che soffrire a tutti i costi non sia fisiologico e normale perché, ancora una volta, così fan tutte. La gravidanza può non essere un’esperienza facile e non bisogna vergognarsi se ci si sente in difficoltà».


Qual è stata la svolta, uscita dalla prima esperienza?

«Capire che soffrire non va dato per scontato e che chiedere aiuto è un dovere e un diritto di tutte: io non tiravo fuori le mie problematiche perché mi dicevano che era normale avere dolore e disagi. La prima cosa che mi ha detto il nuovo specialista è stata: “ma lei a chi deve dimostrare di essere un’eroina?”. Aveva, ha ragione. Alle ragazze alla prima esperienza di maternità dico: non smettete di chiedere aiuto e se non lo ricevete non siete sbagliate voi ma il vostro interlocutore, cambiatelo! Purtroppo ci sono ancora dei medici che pensano che siamo tutte uguali, che devi essere trattata in maniera unica, identica: io sono madre, ma anche moglie, professionista, donna. Il problema è che spesso l’interlocutore non ne tiene conto, e a volte ci si mettono anche le amiche».


A parte il dolore, che cosa hai dovuto affrontare nelle tue gravidanze?

«Ho sempre avuto una forte nausea fino al quinto mese, terribile con l’ultima: avevo la perenne sensazione di pesce marcio in bocca fin dal risveglio e riuscivo a mangiare solo carboidrati. Anche in questo caso spesso si minimizza: lo chiamano fastidio, ma la nausea può essere invalidante, non solo perché non mangi, ma perché devi cucinare per gli altri e andare pure a lavorare».


Come hai vinto la nausea?

«All’inizio ho consumato inutilmente chili di zenzero, tanto che ora provo disgusto se solo penso a questo alimento. Ma non ci sono cibi anti nausea. Ho risolto quando il medico mi ha dato un farmaco specifico».


La nausea, un problema risolvibile

Purity è il primo e unico studio italiano che descrive l’impatto di nausea e vomito nelle donne in gravidanza. Secondo la ricerca, questi sintomi colpiscono il 66% delle donne in attesa, ma solo il 25% di loro ha ricevuto una cura.

«Ci siamo posti come obiettivo non solo quello di esaminare la gravità del disturbo e le possibili terapie, ma anche gli aspetti legati alla qualità di vita della gestante, con domande specifiche che hanno evidenziato come le donne richiedano una maggiore attenzione al problema, che in quanto tale deve essere riconosciuto e curato», commenta Irene Cetin, professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell'Università degli Studi di Milano e Direttore dell’Ostetricia del Policlinico di Milano, che ha condotto lo studio.

«Oltre a questi dati, uno dei risultati più importanti e statisticamente significativi raccolti è stato quello riferito al tempo gestazionale: infatti le donne che presentano nausea e vomito in gravidanza ne hanno avuto in media uno più corto; quindi un parto pretermine, in quanto non sono arrivate alla quarantesima settimana. Dunque il professionista sanitario svolge un ruolo fondamentale: in situazioni difficili o invalidanti si può infatti ricorrere a una terapia efficace e sicura che permetta di vivere a pieno i nove mesi della gravidanza, senza limitazioni».


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