C’è in tutto il mondo, Italia compresa, un dramma che chiede di essere conosciuto. È quello di uomini, spesso giovani, che sperando di curare la caduta dei capelli, si trovano a distanza di anni con problemi ben più seri: disfunzione erettile, mancanza di libido, problemi del sonno, ma anche ansia, depressione, così gravi che in alcuni casi hanno portato al suicidio. Drammi che finiscono per rovinare la vita di intere famiglie.
Come racconta la madre di un 25enne, che ha deciso di scrivere alla nostra redazione: “Sono inerme nel vedere mio figlio, da ben 5 anni dentro a un buco nero e senza via d’uscita”. Dopo la sua lettera abbiamo deciso di indagare.
Dalla prostata all’alopecia
Sul banco degli imputati c’è un principio attivo, la finasteride, nato negli anni ’90 negli Usa, prodotto dalla Merck, arrivato da noi nel ’99. Un farmaco dalla storia particolare. Esordisce come Proscar, e viene usato in andrologia e in oncologia, in dose da 5 mg, per curare la prostata. Ci si accorge, però, che fa anche ricrescere i capelli. Così, dopo alcuni anni, compare il Propecia da 1 mg, prescritto dai dermatologi per l’alopecia più comune, quella androgenetica.
«La sostanza, agendo su un particolare enzima, riduce i livelli di DHT, ormone tra i responsabili dell’aumento di dimensione della prostata, ma anche dell’atrofia del follicolo pilifero. Un farmaco efficace», spiega Roberto Cosimo Melcangi, professore di endocrinologia al dipartimento di scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano, che da anni porta avanti studi sul caso.
«Il problema è che la cura dell’alopecia spesso viene proposta anche prima dei 20 anni». E i più sfortunati di questi giovani cadono in una spirale in cui diventa impossibile avere una vita normale. L’americana Pfs Foundation (acronimo di Post finasteride syndrome) riferisce che l’Oms ha già recensito oltre 15mila casi di reazioni avverse, di cui il 23% sono problemi psicologici, 19,5% disfunzioni erettili, 12% problemi di libido, 10% casi di ansia e depressione.
«Il mio team, negli anni, in Italia ha ricevuto un centinaio di segnalazioni. Abbiamo già pubblicato tre studi clinici e possiamo stimare un’incidenza dei problemi sul 3-4% degli utilizzatori del farmaco», aggiunge Melcangi.
La battaglia dei pazienti
Ma non basta. Quasi nella totalità dei medicinali gli effetti collaterali si presentano durante il periodo di assunzione e scompaiono dopo l’interruzione della cura. Con la finasteride no.
«Questo è il vero scoglio. Proprio nei casi di chi manifesta disagi ad anni di distanza parliamo di Pfs, Sindrome post finasteride», spiega Melcangi. Con il tempo si sono moltiplicati gli studi, sono sorte in tutto il mondo associazioni di pazienti e, ovunque, Italia compresa, i foglietti illustrativi del medicinale sono stati aggiornati, arrivando anche a includere “tentazioni di suicidio” tra i rari effetti collaterali. Negli Stati Uniti la Merck è coinvolta in diverse cause collettive per non aver informato adeguatamente, in passato, sui possibili effetti avversi.
«Anche noi abbiamo affidato approfondimenti a periti e, dopo l’estate, siamo pronti per far partire delle cause. In sede penale, gli eventuali reati sarebbero prescritti, ma i risarcimenti in ambito civile sono possibili», spiega l’avvocato Laura Cagnin, dello studio Calvetti che assiste l’Associazione vittime finasteride.
«La maggior parte dei nostri assistiti, una ventina, hanno preso il farmaco nel decennio scorso e ancora oggi patiscono le conseguenze».
Propecia in Italia è prodotto da Msd Italia, consociata di Merck & co, che precisa: «Msd sostiene pienamente il valore di Propecia, prescritto a milioni di uomini a partire dalla sua approvazione. Come per tutti i farmaci soggetti a prescrizione medica, il foglietto illustrativo informa in modo corretto il paziente e il medico di tutti i benefici, i rischi e le reazioni avverse. Nulla è più importante per Msd della sicurezza dei propri medicinali e delle persone che li utilizzano. Incoraggiamo i pazienti a parlare con il loro medico di fiducia per qualsiasi dubbio o questione relativa al loro stato di salute».
Si può guarire dalla sindrome?
Purtroppo non esiste un modo per “tornare indietro” e riportare il proprio organismo a prima dell’utilizzo del farmaco. «Ormai gli studi sono numerosi, ma ancora non si è riusciti neppure a definire in modo preciso la sindrome post finasteride. Ci vorranno anni», conclude Melcangi.
«L’aspetto positivo è che oggi molti dermatologi sono al corrente dei rischi e dunque più cauti nel consigliare il farmaco. Chi è vittima dei disturbi deve rivolgersi all’andrologo o allo psicologo, a seconda del tipo di problema. È importante non cedere alla tentazione di fidarsi di qualche forum che propone ricette fai da te. Si rischia di fare ulteriori danni».
Aifa: negli ultimi due anni i casi sono 17
Risale a luglio 2018 l’ultimo intervento dell’Agenzia italiana del farmaco relativo alla finasteride. È una “nota importante” della farmacovigilanza che invitava i medici alla consapevolezza dei rischi prima della somministrazione del principio.
I casi di reazione avversa registrati dall’Aifa sono stabili, 17 all’anno nell’ultimo biennio. Ma esiste una soglia numerica predefinita, oltre la quale un farmaco andrebbe sospeso?
«No, si valuta caso per caso e dipende dal tipo di reazione», risponde l’Agenzia. «Se le patologie generate da un farmaco sono molto rare come incidenza sul totale della popolazione, anche pochissimi casi bastano per generare un segnale. Se invece si tratta di condizioni frequenti, la numerosità dei casi deve essere più alta».
E, almeno al momento, la finasteride ricade in questa seconda fascia, considerando che è difficile stabilire con certezza se le reazioni più comuni non fossero presenti nel paziente anche prima della cura, magari in forma latente.
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Articolo pubblicato sul n. 33 di Starbene in edicola dal 30 luglio 2019